Discussione generale
Data: 
Mercoledì, 1 Luglio, 2020
Nome: 
Romina Mura

A.C. 687-A

 

Signor Presidente, io credo che le famiglie, le politiche di sostegno per le famiglie, la natalità, il lavoro delle donne, la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro siano le leve strategiche con cui noi dobbiamo sforzarci a ricostruire il dopo COVID, se davvero abbiamo preso atto delle fragilità del nostro sistema e delle prospettive che si possono aprire laddove in questi mesi di progettazione del futuro sapremo fare scelte adeguate e ambiziose. La denatalità è problema strutturale del nostro Paese, viene da lontano, io ritengo sia il risultato di un cambiamento anche culturale rimasto a metà, di un'organizzazione sociale e del mercato del lavoro che non hanno saputo e forse non hanno voluto reinventarsi e innovarsi innanzi in particolare alla libertà, alle competenze e al protagonismo femminile. Da ciò deriva, per quello che ho potuto constatare dagli approfondimenti che ho fatto, la conseguente sottostima da parte della politica e non solo. Diciamo che per anni denatalità e decremento demografico sono stati semplici dati statistici, anche marginali, in ambito ad analisi di contesto in cui ci si concentrava su altro. Non ricordo programmi di sviluppo che abbiano considerato la demografia quale leva strategica di cambiamento, ovvero campagne elettorali in cui leader e leadership - sempre maschili, e questo è un dato - si siano cimentati al riguardo. L'incentivazione delle nascite e la promozione della genitorialità - termine questo che, fra l'altro, si utilizza da poco tempo, perché si è sempre parlato delle donne che fanno figli, genitorialità è già un passo avanti in questo senso - oggi diventa missione istituzionale con questa nuova strada che noi stiamo provando ad aprire. Sino ad ora la sensazione è che erano rimaste o un fatto privato, quindi legato alla famiglia, e spesso sulle spalle delle donne, ovvero iniziative sporadiche, frammentarie, episodi limitati nel tempo o limitati a contesti territoriali in cui amministratori illuminati hanno voluto spendere risorse per le politiche delle famiglie, diversamente da com'è avvenuto in altri Paesi europei nei decenni precedenti. Abbiamo citato la Francia, abbiamo citato la Germania e i Paesi del nord Europa, guarda caso tutti sistemi in cui - aggiungo subito un dato - non solo si fanno più figli, ma le donne partecipano in maniera più massiccia al mercato del lavoro, le politiche di conciliazione sono molto più forti e più diffuse e anche più accessibili. In Italia, invece, sino ad ora abbiamo avuto politiche frammentate, parziali ed episodiche, come ho detto. Ecco, oggi, con questa legge delega - e non a caso abbiamo scelto questo strumento - noi proviamo ad aprire un cantiere, un cantiere innanzitutto di semplificazione delle politiche per la famiglia, che è un tema non irrilevante, perché, è stato detto anche da altri colleghi, ci sono famiglie che spesso non sono nemmeno a conoscenza delle opportunità che già oggi esistono. Un sistema, attraverso questa legge delega - legge che, fra l'altro, è importante anche ricordarlo, perché noi abbiamo iniziato questa legislatura con questa ambizione di aprire il cantiere, la “legge Delrio”, che io stessa ho sottoscritto e tanti altri colleghi, parte dal marzo 2018, quindi un cantiere aperto già due anni fa, quindi una consapevolezza rispetto all'importanza del tema -, che appunto introduce alcuni parametri di fondamentale importanza: la semplificazione, come dicevo, e l'universalità, perché noi, come hanno detto bene anche il collega Lepri e poi la collega Carnevali, abbiamo un sistema in cui gli assegni per i figli, ad oggi, sono andati solo ai lavoratori dipendenti. Ma in questa fase, in cui, con i nostri provvedimenti emergenziali, abbiamo aperto un cantiere anche, per esempio, per il sostegno ai momenti di difficoltà occupazionale dei lavoratori, aiutando, oltre ai dipendenti, anche il mondo delle partite IVA e degli autonomi, noi facciamo un ulteriore passo e diciamo che il sostegno alla famiglia deve essere universale, destinato a tutte le tipologie degli individui e delle famiglie, a prescindere da quelli che siano i loro lavori e le loro occupazioni.

Altra cosa molto importante nell'apertura del cantiere, che abbiamo definito, è il monitoraggio, cioè un percorso in divenire e, quindi, con un controllo e una verifica costante di quello che succederà, in modo tale che si possa migliorare, coinvolgendo in questo il terzo settore - aspetto rilevantissimo - e anche tentando di costruire e di mettere a reddito le tante misure che sono presenti anche nel welfare locale, in modo tale che, con l'approccio dell'universalità, si possa costruire una politica per le famiglie e quindi rivolta a incentivare la natalità, che interessi tutto il Paese dal nord al sud. L'assegno unico diventa - questo è l'altro aspetto importante, che è stato sottolineato bene - un pilastro fondamentale di un contesto in cui si costruisce una strategia positiva di politiche per la natalità e per la famiglia, che abbiamo voluto definire come Family Act e in cui l'assegno universale diventa pilastro fondamentale, misura economica per determinare percorsi virtuosi.

Quindi, andiamo a fare una cosa che è sempre stata richiesta dalle associazioni familiari: mettiamo a correre risorse e definiamo un sistema efficiente di servizi, perché la natalità, la scelta della genitorialità non è legata solo ad avere più risorse, ma è legata anche ad avere più servizi, ad avere un sistema, anche nel mercato del lavoro, che consenta alle donne e agli uomini di favorire la genitorialità. Infatti, l'altra cosa che a me piace molto e sulla quale, secondo me, dovremmo spingerci anche oltre, è che il valore della genitorialità non è solo un valore che deve essere caro e, come dire, sulle spalle delle donne, ma è un valore che deve essere a carico delle donne e degli uomini. Questo è il salto di qualità su cui, secondo me, noi dovremmo lavorare bene nei passaggi parlamentari, in modo tale che questo aspetto sia chiaro e per evitare anche che il supporto alla genitorialità non si trasformi, come spesso è accaduto, in un disincentivo per il lavoro delle donne. Abbiamo citato anche stamattina il dato dell'ispettorato del lavoro di qualche giorno fa: le 37 mila neo-mamme con figli sotto i tre anni che si sono dimesse dal lavoro perché non riuscivano a conciliare la loro attività lavorativa con la cura dei figli. Quindi si pone un problema, che è affrontato anche nel Family Act, di costruire una condivisione della responsabilità di cura dei figli e della famiglia tra uomini e donne, in modo tale che il carico non sia totalmente sulle spalle delle donne.

Insomma, noi abbiamo costruito un sistema in cui le famiglie - le famiglie: abituiamoci a utilizzare questo termine, non la famiglia, le famiglie - siano considerate un fattore di sviluppo e di crescita, una fondamentale variabile di competitività. E che sia così lo dicono i dati relativi al nostro capitale umano: infatti, se noi andiamo a vedere i dati Istat sulla popolazione attiva, ci rendiamo conto che fra dieci anni, dopo aver perso per strada un gran numero di trentenni - oggi i trentenni in Italia sono 7 milioni, i quarantenni sono 9 milioni e cinquantenni sono ugualmente circa 9 milioni - fra dieci anni anche i quarantenni e cinquantenni scenderanno terribilmente a 7 milioni. Questo significa che noi perdiamo in termini di capitale umano, cioè che noi, fra un decennio, ci dovremmo porre un problema in termini di sostenibilità della forza lavoro.

Ecco perché la famiglia è un fattore competitivo e la natalità diventa una leva fondamentale per far crescere il Paese e per rimetterlo in condizioni di competere. E non possiamo non considerare l'impatto COVID. L'Istat ci ha già detto che nel 2020 la crisi determinata dal COVID determinerà circa 2000 nascite in meno rispetto a quelle previste; nel 2021, laddove le nostre misure, che auspico e su cui stiamo lavorando per questo, accelerando anche sul processo di approvazione e di costruzione delle condizioni affinché il Governo possa procedere con i decreti delegati, ecco, nel 2021 rischiamo di andare sotto la soglia delle 400 mila nascite, il che sarebbe, anche da un punto di vista di percezione, un grande danno.

Altre due considerazioni velocissime, perché il tempo è terminato e io mi ero scritta tante altre cose, quindi, il lavoro delle donne, gli strumenti di conciliazione, le politiche attive per il lavoro, perché, l'abbiamo detto, le giovani coppie non fanno figli, i giovani spesso rimangono troppo figli e scelgono in ritardo di diventare genitori; allora servono politiche attive, che lavorino sulla loro autonomia e sulla loro capacità di fare e di costruire un progetto di vita. Altro che, come diceva qualche collega, non è questo il momento di parlare di politiche di promozione della natalità e di sostegno alle famiglie, così, per rubare uno slogan che abbiamo sentito spesso nelle nostre piazze, quando i diritti delle donne sono stati messi in discussione: “se non ora, quando?