A.C. 2950-A
Discussione generale
Relatrice
Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi arriva finalmente in Assemblea una proposta di legge frutto di un lungo ed approfondito lavoro condotto dalla nostra Commissione, la Commissione cultura, che ha visto la partecipazione ed il coinvolgimento di un numero considerevole di istituzioni ed operatori del settore culturale. Un lavoro che parte da lontano e che trova le sue motivazioni più profonde in questa considerazione: se l'Europa vuole restare competitiva in questo ambiente globale in evoluzione, deve creare le condizioni propizie al fiorire della creatività e dell'innovazione.
Con queste parole, il Libro verde della Commissione europea, dedicato proprio al tema delle industrie culturali e creative, un potenziale da sfruttare, del 27 aprile 2010 ci ricordava, sette anni fa, la centralità dei temi della cultura e della creatività per la realizzazione, tanto in Europa, quanto in Italia, di una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva. Temi su cui il nostro Paese aveva già in anticipo iniziato a riflettere con la costituzione proprio dieci anni fa, grazie all'allora Ministro dei beni culturali Francesco Rutelli, della commissione di studio coordinata dal professor Santagata, incaricata di redigere quel rapporto sulla creatività e produzione di cultura in Italia che sarebbe poi confluito nel celebre Libro bianco sulla creatività. Quello che il Libro bianco proponeva era allora un modello italiano di creatività e di sviluppo centrato sul legame della nostra creatività e di produzione di cultura con la storia e con il territorio, con le città, gli spazi creativi, i distretti artigianali ed industriali, il paesaggio e la sfera della cultura materiale, origine ed esito dei fenomeni creativi e culturali che caratterizzano la civiltà italiana, un patrimonio accumulato e una risorsa offerta all'esperienza quotidiana dei singoli e delle collettività, una cornice di integrazione e un modello di riferimento anche per i nuovi immigrati dei nuovi continenti.
La proposta di legge che arriva oggi in quest'Aula ha, allora, radici profonde in quelle considerazioni e motivazioni forti che si sono formate in questi anni grazie ai tanti studi condotti da numerose istituzioni culturali su questo tema. Riflessioni che partono anche dall'analisi di alcuni dati concreti ovvero l'impatto economico, oltre che sociale e culturale, che il sistema culturale e creativo è in grado di produrre nel nostro Paese. Secondo il rapporto Symbola, al sistema culturale e creativo si deve circa il 6,1 per cento della ricchezza prodotta in Italia, pari a circa 89,7 miliardi di euro; risorse a cui va aggiunto l'ulteriore effetto moltiplicatore che esso è in grado di produrre sul resto dell'economia, per un totale complessivo pari a quasi 250 miliardi di euro, dando lavoro a più di un milione e mezzo di persone. Dati che ci testimoniano che i migliori risultati economici e produttivi sono spesso frutto, anche, di un lavoro congiunto tra pubblico e privato, tra investimento e visione pubblica e investimento e produttività privata. In questo campo, nel momento in cui ci siamo messi al lavoro sulla proposta di legge di cui oggi discutiamo, ci siamo trovati di fronte a un elemento che spesso passa sotto silenzio, il fatto che esiste e agisce, in Italia, una dinamica e un'azione economica forte, vivace e attiva, che semina futuro, che guarda avanti con coraggio, senza dimenticare la sua storia; un'Italia che nella cultura ha il suo elemento ispiratore ed identificante che, come istituzioni, abbiamo il dovere di conoscere, di rappresentare e di sostenere, consci che il nostro Paese è, sì, quello che ha la massima densità di siti UNESCO del mondo, dotato di un primato indiscusso dal punto di vista culturale, storico e artistico, ma è anche quello che più deve investire e dotarsi degli strumenti per far sì che questo potenziale identitario sia un volano forte per la crescita e lo sviluppo.
È questa motivazione di fondo che ha ispirato il lavoro che ha condotto al testo che oggi arriva in quest'Aula, un testo sicuramente non perfetto e ancora suscettibile di ulteriori miglioramenti che ha quale finalità primaria quella di dare riconoscimento giuridico alle imprese culturali e creative; un riconoscimento a cui si è giunti, come Commissione cultura, grazie ad un confronto costante con le istituzioni, a cominciare ovviamente dal Ministero dei beni culturali e dal Ministro Dario Franceschini e con l'ampio e variegato mondo degli operatori della cultura, coloro che fanno della creazione, della produzione, dello sviluppo e della diffusione culturale la propria attività economica.
Per uscire dal generico, vorrei fare alcuni esempi per indicare questa vasta platea che va dalle cooperative che vendono gadget nei musei, riproduttivi dei nostri beni culturali, agli organizzatori dei festival, ai webmaster che ristrutturano i siti Internet con immagini culturali, alle realtà che si occupano di spettacolo dal vivo e produzione culturale, fino alle società di servizi di digitalizzazione degli archivi storici e ai disegnatori o agli illustratori che si ispirano al nostro patrimonio museale. Realtà che ricomprendono al loro interno cultura materiale, industria dei contenuti e dell'informazione e della comunicazione, patrimonio storico ed artistico; realtà che operano nel mondo produttivo, ma mancano di un riconoscimento specifico ed espresso da parte del legislatore statale e al contempo spesso difficile da intendere e definire con un tratto di penna, perché è il concetto stesso di cultura che incontra dilemmi definitori che nessuno è riuscito finora a risolvere in via definitiva.
La varietà di questo mondo non si arresta ai contenuti dell'attività, ma investe anche la forma giuridica degli operatori, con ciò contribuendo a rendere particolarmente complesso disciplinare il settore. Abbiamo cooperative, società di persone, associazioni senza fini di lucro; ed è da questo che il nostro lavoro - che, ricordo, ha profondamente modificato, sin dal suo titolo originario, la proposta di legge presentata dalla collega Anna Ascani, dedicata, nella sua versione originaria, al sostegno delle start up culturali - ha preso le mosse: dalla volontà, motivata anche dall'ascolto e dal confronto continuo con le realtà che ho poco fa ricordato, di dare alle imprese culturali e creative uno statuto ed una disciplina normativa ed una specifica riconoscibilità; dalla consapevolezza di fornire a chi opera in questi settori un senso di riconoscimento ed appartenenza da parte dello Stato, perché dalla riconoscibilità consegue l'attribuzione di diritti, la finanziabilità e la capacità organizzativa.
Questa è la motivazione che ci ha guidati sin dall'aprile 2016, quando la proposta di legge ha iniziato il suo cammino nella Commissione cultura, provando a lavorare nelle audizioni e, successivamente ad esse, con interlocutori differenti: rappresentanti istituzionali, realtà come Unioncamere, Symbola, Federculture, Fondazione Fitzcarraldo, fondazioni bancarie, spesso attente partner dei soggetti che fanno impresa culturale, operatori del settore. Un'attività di ascolto che è proseguita anche fuori dai luoghi istituzionali, nella pluralità di iniziative organizzate in Italia su questi temi a cui, insieme a molti colleghi della Commissione, si è preso parte, ascoltando osservazioni ed idee provenienti dagli operatori del settore.
Un lavoro di ascolto dialettico e democratico, che ha prodotto una profonda modifica rispetto al testo iniziale presentato dalla collega Ascani. La proposta di legge n. 2950 prevedeva, infatti, nella sua versione originale, l'individuazione di una nuova categoria di start up, quella culturale, assegnando ad essa specifici incentivi. Proprio il lavoro di audizione e confronto ha indotto la Commissione a modificare il testo originario, cogliendo la grande opportunità che quella proposta ci offriva: quella di introdurre finalmente nell'ordinamento italiano la definizione giuridica dell'impresa culturale creativa, prevedendo adeguate forme di sostegno e seguendo gli stimoli ed il lavoro che l'Unione europea, grazie anche all'impegno attento e lungimirante della presidente della Commissione cultura e istruzione del Parlamento europeo, Silvia Costa, ha compiuto in questi ultimi anni.
Proprio da questa definizione parte il testo oggi all'esame dell'Aula, da una definizione e dall'affermazione di un obiettivo fondamentale, che rappresenta l'orizzonte ideale che ha guidato il nostro lavoro ed ispirato questa proposta di legge: quello di favorire il rafforzamento e la qualificazione dell'offerta culturale nazionale come mezzo di crescita sostenibile ed inclusiva, la nuova imprenditorialità e l'occupazione, con particolare riguardo a quella giovanile, attraverso il sostegno alle imprese culturali e creative.
Un intento che si è concretizzato nell'individuazione e definizione, all'articolo 1, comma 2, dell'impresa culturale e creativa. Non è stato un lavoro semplice, per la molteplicità delle tante realtà che compongono l'universo culturale e creativo, e proprio per questo essa si è orientata lungo una previsione giuridica ampia ed inclusiva, capace di ricomprendere gran parte delle realtà che operano in questo settore, anche quelle del titolo secondo del libro primo del codice civile, purché in possesso dei requisiti di legge. È, allora, impresa culturale quella che possiede i seguenti criteri: ha sede in Italia, svolge un'attività stabile e continuativa e ha per oggetto sociale l'ideazione, la creazione, la produzione, lo sviluppo, la diffusione, la conservazione e la gestione di prodotti culturali intesi quali beni, servizi e opere dell'ingegno, inerenti alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, allo spettacolo dal vivo, alla cinematografia e all'audiovisivo, agli archivi, alle biblioteche, ai musei, nonché al patrimonio culturale e ai processi di innovazione ad esso collegati. I soggetti in possesso di questi requisiti avranno la possibilità di ottenere lo specifico riconoscimento della qualifica di impresa culturale creativa, e l'iscrizione nell'elenco tenuto dal Mibact. Un registro che, secondo il nostro intento, dovrà assolvere ad una duplice finalità: quella di portare ad emersione un universo fino ad ora poco conosciuto, e quello di dare ad esso riconoscibilità e consapevolezza, attraverso proprio il coinvolgimento diretto del Mibact nella sua tenuta.
Accanto a tale riconoscimento, il testo garantisce inoltre, quale misura di agevolazione, ai soggetti culturali e creativi la possibilità di chiedere la concessione di beni demaniali dismessi, previo bando, per poter svolgere la propria attività, prevedendo inoltre che tali finalità siano recepite anche nel Documento di strategia nazionale per la valorizzazione dei beni e delle aziende confiscate alla criminalità organizzata.
Si tratta di una previsione che è proprio frutto di quel lavoro di ascolto delle tante realtà e degli operatori che lavorano in questo settore, che hanno più volte evidenziato la necessità di ottenere agevolazioni e luoghi dove poter svolgere la propria attività.
Il testo consta quindi di due articoli, di carattere essenzialmente generale e non finanziario; limitato, potrebbe dire qualcuno, e su questo come relatrice vorrei aggiungere alcune brevi considerazioni. Non sono mancate all'interno della Commissione e del Comitato ristretto riflessioni in ordine alla necessità e all'opportunità di concedere agevolazioni anche di natura economica alle realtà culturali e creative: agevolazioni motivate dall'intento di sostenere un settore che vede spesso protagonista un'imprenditoria giovane e qualificata. Il testo base licenziato dalla Commissione nel febbraio 2017 conteneva parti rilevanti a questo proposito, accompagnando alla definizione dell'impresa culturale e creativa un sistema incentivante per le realtà di recente costituzione, prendendo a modello proprio le misure incentivanti legate alle start up, ed introducendo anche ulteriori elementi mutuati dalla proficua esperienza realizzata dalla regione Lazio, come l'emanazione di buoni per l'acquisto di prestazioni fornite da parte delle imprese culturali e creative e di percorsi di assegnazione ad esse di beni demaniali dismessi.
Per giungere in Aula quest'oggi il testo ha dovuto, però, tenere conto delle osservazioni e delle condizioni espresse dalle altre Commissioni parlamentari: la Commissione bilancio, in particolare. Condizioni che hanno condotto al testo che presentiamo oggi, un testo che ha ridotto in modo consistente le agevolazioni inizialmente previste. Non sono state scelte semplici da adottare, le cui motivazioni sono state costantemente condivise con gli altri colleghi di Commissione; ma sono state scelte necessarie, per non disperdere il lungo lavoro condotto dal marzo 2016.
Avremmo potuto difendere la purezza originaria del testo, condannando però lo stesso a non giungere mai in quest'Aula; o, come abbiamo fatto, accettare comunque la sfida base che ci eravamo posti, quella di introdurre nell'ordinamento italiano una definizione dell'impresa culturale creativa. È stata una scelta dolorosa, e lo dico in primo luogo da relatrice, ma necessaria per poter rispondere a quella promessa, fatta ai tanti operatori culturali incontrati in questi mesi in tutta Italia: quella di vedersi riconosciuti dall'ordinamento per quello che sono in tutta la loro specificità, così da avere una certezza di base da cui poter prendere le mosse per impostare il proprio lavoro; e magari, una volta ottenuto il riconoscimento normativo, poterci impegnare già nella prossima legge di bilancio nella definizione di una parte di quei provvedimenti di agevolazione e sostegno che erano stati inizialmente previsti. Senza, però, la previsione di uno statuto dell'impresa culturale e creativa, difficilmente si potrebbe giungere allo stanziamento di risorse ad essa dedicate.
C'è, quindi, un messaggio che voglio lanciare ai miei colleghi, tanto dei partiti di maggioranza quanto di opposizione, con cui dal marzo 2016 ho condiviso un lavoro di confronto aperto e costruttivo, sia in Commissione che nel Comitato ristretto, colleghi che voglio ringraziare in questa occasione. Non è un testo chiuso quello che arriva in quest'Aula: è un testo ancora aperto a possibili modifiche, che da un lato tengano conto degli intenti di fondo della proposta di legge che abbiamo condiviso, e che dall'altro ovviamente non potranno prescindere, per arrivare ad una rapida approvazione, dal parere e dalle osservazioni della Commissione bilancio.
Tenendo conto di queste premesse, sono convinta, potremo lavorare anche in quest'Aula, come abbiamo fatto del resto in Commissione, in modo proficuo e partecipato. Abbiamo sulle nostre spalle la responsabilità che ci hanno dato tanti amici e compagni di viaggio, che hanno seguito il lavoro in quest'anno e con cui abbiamo costantemente lavorato per comporre il testo normativo: persone che lavorano e investono in questo settore e che ci stanno ascoltando là fuori mentre in questi momenti discutiamo nell'Aula. Possiamo dar loro un segnale: non perfetto sicuramente, ma significativo, che il legislatore è al loro fianco e intende riconoscere il grande lavoro che fanno per la crescita non solo economica, ma civile e sociale delle loro città e del Paese. Un segnale forse tardivo, ma importante per dimostrare che vogliamo continuare a investire su quanti fanno della cultura e della creatività il proprio tratto distintivo e qualificante: non solo perché la cultura si mangia, per citare il titolo di un bel libro di Bruno Arpaia e Pietro Greco di qualche anno fa, ma perché questa può diventare un fattore concreto di sviluppo e di identità per un Paese, come il nostro, in fase di profonda trasformazione.