Relatore
Data: 
Lunedì, 19 Settembre, 2016
Nome: 
Massimo Fiorio

A.C. 2236-2618-A

Grazie, Presidente. Oggi ci accingiamo all'esame in Aula del testo unico della vite e del vino. La predisposizione di un testo che accompagni la produzione, la lavorazione e la commercializzazione dei prodotti vitivinicoli è voluta da molto tempo dal settore dal comparto vitivinicolo, che ritiene non più procrastinabile un testo armonico sul settore. Il fatto che non sia procrastinabile non significa che sia facile da raggiungere, voglio ricordare che già tentativi in passato sono stati fatti, penso al lavoro condotto nella XIV legislatura. 
La necessità da dove nasce ? Nasce dal susseguirsi di norme a livello comunitario e nazionale, accompagnate da norme accessorie e applicative, che, nel corso degli anni, hanno creato un vero e proprio coacervo legislativo non sempre di facile interpretazione nel merito e anche rispetto ai soggetti di riferimento. 
Quello che discutiamo oggi è, quindi, un testo che è frutto di un lavoro intenso, non soltanto della Commissione Agricoltura, che dal mese di gennaio al mese di aprile, per quattro mesi di lavoro intenso, ha lavorato alla compilazione del testo, ma anche è frutto anche di un confronto con il settore produttivo, con la cosiddetta filiera vitivinicola. 
Il testo nasce da due proposte di legge: la prima a firma del collega Sani e l'altra a firma del collega Oliverio, le quali partivano anche da impostazioni differenti. Il lavoro è stato quello di mettere insieme le due proposte, quello di lavorare per raccogliere in modo armonico il più possibile le norme comunitarie e nazionali, e renderle in un testo unico: si tratta del primo testo di settore. L'intento, però, non è stato soltanto quello compilativo di metterle in ordine, ma di fare un lavoro che, in qualche modo, recepisse le necessità che sono avanzate negli anni da parte della filiera, da parte dell'azienda e da parte dei produttori, che sono quelle di una semplificazione e di un alleggerimento burocratico. Naturalmente, quando si parla di semplificazione e di sburocratizzazione, poi c’è chi utilizza anche delle metafore forestali, e parla di un vero disboscamento amministrativo e legislativo, in realtà non si pone la questione che questo è un lavoro difficile e complicato. Lo è per un settore che ha molte norme da seguire, ma lo è soprattutto perché quelle norme consentono una tutela del prodotto e anche una garanzia per i consumatori. Questo Paese ha visto anche vere e proprie tragedie nel settore e la normativa che è maturata a partire da quegli anni ha consentito di consegnare ai consumatori un prodotto che sia il più salubre e il più garantito possibile. 
Ma ci sono anche altri motivi, perché uno dei fattori preponderanti della produzione italiana, che in questi anni è cresciuta moltissimo e sul piano dell’export ci consegna l'Italia come primo Paese esportatore di vino, è che il fattore produttivo importante, il fattore economico, è quello della qualità. E la qualità nasce, naturalmente, da parte dei produttori stessi, delle aziende, che negli anni hanno imparato al meglio a fare il vino. C’è stata una evoluzione importante e determinante – e questo è stato riconosciuto sul piano internazionale e sul piano delle vendite – ma anche perché questa qualità nasce dalla capacità del sistema di controllare, di monitorare, di organizzare le produzioni. 
E quando dico sistema del settore vitivinicolo, non penso soltanto all'ambito istituzionale e legislativo, ma penso anche a quei meccanismi di autogoverno che il sistema stesso si è dato; meccanismi attraverso le denominazioni, attraverso i consorzi e, quindi, un meccanismo di costruzione da parte dei produttori stessi. 
L'Italia è stata uno dei primi Paesi europei a dotarsi di una normativa specifica per quanto concerne i prodotti a denominazione di origine e indicazione geografica. Le regole inerenti all'utilizzo delle DOCG, delle DOC e delle IGT sono state nel corso degli anni arricchite e raffinate, tenendo conto dell'evolversi della realtà produttiva. 
Questo tema, guardate, è un tema che parte moltissimi anni fa, era già stato evocato a livello parlamentare dall'iniziativa del senatore Arturo Marescalchi, fondatore di Assoenologi, che presenta già nel 1921 un primo testo in quella direzione, che tiene conto della tipicità dei vini tipici italiani, trova poi soluzione in un decreto-legge del 1927, ma non applicazione per mancanza dei decreti applicativi; torna nel negli anni Cinquanta e trova una definizione, poi, nella legge del 1963, a firma Desana, che in qualche modo organizza il sistema vitivinicolo italiano e lo riconosce attraverso le denominazioni, che partono a partire dagli anni successivi e che, negli ultimi anni, sono cresciute in modo importante garantendo produzioni di qualità. 
Ma torniamo al testo. I testi di riferimento principali di questo lavoro sono la legge n. 82 del 2006, il decreto legislativo n. 61 del 2010, il decreto legislativo n. 260 del 2000. Il testo è articolato in 87 articoli, suddivisi in otto sezioni o titoli che riguardano tutto l'iter del vino, dalla vigna, luogo di produzione della materia prima, alla cantina, luogo di lavorazione, e alla commercializzazione. Non a caso il testo è intitolato testo unico della vite e del vino, perché credo che rifletta un po’ anche la filosofia enologica italiana, quella di considerare il vino un prodotto che non è soltanto il frutto della lavorazione in cantina, ma nasce dalla coltivazione nella vigna. 
Questa specificità ha fatto la ricchezza e anche la qualità delle nostre produzioni. Da questo punto di vista, il forte legame tra le produzioni vitivinicole e il territorio è evocato al primo articolo di questo di questo testo, laddove si dice che la Repubblica tutela il patrimonio vitivinicolo di questo Paese, un vero e proprio elemento politico, una scelta del Paese di riconoscere le nostre produzioni, scelta che altri Paesi hanno già condotto, penso alla Spagna e alla Francia negli anni precedenti. 
L'articolo 2 definisce l'ambito di applicazione, l'articolo 3 riguarda le definizioni di settore attualmente codificate in molteplici fonti normative ed in particolare nella n. 82 del 2016 e nella n. 61 del 2010. Con la riforma dell'OCM del 2008 e la sostanziale equiparazione a livello europeo dei sistemi di qualificazione dei vini a denominazione di origine al più generale sistema europeo dei prodotti DOP e IGP è stato necessario adeguare le definizioni e le norme alle regole europee, cercando di stravolgere il meno possibile un sistema ormai consolidato negli anni. Il Titolo II, composto di venti articoli, riguarda le norme di produzione e commercializzazione. Si parte dal potenziale vitivinicolo, ci si riferisce alla gestione del potenziale vitivinicolo e al novero degli adempimenti amministrativi connessi. 
L'articolo 5 si riferisce alle varietà iscritte al registro nazionale e l'articolo 6 riconosce il vitigno autoctono nazionale. Anche questo è un passo avanti importante, era richiesto da anni che fosse inserito in legge il riconoscimento del vitigno autoctono e la maniera per definire i vitigni autoctoni. Voglio ricordare che fa parte della capacità produttività italiana il fatto di avere produzioni importanti di vitigni autoctoni, di essere cresciuti in questo senso rispetto ad altri Paesi che sono maggiormente incentrati su produzioni di vitigni internazionali. L'articolo 7 riguarda lo schedario vitivinicolo, che viene definito come uno strumento nel quale sono presenti tutti i vigneti, perché raccoglie una serie di informazioni secondo esigenze definite dalla normativa in vigore. 
Il Titolo II, dunque, dall'articolo 8 all'articolo 22 si riferisce alle produzioni e alle pratiche enologiche. Da questo punto di vista, si affrontano gli adempimenti e le informazioni da fornire circa le planimetrie delle cantine, e in questo senso vogliamo ricordare che sono state introdotte delle semplificazioni in termini di esenzioni da parte delle informative che le cantine più piccole devono fornire. 
Per quanto riguarda le pratiche enologiche, la filosofia di questo testo è stata quella di allineare le pratiche enologiche italiane a quelle europee consentite dall'OCM, e quindi, in riferimento soprattutto all'articolo 9, laddove viene introdotta la pratica enologica della rifermentazione, che in Italia è soltanto consentita per i vini spumanti, viene allargata questa possibilità ai vini da tavola e ai vini a denominazione. Per quanto riguarda i vini a denominazione ci saranno i propri disciplinari, che consentiranno questa pratica. Per quanto riguarda i vini da tavola è possibile attivare questo tipo di possibilità, sempre nell'ottica di un allineamento alle altre produzioni e agli altri Paesi produttori. 
Gli articoli successivi intervengono sulle lavorazioni, sull'uso dei materiali e delle sostanze consentite al confezionamento. Mi sembra che sia possibile dire che l'analisi condotta in Commissione, con il confronto continuo con la filiera produttiva, ci abbia condotto ad una maggiore chiarezza e a una semplificazione per le aziende. Gli articoli 23 e 24 fanno riferimento alla commercializzazione e dettano norme in merito ai requisiti che devono possedere i mosti e i vini detenuti negli stabilimenti ai fini della loro commercializzazione. 
Il Titolo III si riferisce alla tutela delle denominazioni di origine, delle indicazioni geografiche e delle menzioni tradizionali, unifica tutta la disciplina normativa concernente i vini a denominazione di origine e a indicazione geografica. La sua redazione è stata attuata mediante una riorganizzazione più coerente delle disposizioni introdotte dal decreto n. 61, rendendole più semplici e di maggiore fruibilità, realizzando delle integrazioni con i decreti applicativi, laddove si è ritenuto necessario. Nel Capo I ci sono alcune novità riguardo agli ambiti territoriali, dove è stato specificato che solo le denominazioni di origine possono prevedere l'indicazione di sottozone, purché designate con specifiche norme geografiche, e sono previste nel disciplinare di produzione, articolo 28, e si riferisce poi alla coesistenza di più DOCG e DOC o IGT nell'ambito del medesimo territorio, e, tra l'altro, al termine «gran selezione», che non può essere attribuito congiuntamente alla menzione «superiore» o «riserva», fatta eccezione per le DOCG, articolo 30. 
Il Capo II affronta la protezione nell'Unione Europea, procedure per il conferimento della protezione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche. Si affrontano le questioni circa la modalità e i tempi per i riconoscimenti e la decadenza delle denominazioni. Vorrei citare l'articolo 34, dove si richiede nel disciplinare di produzione, accanto alla resa minima di uva a ettaro, anche l'indicazione della relativa resa di trasformazione in vino o la resa massima di vino per ettaro.L'articolo 38 affronta la gestione delle produzioni e anche il tema degli esuberi delle produzioni stesse. L'articolo 39 fa riferimento al Comitato dei vini, e questo riguardo anche alle nuove disposizioni dell'OCM. Al Capo V l'articolo 40 regola i consorzi di tutela e il Capo VI i concorsi enologici. Il Titolo IV, a partire dall'articolo 42, affronta il tema etichettatura e pubblicità. Si chiarisce, all'articolo 43, il riferimento all'uso dei nomi geografici in assenza di DOP o IGP, chiarendo alcune questioni. L'articolo 47, che è un articolo che ha richiesto parecchia discussione, riguarda il contrassegno, cioè l'identificazione che i vini DOC e DOCG hanno, la cosiddetta fascetta. Viene introdotta, accanto a questo meccanismo, a questo strumento, la possibilità di utilizzare anche altre modalità, modalità telematiche, che poi sarà il Ministero ad individuare. 
Si tratta di una liberalizzazione, in questo senso. Altro elemento di novità è quello che le IGT possono dotarsi, qualora lo decidano, di un sistema di contrassegno, che non può essere, evidentemente, quello della fascetta della DOCG. Il Titolo V, dall'articolo 48 al 56, disciplina la denominazione, la produzione e la commercializzazione degli aceti. Le principali novità introdotte in Commissione riguardano la previsione di modalità semplificate per l'iscrizione nel registro di carico per gli stabilimenti con produzione inferiore a venti ettolitri. Il Titolo VI, articoli da 57 a 60, si occupa di adempimenti amministrativi e controlli. 
Il Capo I, intitolato «Adempimenti amministrativi», è relativo alle dichiarazioni da fornire nel servizio SIAN. Devo dire che da questo punto di vista è importante, perché dal 1o gennaio è stato introdotto il registro telematico, e quindi – lo dico anche rispetto a questo testo – questo testo marcia in modo parallelo a quello strumento. Dall'articolo 61 al 67 viene affrontato il tema dei controlli, un tema fortemente dibattuto. I controlli sulle imprese del settore vitivinicolo confluiscono nel registro unico dei controlli, rispettivamente all'articolo 63, e i controlli sui disciplinari nelle denominazioni di origine e indicazioni geografiche vengono effettuati da autorità pubbliche o da organismi di controllo privati. 
Da questo punto di vista, all'articolo 63 viene introdotto il principio per cui un solo organismo di controllo debba e possa visitare le aziende. È una questione molto dibattuta, perché aziende possono avere e fare riferimento a piani di controllo diversi, e quindi anche a organismi di controllo differenti. Viene sancito, attraverso questo articolo, che soltanto un organismo di controllo può fare questo tipo di lavoro per le aziende. Questo significa un onere inferiore per l'azienda stessa in termini di costi e in termini di tempo. Il Titolo VII della legge è dedicato al sistema sanzionatorio. Vorrei citare l'articolo 85, dove viene introdotta la fattispecie del ravvedimento operoso. Viene trasportato nel settore agroalimentare, specificatamente nel settore del vino, uno strumento già in essere nella legislazione fiscale: la possibilità, cioè, per un operatore, per un'azienda, per un produttore che si trovi in una situazione non regolare, di mettersi volontariamente in regola attraverso una riduzione fino a un ottavo della sanzione. È una novità importante, una novità che viene introdotta per la prima volta nel sistema agroalimentare, e, riteniamo, una novità che al settore del vino possa fare bene. 
L'articolo 86-bis, introdotto durante l'esame in Commissione, disciplina la somministrazione di prodotti agroalimentare contestualmente a quella del vino nelle strutture chiamate Strade del Vino. Sono strumenti che in questi anni sono maturati tantissimo, hanno consentito uno sviluppo di quel turismo che è chiamato enoturismo, che sta riscuotendo un successo crescente in questo Paese. È la possibilità di dotare le aziende, di offrire, accanto ai propri prodotti vitivinicoli, anche altri prodotti agroalimentari, e quindi di fornire un'offerta in più ai turisti, sempre più attenti a questo settore. Il Titolo VIII riguarda le norme transitorie e quindi l'adeguamento di questo testo nel tempo. 
Chiudo ribadendo ancora il lavoro collegiale che è stato condotto, che è stato condotto con tutte quante le forze politiche, un lavoro attento e approfondito. Un lavoro che ha visto anche il confronto continuo con il Ministero e con la filiera produttiva. Da questo punto di vista, siamo partiti da due testi profondamente diversi, siamo riusciti ad arrivare a una sintesi condivisa dentro i gruppi parlamentari e ad avere una sintesi anche fuori. 
Io credo che questa sia un'occasione importante per il Paese, perché il Governo e il Parlamento potranno dare un segnale concreto ad un settore in crescita. Noi registriamo sempre un aumento della capacità di questo settore, di questo comparto, sulla bilancia commerciale e gli exploit che ottiene questo comparto vengono richiamati continuamente. Il fatto che si parta e si ottenga un testo unico, un testo di settore per il comparto e che questo parta dal vino non è un caso, perché è forse uno dei settori più dinamici con rappresentanze e con una filiera, con un ambito produttivo, che è stato in grado di colloquiare, di arrivare a una sintesi e di lavorare con il Parlamento. Quindi, io vorrei ringraziare per il lavoro condotto il Ministero, i colleghi, le altre forze politiche e naturalmente le rappresentanze.