Data: 
Mercoledì, 26 Aprile, 2017
Nome: 
Carlo Dell'Aringa

Doc. LVII, n. 5

Grazie, signor Presidente, la caratteristica principale del Documento di economia e finanza 2017 anzitutto è di essere realistico. Affermare che è vago, indefinito, vuoto e timido significa non coglierne le caratteristiche di base ricorrenti e neppure le caratteristiche eccezionali che contraddistinguono la particolare congiuntura economica ed istituzionale nella quale si colloca il Documento.

Anzitutto va ricordato che il DEF non ha il compito di entrare nello specifico delle misure che garantiranno il raggiungimento degli obiettivi indicati nel quadro programmatico contenuto nel Documento. Non gli compete per la sua intrinseca natura, che è delineare i caratteri fondamentali di tipo macroeconomico delle tendenze in atto e degli obiettivi da raggiungere. Non si può e non si deve chiedere più di questo ed è su questo che va giudicato.

Discutere, quindi, delle specifiche misure che dovranno essere adottate significa divagare, andare fuori tema rispetto alla funzione che il DEF deve svolgere.

In secondo luogo, il quadro tendenziale e, soprattutto, il quadro programmatico proposto tengono conto, come devono, delle opportunità, ma anche dei vincoli economici e istituzionali che condizioneranno la politica macroeconomica del Paese nei prossimi mesi e nei prossimi anni.

Ricordo brevemente alcuni di questi fattori. In primo luogo, vanno considerati i tassi di interesse, che sono destinati a crescere nel medio periodo per vari motivi: primo, il previsto progressivo ridimensionamento del quantitative easing che i mercati stanno già internalizzando; secondo, la politica monetaria americana, che sarà meno accomodante del passato; terzo, le tensioni geopolitiche, che stanno creando crescente incertezza anche dal punto di vista economico.

Da questo punto di vista, possiamo solo rallegrarci di quanto è stato recentemente votato in Francia. Le tensioni sui mercati, in ogni caso, sono particolarmente dannose per l'Italia. Il nostro debito pubblico, nonostante gli sforzi fatti per contenerlo e anche fatti con successo, è tuttora elevato: il secondo più alto in Europa, rapportato al PIL. In queste condizioni le tensioni finanziarie, anche di carattere esterno, si scaricano sul nostro spread. Ricordiamo che è salito di circa 70 punti base rispetto a quello spagnolo.

Un secondo fattore di condizionamento è dato del pericolo di entrare in procedura di infrazione per deficit eccessivo. Questo fatto è noto, ma talvolta non si resiste alla tentazione di rimuoverlo. Il decreto-legge che introduce la manovra correttiva dovrebbe mettere i conti in ordine per il 2017, così come ci viene chiesto dalle autorità europee, ma non solo per il 2017, anche per gli anni successivi, in quanto, come viene anticipato nel DEF, la manovra conterrà misure che avranno effetti strutturali positivi sui saldi di finanza pubblica. Quindi, si tratta di un primo intervento, destinato a rendere concretamente realizzabile, insieme alle altre misure che verranno prese in futuro e che in questo momento non si conoscono, il quadro programmatico proposto nel DEF.

Alla luce di queste considerazioni, le indicazioni sulle tendenze e sugli obiettivi programmatici contenuti nel DEF vanno valutate come realistiche e coerenti con la intonazione della nostra politica fiscale, che deve essere innanzitutto responsabile. Senza entrare nei dettagli e nei particolari, ampiamente descritti e documentati nelle abbondanti pagine del Documento e sapientemente ripresi nella relazione presentata dalla relatrice, si ipotizza per l'anno prossimo e per ciascuno di quelli successivi una crescita tendenziale attorno all'1 per cento. Questo è il passo che la crescita del Paese è in grado di tenere nel prossimo futuro.

Seguendo la tradizione di questi ultimi anni, il DEF non intende inflazionare le previsioni verso l'alto, per poi essere smentito alla prova dei fatti. La crescita delle nostre economie è questa e potrà essere superiore, date le circostanze esterne, solo se sapremo coniugare al meglio l'esigenza di tenere i conti pubblici sotto controllo con le riforme del nostro apparato produttivo privato e pubblico, che potranno alzare il nostro potenziale di crescita nel medio e lungo periodo, come già si sta facendo.

Il DEF, inoltre, propone un obiettivo di crescita sostanzialmente allineata a quella tendenziale. Non c'è l'ambizione che potrebbe essere anche giustificata di programmare una crescita maggiore di quella tendenziale, significativamente maggiore di quella tendenziale. Ma la ragione è semplice: si programma, infatti, un deficit per il 2017 e per gli anni seguenti che è in linea con il già programmato perseguimento dell'equilibrio strutturale di bilancio al 2019. L'1,2 per cento di deficit per il 2017 viene giustamente considerato come indicatore di politica fiscale di rigore ai confini, qualcuno ha suggerito, di una politica di austerità: non siamo lontani dal vero, ma proprio in questo sta il carattere di realismo e concretezza del DEF. Infatti, tra pochi giorni la Commissione europea aggiornerà le previsioni economiche e di finanza pubblica e valuterà gli sforzi fatti dal nostro Paese per evitare di entrare nella procedura di infrazione.

Il DEF e la manovra che sta entrando in Parlamento rappresentano la giusta risposta per il contenimento sia delle preoccupazioni della Commissione, sia delle tensioni sui mercati finanziari.

Guardando al futuro, dobbiamo attendere quello che succederà nei prossimi mesi sia sul piano economico, sia sul piano istituzionale e vedere se vi saranno variazioni importanti negli elementi e nei fattori su cui il DEF è stato costruito. Solo in autunno la Commissione europea deciderà l'intonazione fiscale, cioè i principi ispiratori delle future politiche fiscali che i Paesi membri dovranno seguire.

Da parte nostra, vi è il forte interesse a rivedere il calcolo dell'output gap che penalizza il nostro Paese, in quanto non riconosce lo stato di avversità in cui si dibatte la nostra congiuntura economica. Secondo gli attuali calcoli fatti dalla Commissione, il nostro PIL effettivo è ormai vicino al PIL potenziale, come se le perdite di produzione avvenute in tutti questi anni di crisi fossero definitive e non ci fosse più capacità produttiva inutilizzata che il nostro Paese possa utilmente sfruttare.

Il nostro Governo giustamente non pensa assolutamente che questo sia il caso, considerato il tasso di disoccupazione ancora elevato e oltre i livelli considerati fisiologici. Ci aspettiamo, come ci è stato promesso, che vengano effettuati calcoli più appropriati, che riconoscano la necessità di adottare politiche più espansive o meno restrittive per la nostra economia. Solo allora, con dati aggiornati e si spera corretti e più stabili, il Governo sarà in grado di individuare le misure da adottare per far quadrare i conti e per capire se, oltre alla sterilizzazione delle clausole di salvaguardia previste già ora nel DEF, potranno essere mobilitate risorse per gli interventi ulteriori, per esempio per ridurre il cuneo fiscale, soprattutto per i lavoratori a basso reddito e soprattutto per rafforzare le misure di contrasto alla povertà.