Discussione
Data: 
Mercoledì, 21 Dicembre, 2016
Nome: 
Maino Marchi

Doc. LVII-ter, n. 1

Grazie, Presidente. Colleghi deputati, signor Ministro, la prima valutazione che vorrei fare è sull'atteggiamento che c’è stato da parte dei gruppi parlamentari nel dibattito di questi due giorni. Si è differenziato: in Commissione abbiamo avuto Conservatori e Riformisti e Forza Italia che si sono astenuti sul mandato al relatore, qui in Aula abbiamo avuto atteggiamenti diversi, dal preannuncio del voto favorevole di ALA, il no di Conservatori e Riformisti, una posizione di apertura da parte di Forza Italia. Io credo che, di fronte alle questioni che abbiamo di fronte, occorra il massimo di assunzione di responsabilità da parte di tutto il Parlamento. Credo che sia giusta la richiesta di coinvolgimento del Parlamento anche nell'eventuale fase attuativa, che ci sarebbe bisogno di una condivisione ampia. Altri hanno dimostrato un atteggiamento diverso. È facile chiedersi e darsi anche la risposta sul perché. Perché il tema delle banche è uno dei temi su cui è più facile fare opposizione, da sempre. Le banche non sono mai state al top della simpatia per i cittadini, anche se tanti ne hanno bisogno, anche se il credito è un elemento fondamentale per l'economia. Però, insomma, se si accusa un Governo di fare regali alle banche, si ha un consenso facile, perché è facile parlare di poteri forti, e così vengono individuati anche dai cittadini. Tutto questo è ancora più vero con la crisi economica di questi anni.
Sono emerse, durante la crisi, responsabilità della finanza e le banche, con la finanza, ovviamente c'entrano e non poco. Quando si sono fatti salvataggi delle banche, si sono investiti notevoli risorse, enormi risorse pubbliche – questo non è avvenuto in Italia, ma in altri Paesi sì –; quando ci sono stati i fallimenti, ci sono stati effetti sistemici enormi, non solo sul sistema del credito, ma sull'economia nel suo complesso – ricordiamo a tutti che la crisi è nata, ha avuto il suo avvio, in modo particolare dopo il fallimento di Lehman Brothers nel 2008. I Governi si sono trovati in questi anni di fronte a tre strade, tutte in salita, sul piano del consenso. Se si interviene, se si fanno interventi di salvataggio con risorse pubbliche, i Governi vengono accusati di dare soldi alle banche, di fare regali ai banchieri, di non trovare risorse per politiche sociali e di sviluppo, ma di trovarne tante e subito quando ci sono in ballo le banche.
Se invece si lascia fare al mercato, senza intervento pubblico, se poi le banche falliscono, ci sono effetti sistemici enormi sul sistema bancario e del credito, ma effetti a ricaduta sul mancato credito alle imprese, quindi sull'economia, sull'occupazione; tutti effetti negativi, disastrosi, e in tal caso si accusano i Governi di aver lasciato che tutto questo accadesse, senza intervenire, colpevoli quindi, anche i Governi, di questi effetti. 
Se si salvano le banche e il credito, se si fanno interventi per continuare ad elargire credito, se si salvano, ad esempio, i correntisti, ma si fa pagare il conto ai proprietari, agli azionisti, agli obbligazionisti, molti di questi, nel dibattito, non sono più banchieri, non sono più considerati investitori, ma semplicemente risparmiatori. E queste sono, per certi versi, mezze verità. 
Il Governo viene accusato di colpire i risparmiatori e il risparmio, che invece è tutelato dalla Costituzione. Quindi non è facile, per i Governi, trovare la strada giusta. Una strada credo sia stata individuata, è quella di fare le verifiche preventive sulla tenuta delle singole banche, in situazioni negative sul piano macroeconomico, verifiche virtuali per situazioni virtuali, ma che potrebbero però verificarsi e quindi bisogna capire, preventivamente, cosa può accadere. 
Gli stress test rispondono a questa esigenza: prevedere, in situazioni di necessità, dopo aver prima cercato soluzioni di mercato, anche interventi pubblici, se da questi test emergono dei problemi per quanto riguarda le singole banche – in modo particolare problemi o sul versante della ricapitalizzazione oppure, se c’è l'esigenza, di garanzia dello Stato per la liquidità a breve – senza però escludere anche la possibilità del bail-in, del fallimento, perché escluderlo in assoluto, dal punto di vista teorico, ma anche pratico, vorrebbe dire che i banchieri possono fare quel che vogliono e poi paga lo Stato, o come spesso si dice Pantalone, cioè i cittadini. 
Questo è il quadro, che si è modificato nel corso degli anni, in cui si muove il Governo. Si è parlato di errori, di intempestività del Governo. Vorrei ricordare che in passato interventi dello Stato nel capitale di Monte dei Paschi per meno di 4 miliardi – in una fase, tra l'altro, di avvio di mutamenti della condizione degli assetti dalla banca, cioè dove la Fondazione non è più l'azionista che decide tutto –, ecco, quell'intervento del Governo Monti di inizio del 2013 è stato strumentalizzato per tutta la campagna elettorale del 2013. Non è vero che sono tutti d'accordo, quando si fanno interventi di questo genere. È stato uno dei motivi dell'esito del voto in quella campagna elettorale ed è stato strumentalizzato e usato in tutta la campagna elettorale, in modo particolare dal MoVimento 5 Stelle, come fossero stati soldi buttati .....in un buco nero, soldi regalati, mentre erano interventi sul capitale, recuperati per circa un miliardo, perché poi la banca ha avuto anche una fase di risanamento, e gli altri sono ancora capitale in quella banca. 
Voglio ricordare su questo che l'azione dei Governi è andata in direzione di cambiare l'assetto proprietario del Monte dei Paschi di Siena. Non c’è più nessuna banca del PD – se mai c’è stata – del PD mai, ma comunque questa è una favola che sarebbe bene che in quest'Aula smettessimo di raccontare. L'esempio più recente, quindi, di intervento pubblico nel capitale è stato oggetto di scontro politico. Non è vero che tutti erano pronti a sostenere l'intervento pubblico ......mentre è vero che si è pronti a sfruttare ogni situazione di difficoltà del sistema bancario a fini politici. Vedo esaltare i 250 miliardi di intervento della Germania: se fosse successo in Italia, anche per un quinto, il Governo sarebbe stato preso d'assalto. Il Governo è intempestivo, è stato fin qui solo alla finestra ? Forse si poteva valutare un processo più graduale per l'introduzione della normativa sul bail-in, perché è stato un cambiamento forte, giusto, ma probabilmente troppo rapido. Non si può dire che il Governo non sia intervenuto sul sistema; un sistema in cui ci sono stati e ci sono casi specifici di fragilità, ma nel complesso non è un sistema sull'orlo del baratro, come ha descritto ieri il senatore Tremonti.
Gli interventi normativi e strutturali vi sono stati in questi anni, la riforma delle banche popolari e delle banche di credito cooperativo. Anche qui non abbiamo visto sempre un atteggiamento favorevole alle riforme e al superamento dello status quo, ma invece spesso cavalcare le resistenze al cambiamento. Le riforme determinano anche contenziosi, è fisiologico. Ci poteva essere uno specifico intervento nel decreto fiscale, non si è fatto, ce ne possono essere in futuro, ma quegli interventi, comunque, quelle riforme hanno rafforzato il sistema, non sono certo la causa delle difficoltà del sistema, oggi. 
Gli stress test sono stati fatti in luglio, non prima. Il sistema ha complessivamente superato quegli esami, sono emersi problemi di capitalizzazione per alcune banche. Si doveva intervenire subito come Stato ? Ovviamente, da parte delle opposizioni si era data la disponibilità, ma perché il Governo lo aveva escluso in quel momento. Se l'avesse proposto, probabilmente, avremmo avuto la stessa situazione del dibattito di oggi. Era giusto, pensiamo, verificare prima una soluzione di mercato; soluzione che ancora non è stata esclusa completamente, perché sono in corso fasi significative anche in queste ore. 
I tempi li ha dettati la BCE, non il Governo. Mi pare che la BCE abbia avuto un ruolo certamente più rilevante sui tempi che il referendum. Forse, una condizione di maggiore stabilità politica del Paese poteva favorire più investimenti anche sul capitale delle banche, ma oggi facciamo i conti con la situazione in essere, e oggi la prima questione è: ha fatto bene, è stato corretto, nei rapporti con il Parlamento, il Governo a chiedere un'autorizzazione precauzionale, oppure doveva chiederla ogni volta che fosse eventualmente intervenuto con un decreto-legge ? Perché questa, oggi, è la domanda vera a cui il Parlamento è chiamato a rispondere. 
A nostro avviso, il Governo ha fatto bene ed è stato corretto nei confronti del Parlamento. È un'iniziativa che andrebbe apprezzata da tutti, anche se, purtroppo, così non è. Dopodiché è giusto chiedere un rapporto molto stretto tra il Governo e il Parlamento per gli eventuali atti, provvedimenti, decreti futuri, e anche la disponibilità più ampia al confronto sugli stessi. È evidente, però, che c’è un rapporto tra l'atteggiamento sull'atto di oggi e le modalità di confronto sugli eventuali futuri atti. E vengo ad alcune questioni poste: perché venti miliardi ? Perché è una cifra sufficiente a dare garanzie ai mercati sulla tenuta del sistema e, nello stesso tempo, è una cifra che dice anche, per le sue dimensioni, che ci sono problemi specifici, non problemi sistemici.
 È una cifra «fino a», non è già la decisione di intervenire con venti miliardi. Auspichiamo serva meno, ma ci mettiamo in una condizione di sicurezza. Non c’è la lista, si sono dette poche parole, si è accusato il Ministro di questo. Se uno di noi dice dieci parole di troppo, non succede nulla, ma, se il Ministro dell'economia ne dice una di troppo, possono succedere disastri, e quindi la cautela è molto opportuna. In ogni caso, se è un'autorizzazione precauzionale, non può esserci una lista già oggi. Se, poi, i nomi li sappiamo tutti, come ha detto l'onorevole Paglia, allora non c’è neanche bisogno della lista. Sui singoli casi si verificheranno gli eventuali interventi specifici, non è un intervento al buio. Si sa quali sono i possibili interventi: o rafforzamento patrimoniale, che non è solo una spesa per lo Stato, c’è una passività, ma anche un'attività, perché lo Stato acquisisce azioni bancarie che aumentano il patrimonio dello Stato stesso, oppure attraverso garanzie dello Stato, per assicurare un adeguato livello di liquidità. Garanzie significano interventi solo se si verificano le necessità; quindi, non è un intervento al buio. Perché si fa eventualmente oggi questo intervento e non lo si è fatto per altre quattro banche lo scorso anno ? Perché oggi ci troviamo di fronte a necessità di capitalizzazione per avere le condizioni di reggere anche in condizioni molto avverse sul piano economico. 
Non siamo in condizione di risoluzione, insomma di prefallimento, se non già fallite di fatto, come per quelle quattro banche. Dopodiché riteniamo sia giusto che, laddove si renda necessario un intervento pubblico, il Governo debba imporre misure di massima sobrietà per amministratori e manager, così come, per quelli che sono i risparmiatori più deboli, le misure di solidarietà devono essere il più possibile simili per tutte le banche, per i risparmiatori di tutte le banche in cui c’è stato o c’è un intervento anche solo normativo da parte dello Stato. Così come è giusto intervenire sul versante del superamento della frammentarietà del sistema, e in questo senso sono andate le riforme fatte, e anche per far fronte alle conseguenze dell'innovazione, che è un processo continuo nel sistema. 
C’è poi un aspetto della nostra discussione su cui non possiamo far passare il facile populismo e la demagogia: gli effetti sulla finanza pubblica. Sono previsti dalle normative europee, ci sono certamente effetti sul debito, sul saldo netto da finanziare e sul fabbisogno, ma, essendo interventi one-off, in caso di interventi sul capitale aumento dell'attività, che può anche essere vantaggioso per lo Stato nel medio termine, non hanno effetto sull'indebitamento netto, sul deficit. Quindi, non cambia il quadro della legge di bilancio su questo aspetto, che è un elemento essenziale. 
E tutti gli intervenuti qui oggi sanno che altri interventi, anche investimenti, come quelli sulle calamità naturali, inciderebbero, invece, sul deficit, sull'indebitamento netto. Quindi, quell'alternativa non esiste; può servire a dirlo per captare qualche facile consenso, ma non è fattibile, non sta nella realtà delle cose possibili. E, nonostante ciò, come ha ricordato il Ministro, la legge di bilancio vede una maggiore gradualità della riduzione del deficit proprio per far fronte alle esigenze di sicurezza del territorio. Poi, si è parlato della Commissione d'inchiesta: in passato noi abbiamo ritenuto che non era opportuno sovrapporci al lavoro già in atto da parte della magistratura e ribadiamo quel giudizio. Potrebbe essere valutata una Commissione d'indagine, però va valutata anche alla luce della fase di questa legislatura. Una Commissione d'indagine ha bisogno di tempi lunghi e questa legislatura i tempi lunghi non li ha. Concludo, Presidente: il nostro gruppo, il gruppo del Partito Democratico, quindi, voterà a favore della risoluzione di maggioranza, ma auspichiamo anche la massima condivisione di altri gruppi parlamentari e anche auspichiamo da parte del Governo la massima apertura sul rapporto con il Parlamento per futuri eventuali atti, come è stato richiesto, e questo spero che sia la condizione per avere una condivisione che vada oltre la maggioranza che sostiene il Governo.