Discussione - Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti
Data: 
Lunedì, 12 Settembre, 2016
Nome: 
Alessandro Bratti

 Doc. XXIII, n. 20

Signor Presidente, questa relazione, che, ricordo, come le altre è stata approvata all'unanimità in Commissione, riguarda il tema della gestione dei rifiuti nella regione siciliana. È basata su 404 unità documentali per un corrispettivo di oltre 34.600 pagine di documentazione acquisita, 51 di queste sottoposte al vincolo di segretezza. 
La Commissione ha poi effettuato tre missioni in Sicilia e diverse audizioni a Roma. La prima dichiarazione dello stato di emergenza per la gestione dei rifiuti in Sicilia risale al 1999, giacché il Governo nazionale, con un'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 2983 volle porre fine al modello di smaltimento rappresentato dall'esistenza di una discarica per ogni singolo comune per introdurre un sistema di gestione conforme a quanto stabilito dall'allora cosiddetta legge «Ronchi». Se l'obiettivo di chiudere le discariche comunali venne raggiunto, pur tuttavia il risultato pratico fu la loro sostituzione con discariche più grandi. L'attività di indagine regionale si è svolta sugli impianti gestiti a Siculiana, Agrigento, dalla ditta Catanzaro Costruzioni; a Motta Sant'Anastasia, Catania, dalla ditta Oikos Srl; a Mazara Sant'Andrea, Messina, dalla ditta Tirreno Ambiente SpA; a Catania, dalla ditta Sicula Trasporti Srl. 
I risultati della Commissione ispettiva, che, ricordo – e lo dirò più avanti – era stata voluta dalla prima giunta Crocetta, allora assessore Marino, sono stati utilizzati da uffici della procura per attività di indagine che hanno poi portato anche all'emanazione di provvedimenti cautelari personali e reali. Questi fatti, già di per sé inquietanti, sono ancora più gravi visto che ci troviamo di fronte ad un sistema di gestione dei rifiuti basato da diversi lustri su un sistema a discariche: appare evidente come le continue emergenze abbiano favorito economicamente i gestori privati di questi invasi, che per di più sono stati favoriti finanche da una gestione pubblica quasi inesistente; a parte l'impianto di Bellolampo a Palermo, che però è un esempio emblematico comunque di inefficienza gestionale, e non solo, oggetto della relazione effettuata nella scorsa legislatura dalla Commissione, e di cui noi in questa abbiamo richiamate alcune situazioni. 
La situazione attuale, fatta di continue emergenze, risente pesantemente di scellerate scelte effettuate dal 2002 in poi.
Infatti da una parte la previsione di costruire quattro mega-inceneritori ha compromesso lo sviluppo della raccolta differenziata; dall'altro, la costituzione dei 27 cosiddetti ATO, ambiti territoriali ottimali, ha esautorato i comuni dalle proprie competenze, altresì provocando una gravissima crisi finanziaria conseguente alla deficitaria e non trasparente gestione di queste società, che – è bene sottolinearlo – sono state uno strumento in mano alla politica locale per il controllo del consenso. La pesante eredità di cui al punto precedente non è stata superata: tant’è che oggi molti territori siciliani sono invasi da rifiuti e continuano ad avere discariche non bonificate, e quindi oggetto di infrazione comunitaria. 
Sempre sulla mancanza di programmazione, si sottolinea come il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, rispondendo ad una richiesta della regione siciliana, non ha concesso un nuovo commissariamento, ma ha accordato ai sensi del comma 4 dell'articolo 191 del decreto legislativo n. 152 del 2006 l'emanazione da parte del presidente della regione, Rosario Crocetta, di una nuova ordinanza contingibile e urgente, la n. 5, riferimento del 7 giugno 2016. Quindi il Governo nazionale ha deciso da una parte di non commissariare la regione siciliana, anche perché i commissariamenti del passato non hanno dato nessun tipo di risultato utile; ma dall'altra le ha concesso un'ultima possibilità di varare una nuova ordinanza contenente le prescrizioni stringenti formulate dal Ministero stesso. 
Sui mancati controlli regionali si segnala come sia la vicenda dei quattro inceneritori, sia quella più recente relativa alla verifica delle autorizzazioni per le discariche private a cui facevo cenno all'inizio, non solo mostrano quanto questa competenza regionale sia stata per molto tempo disattesa, ma dà prova di quanto nella regione siciliana sia ramificata la corruzione, giacché tali vicende sono tipiche di un sistema illegittimo, illegale e quindi criminale. 
Sulla vicenda dei quattro inceneritori è da segnalare anzitutto come le organizzazioni di stampo mafioso abbiano avuto un'elevata capacità di avere contezza degli affari, evidentemente attraverso un'area di contiguità estremamente estesa che riguarda interi settori delle professioni, della politica e delle pubbliche amministrazioni. Inoltre, il relativo accordo tra il mondo politico e amministrativo, il mondo economico e le associazioni criminali non ha purtroppo avuto conferma a livello processuale, giacché – come precisato dai magistrati palermitani in audizione – le condotte sono ormai risalenti ed eventuali ipotesi di reato sarebbero comunque estinte per maturata prescrizione. 
Sui mancati controlli regionali, inoltre, si segnala, come appunto allora la commissione voluta dall'assessore all'ambiente dell'epoca, visto che l'intero del ciclo dei rifiuti si sorreggeva sulle maxi-discariche e tenuto conto dell'elevato inquinamento delle zone limitrofe, abbia messo in discussione l'operato delle amministrazioni precedenti; altresì istituendola, questa commissione ispettiva, per la verifica degli iter amministrativi con cui sono state rilasciate le autorizzazioni alle discariche di rifiuti urbani privati in esercizio, e per la verifica delle tariffe da queste applicate. Sul punto bisogna evidenziare come: primo, questo segmento procedimentale ha fatto apparire emergenti una serie di problematiche attinenti al rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali, problematiche la cui significanza ha assunto un rilievo centrale, in quanto su di esso si fondava sostanzialmente l'intero sistema di smaltimento dei rifiuti in Sicilia. Secondo, i risultati della commissione ispettiva sono stati utilizzati da uffici di procura per attività di indagine che hanno poi portato anche all'emanazione di provvedimenti cautelari personali e reali.
Terzo, alla luce dei risultati esposti, la regione siciliana ha deciso di trasferire con propria legge la competenza alla valutazione ed al rilascio dell'AIA dall'assessorato al territorio ed all'ambiente all'assessorato dell'energia e dei servizi di pubblica utilità. Quarto, come confermato anche da importanti indagini giudiziarie per corruzione effettuate dalla procura della Repubblica di Palermo, i fatti di corruzione che si sono consumati in un ufficio cardine del settore dei rifiuti, ovverosia quello competente al rilascio delle autorizzazioni, sono di tale gravità che da essi si può ragionevolmente presumere una permanente deviazione delle funzioni pubbliche in favore di imprese private operanti nel settore dei rifiuti. Quinto, le indagini segnalate dalla commissione hanno consentito di mettere in luce come in questo settore, connotato da una stratificazione normativa e da un complesso e macchinoso apparato burocratico, le diverse fasi della procedura amministrativa permettono al funzionario infedele di avere gioco facile sia nel rilascio dei provvedimenti che nell'agevolare gli imprenditori, anche nell'ordinaria attività di controllo e monitoraggio da parte della pubblica amministrazione, sulle concrete modalità di gestione delle discariche dello smaltimento dei rifiuti. 
Un ulteriore dato emerso nel corso dell'inchiesta è la ricorrenza delle medesime società operanti nel settore dello smaltimento dei rifiuti in diverse inchieste giudiziarie, e ciononostante la loro perdurante operatività nel settore in numerose parti d'Italia. Nel corso della sua attività, infatti, la Commissione ha riscontrato come alcune importanti aziende sono impegnate in attività riconducibili alla gestione dei rifiuti in più parti d'Italia. 
Sempre con riferimento alle infiltrazioni della criminalità organizzata di stampo mafioso in questo settore, il controllo del territorio tipico dell'associazione mafiosa ha reso possibile la realizzazione di discariche abusive di vaste proporzioni. Per ciò che concerne il sistema per così dire «lecito», l'infiltrazione avviene in modo più subdolo: le infiltrazioni sopravvengono in un secondo tempo, ovvero nel noleggio a freddo dei subappalti, nelle assunzioni, e anche nelle truffe e nelle corruzioni che vengono consumate nell'ambito della gestione del ciclo dei rifiuti. Le innumerevoli carenze sulla gestione del ciclo costituiscono altrettante opportunità per la criminalità di stampo mafioso di infiltrarsi in questo segmento, approfittando appunto delle gravissime inefficienze amministrative, tante volte orchestrate ad arte. Significativo è quanto rappresentato da numerosi magistrati nel corso delle audizioni in merito ad una sorta di attività di supplenza che la magistratura in qualche modo è costretta a svolgere rispetto alle gravi inefficienze della pubblica amministrazione. Non può inoltre non farsi riferimento alle gravi e prolungate inefficienze del sistema di depurazione della maggior parte dei comuni siciliani, talché molti reflui provenienti dai centri abitati vengono riversati direttamente nel corpo ricettore, con processi di depurazione a volte inesistenti, a volte largamente incompleti, e dunque con uno scarico massivo di sostanza inquinanti nei fiumi e nel mare della regione. Anche in questi casi, siano esse determinate da inerzia amministrativa, microillegalità o gravi illeciti, si è registrata un'anomala quanto necessaria azione di supplenza da parte della magistratura. 
Va segnalata inoltre l'inadeguatezza in alcuni casi sotto il profilo applicativo relativo alle white list istituite presso le prefetture: vi sono casi di società che ai fini del rilascio di provvedimenti autorizzatori hanno sottoscritto patti di integrità con la regione, ma che non risultano iscritte alle white list della competente prefettura. Conseguentemente in tali situazioni risulta elusa l'attività di controllo operata dalle prefetture in materia di prevenzione del fenomeno mafioso, laddove i prefetti hanno segnalato che nella maggior parte dei casi non vi è il tempo di effettuare gli approfondimenti necessari per valutare l'iscrivibilità o meno di un'impresa nelle white list; e nonostante le possibili incertezze, le imprese hanno titolo per operare per il fatto stesso di esservi iscritte. 
Per concludere, signor Presidente, le questioni riportate nella relazione sono molte, vi sono tanti esempi specifici, e sono riportati moltissime attività degli organismi inquirenti; però volevamo ricordare diversi dati che non devono essere... Due dati soprattutto che non devono essere sottovalutati, in merito appunto al tema dell'infiltrazione della malavita organizzata, o comunque di un'attività illecita diffusa del ciclo dei rifiuti. L'inchiesta condotta dalla Commissione, dalla nostra Commissione, evidenzia come ormai le sinergie tra le criminalità organizzate, compresa quella siciliana, abbiano da tempo oltrepassato i propri confini geografici, anche nel settore del ciclo dei rifiuti, inserendosi prepotentemente nel riccobusiness dello smaltimento. In particolare, la vicenda di Mazzarrà Sant'Andrea, in provincia di Messina, la discarica in provincia di Messina della Tirrenoambiente, dimostra i collegamenti esistenti tra mafia siciliana, ’ndrangheta calabrese e criminali piemontesi, disegnando un quadro inquietante di rapporti tra diversi attori criminali, sempre più volti a superare i rispettivi ambiti territoriali, per riunirsi attraverso la costituzione di società di varia natura in un sistema integrato criminale. Non di meno è l'attenzione che deve essere posta nei confronti di quell'imprenditoria del settore che in nome dell'antimafia ha costruito veri e propri monopoli industriali.