Data: 
Martedì, 13 Dicembre, 2016
Nome: 
Chiara Gribaudo

Grazie Presidente, onorevoli colleghi, Presidente del Consiglio, ci apprestiamo a votare la fiducia, oggi, al suo Governo, il sessantaquattresimo della Repubblica italiana, il terzo di questa XVII legislatura. Numeri, questi, che  sottolineano l'eccezionalità con cui l'Esecutivo vede la luce e la straordinarietà dei compiti di cui tra poco dirò. Ma credo che un primo ringraziamento vada doverosamente rivolto al suo predecessore in questa carica, Matteo Renzi. Leggo in queste ore molti fare altrettanto, sottolineando soprattutto la coerenza, incontestabile ed inusuale nella patria dei paracadute e delle porte girevoli, rappresentata dalle dimissioni dopo l'esito del referendum costituzionale. È un'antica attitudine italica, quella di condividere gli start e di personalizzare di stop, così come lo è dimenticare ciò che c’è stato in mezzo. Per chi, come me, non ha votato Matteo Renzi in due congressi, ma gli ha votato la fiducia per molte volte in Parlamento, il senso del ringraziamento nasce invece proprio per il lavoro svolto insieme in questi mille giorni, non sempre sulle stesse posizioni, ma di certo dalla stessa parte. Sì, perché per chi ancora crede che una parte ci voglia, nella società come nella politica, e che la sua funzione sia non quella di alzare recinti più stretti, ma di conquistare diritti più larghi, sapere di lavorare per questo obiettivo comune costituisce un legame dal valore antico, che va oltre le età politiche ed anche quelle anagrafiche. 
Il lavoro iniziato mille giorni fa riprese, rilanciandolo infatti, il percorso improntato alla responsabilità nazionale che il PD già aveva assunto dopo le elezioni del 2013, quelle per intenderci in cui tutti, anche chi ora se lo dimentica, erano usciti sconfitti, consegnando il Paese ad un rischio gravissimo. Mi lasci dire perciò, per aiutare la nostra analisi, che quello in cui questo Governo vede la luce oggi non è un contesto del tutto nuovo: è invece strettamente conseguente da un lato al percorso riformatore che lei ha pure ricordato, riconoscendo – cito testualmente – «i risultati che hanno fatto onore alla maggioranza e le energie dispiegate, che hanno rimesso in moto il Paese». 
Dall'altro lato questo Governo, in gran parte riconfermato nei suoi componenti, sa di nascere ancora pienamente dentro la fase politica che fin qui abbiamo vissuto e tuttora viviamo. In ogni caso lei ha fatto bene a ricordare che l'Italia è un Paese grande e solido, non aperto a scorribande finanziarie e non disposto a cedere sulle proprie convinzioni, prime fra tutte, ad esempio, quelle che ci portano a chiedere un'Europa non più ostaggio dell’austerity e degli egoismi nazionali, ma che si misura nella solidarietà e nell'accoglienza dei migranti. Penso che tanto più oggi, nell'occasione in cui un nuovo Governo riceve la fiducia, non vada dimenticato allora l'obbligo di continuità e di coerenza che abbiamo con quanto sin qui fatto per consentire all'Italia di dare tutta insieme un colpo di reni, iniziare a divincolarsi dalla crisi, dagli storici vizi e ritardi, e guardare con un po’ più di fiducia al futuro, accettando anche la sfida di rilanciare il proprio ruolo nel quadro europeo ed internazionale. 
I prossimi impegni del G7 e nel Consiglio di sicurezza ONU potranno dare prova di questo percorso, partito da più lontano: uno sforzo portato avanti in condizioni difficili, segnando – ricordiamolo – anche nella dimensione interna alcuni risultati storici. Sarebbe molto lungo elencarli tutti, però alcuni li voglio dire: penso alle unioni civili, penso al tema della riforma del lavoro, penso al tema degli sgravi fiscali, agli 80 euro; e la legge sul caporalato, il terzo settore, il «dopo di noi». Insomma, una serie di elenchi che se volete sembrano solo titoli, ma che hanno una conseguenza reale nella vita delle persone tutti i giorni, a cui seguono dei numeri, dei numeri importanti, ancorché naturalmente noi auspichiamo che migliorino, e che possano migliorare con il passare del tempo: penso a quelli sul PIL, alla diminuzione del debito pubblico, alla diminuzione dei disoccupati. Certo, è ancora poco; ma bisogna continuare a lavorare in questa direzione. 
Il suo Governo, oggi, raccoglie quindi questa eredità, perché non si disperda a causa del colpo di coda di una crisi di Governo nata fuori dal Parlamento, per rispettare la parola data ai cittadini italiani. Ma voglio dirlo chiaramente: la considerazione dei risultati ottenuti e dei dati di fatto che ho ricordato non sostituisce né alleggerirà la profonda analisi che tutte le forze politiche, nessuna esclusa, quindi anche il Partito Democratico, dovranno fare sui bisogni dei cittadini che ancora premono per ricevere risposta, e a cui ancora non si è riusciti adeguatamente a rispondere. Ho apprezzato e sottolineo perciò tra questi il riferimento da lei fatto ai problemi che riguardano la parte più disagiata della nostra classe media, alle partite IVA, il lavoro dipendente, che devono essere al centro dei nostri sforzi per far ripartire la nostra economia: un lavoro quindi che dovrà continuare in futuro con maggiore intensità e pieno un mandato popolare, per dare ancora frutti. Chi, come gli eletti della mia generazione, non ha vecchie appartenenze da far dimenticare, ma solo storie più grandi di loro a cui ispirarsi, sa infatti bene che l'essere di lotta viene sempre prima, anche logicamente, dell'essere di governo, e tuttavia questi due binari sono entrambi indispensabili per far avanzare un'azione riformista, per chi vuole costruire davvero qualcosa. Questo intendeva Enrico Berlinguer coniando questa espressione, nel giugno del 1976. Invito tutti quelli, come il collega Di Battista, che in questi giorni, con tono da telenovela sudamericana, sostenevano di avere incanalato la protesta, di ripassare la storia del nostro Paese, e soprattutto dei grandi compromessi che hanno salvato questo Paese e del senso di responsabilità che li ha animati: scoprirà che questo ha sempre significato per i protagonisti, ben maggiori di noi, chiamarsi dentro, e non chiamarsi sempre e solo fuori. 
  Oggi siamo qui perché nuovamente una maggioranza, ed il PD in particolare, non si sono sottratti alla loro responsabilità verso i bisogni dei cittadini e verso alcune immediate urgenze, dal post terremoto alla situazione internazionale, con in primis il riaccendersi del conflitto siriano. Al Presidente Sergio Mattarella credo che vada indirizzato quindi un sincero ed unanime apprezzamento per le doti di fermezza, rapidità ed equilibrio con cui ha condotto le consultazioni in una fase di grande delicatezza. Auguri di buon lavoro quindi all'onorevole Paolo Gentiloni, che dopo aver accettato l'incarico di formare il nuovo Esecutivo ieri, ha giurato sulla Costituzione e oggi si presenta alle Camere. 
  Diciamolo subito e diciamolo chiaramente: un Governo che riceve la fiducia per parte sua non può che nascere con piena legittimità, autonomia e poteri: esattamente – lo sottolineo – come quelli che lo hanno preceduto, non solo negli ultimi 3 o 5 anni, ma negli ultimi 70. Questo prevede la norma scritta in Costituzione, che sancisce la nostra come una democrazia parlamentare. Lasciatemi sottolineare questa ovvietà, notando però come molti di quelli che solo dieci giorni fa si professavano appassionati difensori della Carta costituzionale, oggi facciano grossolanamente e clamorosamente dietrofront. È poi naturale che un Governo nascente per definizione non si dia da sé una scadenza: questo perché da chi oggi assume l'incarico di Presidente del Consiglio o di Ministro, il Paese non esige meno di impegno massimo e senza riserve. Servirà a declinarlo con l'ascolto e con il rispetto di cui lei ha parlato nelle sue dichiarazioni: saranno la migliore base anche per qualche correzione, come ad esempio sul tema dei voucher, su cui col Ministro Poletti già si sta ragionando su utili correttivi. 
  D'altro lato va detto altrettanto chiaramente che se i Governi – sempre secondo la Costituzione – nascono e muoiono in Parlamento, è invece facoltà, e anzi dovere di quest'ultimo, in quanto espressione diretta dei cittadini, giudicare le condizioni del mandato politico da loro ricevuto. In Parlamento perciò si possono e si devono ora individuare le priorità imprescindibili, e di conseguenza termini ragionevoli per raggiungerle, coerenti con la situazione che si è determinata. Il Parlamento lo ha fatto tre anni fa, di fronte all’impasse nell'elezione del Presidente della Repubblica e a rischio di uno stallo istituzionale senza precedenti: lo fece assumendosi solennemente l'impegno delle riforme. Quella è stata l'architrave che ha permesso alla legislatura di aprirsi; oggi dobbiamo serenamente, ma chiaramente, riconoscere che quell'architrave, che aveva la forza di sostenere il mandato fino alla naturale conclusione della legislatura, è venuta meno. Il medesimo Parlamento, mentre sostiene con coerenza e lealtà questo Governo nella sua indispensabile azione, deve allora fissare la modifica della legge elettorale, richiesta a gran voce dalle diverse minoranze risultate vittoriose al referendum, come proprio compito principale ed esclusivo, da completare con serietà ed urgenza. Toccherà poi ai cittadini dare, con le elezioni, nuovo mandato alle Aule e nuova forza all'azione politica di chi le vincerà. 
  In pochi giorni ho visto alcuni già rispolverare manuali della Prima Repubblica, mentre altri si rimangiavano in un attimo mesi di dichiarazioni sull'Italicum calcolando i propri immediati vantaggi. Il segnale del voto referendario, all'origine della crisi di Governo che ci ha portati qui, va compreso ma non va strumentalizzato: è questo il modo che abbiamo per rispettare davvero la voce dei cittadini. Il gruppo dei deputati del PD, in ragione dei suoi numeri, avrà una responsabilità in più in quest'Aula, che non dispensa ai suoi membri di averne una in meno nei confronti della nostra comunità politica e  dell'Italia: per questo oggi voteremo la fiducia al Governo, incoraggiandolo a prendere da subito in mano i principali i principali dossier
  Con la stessa determinazione chiediamo a noi stessi e a quest'Aula, a partire dalle minoranze, a cui spetta ora l'onere di avanzare una proposta, di intraprendere da subito una discussione rapida e mirata all'obiettivo di giungere, come da indicazione del Presidente della Repubblica e come è interesse del Paese, ad una nuova legge elettorale coerente tra le due Camere. Un impegno che ci troverà, come sempre, in prima fila. Buon lavoro a lei e al suo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)