Discussione generale
Data: 
Lunedì, 4 Aprile, 2022
Nome: 
Fausto Raciti

A.C. 3200

Grazie, signor Presidente. Il provvedimento che oggi arriva alla discussione dell'Aula è estremamente circoscritto, ma, pur essendo circoscritto, ha dignità, importanza e rilievo che meritano di essere sottolineati in sede di discussione generale. Di cosa parliamo? Parliamo della possibilità di offrire il permesso di soggiorno a donne, nell'85 per cento dei casi - o uomini, evidentemente in una minoranza - che sono state soggette a matrimonio forzato, e cioè che sono state costrette – e costretti - a contrarre il vincolo matrimoniale sotto una pressione ricattatoria, sotto pressione di un abuso di potere, in alcuni casi anche sotto violenza o minaccia di violenza.

Questa norma è figlia del fatto che il nostro Paese ha sottoscritto, ormai anni fa, nella scorsa legislatura, la Convenzione di Istanbul, e colma un vuoto legislativo sotto due aspetti fondamentali.

Partiamo dai numeri: parliamo, dal 2019 ad oggi, conosciuti, di circa 35 casi. Quindi, parliamo, ad oggi, di un numero fortunatamente abbastanza circoscritto di matrimoni con queste caratteristiche, di matrimoni forzati, chiamiamoli con il loro nome.

Questo, ovviamente, è quello che sappiamo, nulla ci può portare ad escludere il fatto che ci siano molti più casi che non sono stati rilevati semplicemente perché non era possibile rilevarli e perché la legislazione italiana non ci ha messo nelle condizioni di farlo. Di questi 35 casi, la maggior parte - l'ho già detto - sono donne, molte di queste sono minorenni, alcune addirittura dentro i 14 anni, alcune tra i 15 e i 18, ma comunque minorenni, e, poi, una parte di donne molto giovani, sotto i 25 anni, che hanno contratto matrimonio sotto una pressione ricattatoria, sotto minacce, da vittime di violenze e via discorrendo.

La maggior parte di queste donne è straniera e qui c'è il primo elemento di vulnerabilità, nel senso che, fino ad oggi, l'impossibilità di offrire loro il permesso di soggiorno è stata una ulteriore ragione di esposizione a questo tipo di violenza, è stata uno strumento in meno per potersi difendere, è stata un fattore ulteriore di ricattabilità. Intervenire e colmare questa lacuna è la prima cosa che, anche in via preventiva, questa legge ci consente di fare. La seconda lacuna che ci consente di colmare è quella ex post, cioè, una volta contratto il matrimonio, noi offriamo uno strumento a queste donne, a queste ragazze, in molti casi, per potervisi sottrarre, senza rischiare di trovarsi esposte al rischio di rimpatrio.

Io penso che questa sia una norma di civiltà, una norma giusta, non a caso è stata una norma che non ha implicato alcun dibattito, alcuna tensione in Commissione. La speranza con la quale noi la portiamo alla discussione di oggi non è solo di approvarla, ma è anche di vedere operare questa norma a garanzia di queste donne, delle donne di cui sappiamo e delle molte di cui, ancora oggi, probabilmente, non sappiamo nulla, ma che dall'approvazione di questa norma avranno uno strumento in più per sottrarsi alla violenza, alla costrizione, che, a volte, per carità, cammina anche per canali familiari ed è figlia dei residui tribali, tribalistici, ma, a volte, è frutto del cinismo e della disponibilità ad approfittare di situazioni di debolezza di nostri concittadini, per i quali noi portiamo vergogna.

Quindi, l'auspicio con il quale io concludo il mio intervento è che questa norma possa trovare il consenso di tutto il Parlamento e non ho ragioni di dubitare che così sarà, ringraziando la relatrice per il lavoro che ha fatto e i gruppi parlamentari di maggioranza e opposizione per il consenso che hanno dimostrato nei confronti di una norma piccola, ma che testimonia una sensibilità da parte di questo Parlamento che non era affatto scontata.