Dichiarazione di voto
Data: 
Giovedì, 17 Marzo, 2016
Nome: 
Massimo Fiorio

A.C. 1716-3057-A ed abbinate

 Grazie, Presidente. Ascoltando gli interventi che mi hanno preceduto, non posso non rilevare che il provvedimento che stiamo per approvare è un provvedimento coraggioso. In primo luogo è coraggioso perché ha la consapevolezza, al di là della ricchezza e della sua articolazione, che è una norma che non basta a se stessa, ma che è il primo capitolo di un lungo racconto in cui gli autori devono essere i tanti componenti della società. In questo senso, chi dice che di più andava fatto, forse ha anche ragione, ma il grande merito del lavoro condotto nella Commissione competente, che ha coinvolto tutte le forze politiche e ha visto un grande lavoro della relatrice, sta anche nel fatto di non essersi paralizzati di fronte alla mole di dati, numeri e cifre, che, se certamente consegnano un quadro del fenomeno così complesso e articolato, dall'altro rischiano di inibire l'iniziativa politica. In secondo luogo, questa legge ha il coraggio di rispondere alla grande sollecitazione che è venuta da Expo: ’nutrire il pianeta, energia per la vita’. L'esposizione mondiale aveva al centro il tema del cibo e della sostenibilità ambientale e sociale della produzione alimentare. Non poteva essere altrimenti. Il tema dello spreco ha percorso Expo in molte forme, anzi in qualche modo quella questione è diventata il tema ineludibile dalla manifestazione, quella che ha investito le coscienze di milioni di visitatori e che riguarda il cuore stesso del nostro sistema produttivo e del cibo in primis. Lo spreco, per come lo stiamo conoscendo dalla sua enormità spaventosa, sempre più al centro degli interessi e del dibatto dell'opinione pubblica, appare, per dirla in termini psicanalitici, il ’rimosso’ del nostro sistema produttivo. Lo spreco, prima ancora di essere un fenomeno fisico e materiale, è l'interrogativo che riguarda quanto, se ancora e se solo possiamo considerare e misurare un prodotto del fabbisogno umano, come il cibo, per quanto costa anziché per quanto vale. Se dietro a un fattore vitale come il cibo non si vede altro che il prezzo che lo tiene sul mercato, non solo l'economia e il territorio che ci sono alle spalle scompaiono, ma anche la sua ragion d'essere non potrà che rimanere il fattore competitivo di una convenienza tutta giocata al ribasso del prezzo ed alla maggiore produttività. 
L'illusione di un mondo in cui quello che si produce viene consumato si è trasformata nella consapevolezza amara e crescente che quello che si produce non basta per soddisfare i bisogni di tutti, anche di coloro che il mercato ha messo fuori gioco e che non raggiunge. Questa legge ha il merito di guardare il cuore nero del modello produttivo occidentale e globale, non di trovare una soluzione, ma di trovare una cassetta di attrezzi e di strumenti per costruire un futuro più sostenibile ambientalmente e socialmente. Il coraggio, ancora una volta, è di aver guardato a quella dimensione della donazione, che è un ambito in cui le cose che produciamo e coltiviamo trovano la loro ragion d'essere, al di là ed oltre il loro valore mercantile. 
Guardare alla donazione – ed è bello averlo inserito nel titolo – come ambito relazionale che permette di superare i paradossi del nostro vivere, non significa affidarsi alla beneficenza benevola, significa riconoscere la forza eversiva di un atto, che pone la gratuità al centro della relazione umana. Il dono è affermare, contro la necessità, che gli uomini sono capaci di azioni gratuite. Da questo punto di vista, il provvedimento prende in esame e mette mano a una serie di semplificazioni che rendono complicato donare, sul fronte delle comunicazioni da fornire, dei chiarimenti su una serie di indicazioni sulle etichette dei prodotti, che sembrano pensati solo per vivere sugli scaffali dei supermercati, ma soprattutto sul fonte dell'ampliamento della platea di coloro che operano nella donazione. 
È a quel mondo di associazionismo e di enti del terzo settore che guarda la legge, in un'ottica di rispetto e di riconoscimento, per un ambito umano così ricco e articolato che non ha senso imbrigliare con vincoli e paletti. Abbiamo vissuto una società che era legata alla dimensione del dono e a quella del regalo, scambiato e ricambiato. Abbiamo vissuto in una società e cultura che ha relegato e ha fatto fuori, eliminato, sorpassato, tutte quelle culture, che, nella gratuità, nel dono, nella solidarietà e, dunque, nella gestione e limitazione dello spreco, hanno costruito una comunità. Penso a quelle culture contadine e all'agricoltura più in generale, relegata per anni a una sorta di settore produttivo povero e marginale. Non è un caso che questa legge guardi a quella dimensione in modo decisivo. 
Il provvedimento, molto articolato, non si tira indietro dall'affrontare anche altri settori del fabbisogno primario. Penso al tema dei farmaci e a quello degli abiti, affronta le varie fasi della produzione, della trasformazione, della distribuzione e del consumo di cibo. Vorrei citare, a titolo di esempio, la possibilità di recuperare prodotti agricoli direttamente in campo da parte associazioni del terzo settore, che, altrimenti, andrebbero perduti. È una pratica che era da sempre in uso nelle campagne. Chi ha esperienza della vita delle aziende agricole ricorda che, in passato, la solidarietà di consentire a chi era in stato di bisogno di accedere ai propri campi era una pratica abituale. L'agricoltura – abbiamo dimenticato – ha sempre avuto una vocazione solidale, che le consentiva non solo di produrre beni, ma di rispondere anche a bisogni sociali. 
Da questo punto di vista crediamo importante anche il riconoscimento del tavolo di coordinamento che ha sede presso il MIPAF. Finora quel tavolo ha gestito risorse statali e comunitarie per favorire progetti di distribuzioni di derrate agli indigenti. Questo tavolo ha gestito spesso iniziative di sostegno a comparti in crisi, trasformando quel sostegno in occasioni di solidarietà concrete. Ora quel tavolo è incrementato di componenti della rappresentanza della filiera produttiva, da rappresentanti delle associazioni, della solidarietà e dalle istituzioni. 
Certo questo modo di lavorare rimanda a una concezione di impresa e dell'economia che il pensiero economico predominante aveva messo da parte, e che ha molto a che fare con la nostra storia e con la nostra cultura, penso ad Antonio Genovesi, che da una cattedra di economia civile rispondeva ad Adam Smith, che in quegli anni pubblicava le sue opere. Il mercato ha una dimensione mutualistica e comunitaria che la concezione di homo oeconomicus concentrato sull'egoismo produttivo non basta a spiegare. Figli di quell'idea di economia civile sono anche la nostra cooperazione, i distretti del made in Italy, la buona agricoltura. A quell'idea di sinergia tra istituzioni e società civile e impresa, che ora qualcuno chiama economia circolare, guarda a questo provvedimento. 
È dunque con grande soddisfazione che il gruppo del Partito Democratico affronta questo passaggio, rivendicando il molto lavoro condotto, fuori e dentro il Parlamento, sottolineando anche il fatto che questa legge è profondamente diversa da quella francese, evocata in questa discussione. Ci permettiamo di dire che, anziché una scelta paternalistica di uno Stato che sanziona e prescrive, noi preferiamo un'impostazione che promuove, tutela e riconosce il già tanto che avviene in questo settore. D'altra parte ci permettiamo di dire che obbligare a un atto gratuito è una contraddizione in termini. Un grande pensatore del nostro tempo, Jacques Derrida, in uno splendido libro intitolato Donare il tempo, scriveva che donare significa aprire un tempo nuovo. Noi non sappiamo se questa legge aprirà tempi nuovi, siamo sicuri che questa legge è in sintonia con tempi nuovi. 
Voglio ringraziare tutti i colleghi per il lavoro condotto, naturalmente a partire dal Partito Democratico, e soprattutto il grande lavoro della relatrice (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).