Dichiarazione di voto
Data: 
Giovedì, 26 Ottobre, 2023
Nome: 
Sara Ferrari

A.C. 1294-A

Grazie, Presidente. La terribile realtà di una donna uccisa ogni tre giorni, in Italia, 10 al mese e 120 all'anno negli ultimi anni, dovrebbe da sola darci il senso e l'importanza del passaggio legislativo di oggi: prevenire la violenza quando ormai c'è, aiutare le donne ad uscirne in sicurezza ma anche prevenire e salvare loro la vita. La violenza degli uomini sulle donne una piaga sociale, è un fenomeno pubblico, non privato, di cui le istituzioni devono farsi carico. Il provvedimento che andiamo a votare oggi si inserisce nel solco di un percorso nel quale il Partito Democratico ha fatto sempre la sua parte per promuovere strumenti e misure di contrasto a questo fenomeno atavico, purtroppo ben strutturato e radicato nelle nostre comunità. Anche questa volta siamo stati promotori di una proposta di legge e abbiamo cercato e costruito fin dall'inizio una possibile collaborazione, un confronto con le altre forze politiche e con il Governo per poter dare un contributo costruttivo e utile al testo che oggi andiamo ad approvare. Sappiamo che questo è un fenomeno terribile e complesso, non si può affrontare e sconfiggere in qualunque forma esso si manifesti se non lo si rapporta al tema dell'uguaglianza di genere, della parità e delle pari opportunità, obiettivi ancora, purtroppo, mancati. Ci siamo convinti che questa sia una delle malattie peggiori della nostra comunità, che sta nascosta dentro le nostre famiglie e condiziona le relazioni affettive. Allora, dovremmo affrontarla, però, come si fa con i fenomeni complessi, che non possono essere gestiti pezzetto per pezzetto ma che richiederebbero un testo unico che affronti, dalla A alla Z, tutte le caratteristiche del suo manifestarsi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). La Convenzione di Istanbul parla di prevenzione, protezione, procedimento contro i colpevoli e politiche pubbliche integrate. La legge che ci troviamo ad approvare oggi, pur facendo passi in avanti, interveniva nel suo testo originario, quello del Governo, solo sul rafforzamento e l'estensione delle misure cautelari volte ad evitare che la violenza già presente si trasformi in femminicidio. Interveniva, cioè, per provare ad evitare il peggio ma non per prevenire la violenza stessa. Il Governo tende così ad approcciare, anche in questo caso, il problema solo dal punto di vista della prevenzione ex post, della punizione e della condanna, immaginando in chiave di castigo il modo in cui l'istituzione pubblica cerca di fare giustizia di un dolore inferto ma non lo ripaga e, soprattutto, non lo impedisce. La paura di una piena non è mai un deterrente per un reato, certamente non nel caso del femminicidio che si conclude spesso con la morte stessa del colpevole. Funziona, invece, la capacità di analizzare le caratteristiche del fenomeno e intervenire con le politiche di prevenzione più adeguate, che riguardano in particolare la capacità di fare la valutazione del rischio per la prevenzione secondaria, cioè per evitare che dalla violenza, quella psicologica, economica, fisica e sessuale, si passi all'uccisione. Serve una formazione accompagnata anche dagli interventi di prevenzione primaria che quella stessa violenza cercano di impedire, con un'educazione alla relazione di genere, capace di costruire rapporti affettivi corretti e rispettosi delle differenze e della libertà delle donne.

Il testo che oggi è in discussione nasce, come si è detto, dai risultati del lavoro della Commissione femminicidio della scorsa legislatura, che ha prodotto ben 12 relazioni finali, andando ad analizzare il fenomeno della violenza nel suo complesso.

Purtroppo siamo qui a raccogliere solo alcune delle piste di lavoro da lì emerse, e non tutte. Riconosciamo, tuttavia, alcuni elementi di avanzamento nella proposta di legge del Governo, che abbiamo accolto come testo base su cui lavorare, rinunciando al nostro, che raccoglieva anch'esso il rafforzamento degli strumenti di prevenzione, ma anche la necessaria formazione degli operatori, in particolare della giustizia, in grado di possedere le conoscenze specifiche rispetto a un fenomeno così unico e particolare, per saper poi adottare, nei tempi e nei modi più appropriati, le scelte più utili.

E qui non posso che ringraziare il Governo e la Commissione per l'accoglimento di questa nostra proposta, che è diventata addirittura un articolo della legge. Riteniamo positivo in questo testo il rafforzamento generale delle misure di prevenzione, la semplificazione delle procedure di utilizzo del braccialetto elettronico, l'ampliamento della distanza minima, l'aggravarsi della misura in caso di infattibilità tecnica, l'accelerazione dei tempi per la formazione dei ruoli di udienza, la fissazione di un termine per adottare misure cautelari, anche se lo continuiamo a considerare troppo lungo.

Se da 30 più 30 è diventato 20 più 20, noi avevamo proposto 5 giorni più 5 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). L'estensione anche della rilevanza penale alla violazione degli ordini di protezione in sede civile, l'arresto in flagranza differita, la risoluzione del problema dell'impossibilità di mantenere la misura cautelare in caso di violazione, il divieto di avvicinamento anche quando non sono raggiunti i limiti di pena attualmente previsti, il potenziamento dell'obbligo di informazione e comunicazione verso la vittima, il vincolo all'esito favorevole, e non più solo alla frequentazione dei corsi per uomini maltrattanti, ai fini della possibile sospensione condizionale della pena.

A fronte delle buone intenzioni che hanno portato a queste modifiche, che condividiamo e che erano contenute, come detto, in parte anche nella nostra proposta di legge, ciò che purtroppo rischia di rendere del tutto inefficace il passaggio legislativo di oggi è il rischio di scrivere belle parole che non si trasformano poi in strumenti salvavita, il rischio di non incidere veramente su ciò che oggi non funziona. E cos'è che oggi non funziona? Quello che non funziona non sono gli strumenti, perché quelli su cui si incentra il provvedimento esistono già, non sono nuovi, non li stiamo introducendo oggi, il braccialetto elettronico, il divieto di avvicinamento, l'obbligo di firma, ma vengono spesso poco e male utilizzati, nel modo sbagliato e non controllati nella loro reale efficacia.

Perché? Perché chi decide come applicarli non è sufficientemente preparato. A prendere le decisioni sull'uso di questi strumenti devono invece essere magistrati specializzati, ma sono ancora troppo pochi in molte procure. L'Italia è stata condannata dall'Europa più volte perché manca una corretta valutazione del rischio, ci sono troppi casi archiviati nella fase preliminare, offre una risposta inefficace e tardiva rispetto alle denunce, fa scarso uso degli ordini di protezione e ha un'alta incidenza della loro violazione, nonostante il nostro ordinamento si sia dotato negli anni di una delle più adeguate ed efficaci normative e misure a livello internazionale.

Qual è allora il baco, il tassello mancante che ancora oggi impedisce che le donne subiscano violenza e che vengano uccise? È la mancanza di una completa e approfondita conoscenza da parte degli operatori del complesso fenomeno della violenza maschile contro le donne, soprattutto con riferimento alle radici culturali che lo connotano e ai pregiudizi di genere che lo sostengono e lo normalizzano. Vuol dire che serve più personale e più personale preparato appositamente.

Per fare questo servono corsi di formazione obbligatoria e serve assumere più personale, ma questo viene vanificato dal fatto che questa norma è a invarianza di spesa. Rischiamo di avere individuato soluzioni possibili senza percorrerle veramente. I soggetti auditi hanno riconosciuto tutti la necessità di intervenire prima che la violenza si manifesti, non solo prima che diventi portatrice di morte, e quindi tutti hanno sollevato la necessità di promuovere un cambiamento culturale, a partire dall'educazione affettiva e sessuale nelle scuole di ogni ordine e grado, che dovrebbe coinvolgere tutti i soggetti di una comunità educante.

Questa era una delle richieste contenute nel nostro disegno di legge. Raccogliamo l'impegno della Ministra Roccella fatto in Commissione femminicidio di parlarne in un successivo provvedimento e speriamo che altrettanto si faccia anche per la questione finanziaria.

Abbiamo apprezzato l'atteggiamento costruttivo e collaborativo in Commissione, che ha visto anche il Governo, insieme al presidente della Commissione e agli altri membri (lo devo riconoscere), passare da un atteggiamento di chiusura rispetto alle nostre proposte a un riconoscimento del loro valore all'interno del testo finale.

Riconosciamo, per questo, che la norma che stiamo per licenziare raccoglie anche alcuni nostri interventi migliorativi, in particolare l'articolo sulla formazione, che entra in legge e che prima non c'era, il ricorso a misure cautelari più gravi non solo se l'imputato nega il consenso al braccialetto ma anche se non c'è fattibilità tecnica, il divieto di ricorrere all'ammonimento in caso di violenza sessuale, l'allontanamento anche fuori dalla flagranza e dal rischio di fuga, la riduzione, seppur modesta, dei tempi, il monitoraggio a 12 mesi degli effetti della nuova disciplina sull'ammonimento per valutare se espungere il revenge porn da quello strumento, linee guida per la formazione obbligatoria di tutti gli operatori che hanno a che fare con le donne e indicazioni alla Scuola superiore della magistratura.

Per questi motivi e con questo spirito propositivo, che speriamo sia riconosciuto e valorizzato anche nei prossimi provvedimenti, dichiaro il parere favorevole del Partito Democratico sul provvedimento odierno.