A.C. 2126-A ed abbinate
Grazie, signora Presidente. Signor Ministro, riteniamo questa iniziativa normativa sulla montagna l'ennesima occasione persa. L'ennesima occasione persa di questa legislatura, non solo per migliorare le condizioni di una parte del territorio dello Stato fortemente in crisi, tra spopolamento e carenza di servizi, ma anche per garantire un sano e proficuo confronto parlamentare.
Per avere chiare le dimensioni del problema, basti pensare che, oggi, ben 3.524 comuni su 7.904, nel nostro Paese, sono comuni in cui il territorio ricade interamente nel territorio montano, appunto. Mentre ulteriori 652 comuni sono comuni parzialmente montani. A fronte delle migliaia di comuni interessati, appunto, emerge il primo grande punto di debolezza di questa proposta normativa: non ci sono le risorse. Non ci sono risorse aggiuntive rispetto alla legge di bilancio, diciamo neanche le briciole. Gli annunciati 100 milioni di euro, infatti, che certamente, per queste dimensioni di comuni interessati e di territorio interessati, sono una cifra irrisoria, non sono altro che uno spostamento dal Fondo per la montagna, già previsto sulla legge di bilancio del 2022.
Insomma, la maggioranza si appresta a votare l'ennesima legge spot, che andrà bene solo per qualche comunicato stampa o qualche convegno ma che, certamente, non migliorerà le condizioni della montagna italiana. Il secondo grande vulnus, il secondo grande punto di debolezza, è l'ambito di applicazione. Sostanzialmente, restano senza risorse i comuni montani del Sud e i comuni montani delle due grandi isole. Insomma, i comuni montani più poveri.
La circostanza che il 49 per cento del territorio italiano sia territorio montano avrebbe dovuto imporre e spingere il Governo a proporre criteri incontestabili, che individuassero le priorità di intervento, garantendo la distribuzione delle poche risorse disponibili verso le criticità maggiori e più urgenti, ma anche per consentire un rilancio vero dei comprensori montani. Rinviare, invece, ad un successivo provvedimento, alla luce dei criteri di altimetria e pendenza, significa tagliare fuori dai benefici i comuni, appunto, del sud e delle isole. Ed è quello che denunciamo in quest'Aula, con forza, davanti al Paese. Una scelta nefasta che condanna ancor di più una porzione del nostro territorio che, oggi, è particolarmente in crisi. Per essere eloquenti, come già accaduto con la legge sull'autonomia differenziata, il Governo e lei, signor Ministro, predilige i territori più ricchi a discapito di quelli più poveri del Paese.
La tanto attesa legge per la montagna italiana avrebbe dovuto poi affrontare, in modo dirimente, e anche in modo semplice, il tema della carenza dei servizi pubblici, la difficoltà dei trasporti, la difficoltà nella formazione delle classi per la scuola pubblica e l'inadeguatezza anche delle deroghe che ci sono in atto in questo momento, i servizi sanitari territoriali spesso inesistenti perché nei comuni montani e nella montagna italiana i cittadini e gli abitanti di quei territori sperimentano l'assenza di pronti soccorsi, l'assenza di un'assistenza sanitaria adeguata, anche, spesso, la mancanza del pediatra di base.
Questo erano i nodi che la legge avrebbe dovuto affrontare e, invece, nulla di tutto ciò.
Il passare del tempo senza che arrivi sostegno economico o proposte credibili non fa altro che spingere i comuni poi a trovare delle soluzioni autonome, come quella, signora Presidente, delle case un euro che, in alcune realtà del Mezzogiorno, è diventato un pannicello caldo per evitare la definitiva compromissione e il depauperamento del patrimonio architettonico montano. Comuni ricchi di storia come castelli medievali, palazzi nobiliari, immobili signorili, che, oggi, giorno dopo giorno, subiscono il logorio inesorabile dello spopolamento e dell'abbandono.
Lo Stato, di fronte a questa situazione, non può voltarsi dall'altra parte. Ce lo impone anche la nostra Carta costituzionale all'articolo 44, a proposito della coesione territoriale. Ne vale anche di una fetta consistente della promozione turistica del nostro Paese. Le zone montane del Sud e delle isole che il Governo, oggi, esclude, hanno tutte le caratteristiche per diventare un attrattore turistico significativo: turismo lento, qualità dell'aria e della vita, natura, passeggiate a cavallo e la straordinaria qualità dell'enogastronomia italiana, per non parlare poi degli usi, dei costumi, delle tradizioni di quei territori.
Questo modello, però, sembra lontano anni luce dalle intenzioni del Governo.
Non solo suo, signor Ministro, ma anche della Ministra Santanchè, che sembra molto più presa dai grandi eventi turistici mondani che da questo modello di sviluppo del territorio. Depauperare il patrimonio montano significa, per sempre, perdere una parte di noi, del nostro Paese. Per questo ci batteremo per proporre con specifici emendamenti misure di finanza agevolata, anche per la sua riqualificazione, fruizione e ricettività turistica.
Noi crediamo che in tanti borghi ci siano le condizioni per garantire reddito e ricchezza anche alle giovani generazioni, che potranno magari poi decidere di emigrare altrove per scelta, ma non per necessità come oggi, invece, fanno da tante parti del nostro Paese. L'occasione del confronto sul testo di legge, poi, dovrebbe stimolare anche un confronto vero non soltanto tra le forze politiche e parlamentari, ma anche con le regioni. Confronto con le regioni anche a proposito di alcune misure messe in campo, come quelle che alcune regioni, appunto, hanno proposto come la fiscalità di vantaggio per i cittadini stranieri che decidono di trascorrere l'età pensionabile trasferendosi in alcuni territori italiani.
Confronto vero con le regioni per capire come sostenere al meglio i grandi attrattori della montagna italiana, che oggi sopportano anche i temi legati al costo dell'energia (penso al costo dell'energia per il funzionamento dei comprensori sciistici, per, appunto, le piste da sci), costi dell'energia i cui aumenti - ahimè - spesso si riverberano sul consumatore finale, sull'utente finale. Per essere più chiari, una giornata sugli sci, oggi, per i costi dello skipass, noi pensiamo che debba essere, appunto, un modello di attività sportiva a portata di tutte le famiglie e non può continuare a essere, come è in questo momento, un uno sport di élite. Anche alla luce dei successi delle nostre campionesse nello sci che ci inorgogliscono come Federica Brignone, neo campionessa del mondo, e Sofia Goggia.
Di fronte a questo modello dello sci alpino italiano servirebbe garantire l'attività sportiva a tutti i bambini, a tutti i ragazzi, andrebbe consentito di coltivare un sogno. È in atto - lo denunciamo anche in quest'Aula - ci sono speculazioni preoccupanti sui costi di accesso alle piste. Più volte abbiamo ribadito l'importanza dello sport di base, dello sport per tutti. Ecco, questo degli sport invernali, del loro costo, rappresenta un tema che la politica, in un testo che riguarda la montagna italiana e la sua fruizione, è chiamata ad affrontare e risolvere.
Infine, abbiamo fatto riferimento al confronto con le regioni, ma noi riteniamo che un confronto con le regioni vada fatto anche sul tema delle competenze, dell'architettura istituzionale. Mi riferisco ad una in particolare, quella deplorevole che riguarda il Parco dell'Etna, ridotto oggi ad ostaggio della regione Siciliana che lo tratta come uno stipendificio, con meno di 10 persone e senza un minimo di risorse per la promozione e la fruizione di uno dei siti naturalistici più desiderati al mondo.
In proposito chiediamo da tempo che l'Etna, appunto, diventi parco nazionale. È stato calendarizzato da poco un nostro disegno di legge in tal senso, con tutto quello che ne consegue. Concludo, signor Presidente. Per le ragioni esposte siamo molto delusi dalla proposta normativa che approda in Aula, oggi. Nelle prossime ore formuleremo una serie di emendamenti, confidando che la maggioranza e il Governo, signor Ministro, si ponga in una posizione di ascolto e confronto, e non procede invece ad una sterile ratifica del pessimo testo approvato in Aula dal Senato.