A.C. 1509
Grazie, Presidente. Presidente, rappresentante del Governo, onorevoli colleghi ci troviamo oggi a discutere su una proposta di legge riguardante un tema di grande importanza per la salute pubblica: la prevenzione e la cura dell'obesità.
Riconosciamo il lavoro svolto dalla maggioranza nel portare avanti questa iniziativa legislativa, ma riteniamo che il testo, così come formulato, presenti ancora criticità che non possiamo ignorare.
L'obesità è una malattia complessa, influenzata da molteplici fattori: genetici, culturali, psicologici e sociali. Entro il 2035 si stima che il numero di persone obese nel mondo raggiungerà 1,9 miliardi, più del doppio rispetto agli 800 milioni attuali. L'obesità quindi non è solo una questione di numeri, ma anche di salute pubblica a causa delle patologie ad essa correlate.
In Italia il 46 per cento degli adulti è in sovrappeso e il 10 per cento è obeso, con una tendenza all'aumento tra i più giovani, dove il 19 per cento dei bambini tra gli 8 e i 9 anni è in sovrappeso e il 10 per cento è obeso. Dal 2020 al 2035 si prevede un aumento del 100 per cento di casi di obesità infantile; tuttavia la proposta in esame non riconosce questo fenomeno formalmente come una malattia cronica: una mancanza grave che rischia di vanificare gli sforzi per una presa in carico adeguata dei pazienti.
L'Organizzazione mondiale della sanità e le principali associazioni scientifiche riconoscono l'obesità come una patologia cronica. Se vogliamo affrontarla seriamente, dobbiamo garantirle il giusto riconoscimento a livello istituzionale, includendola nei livelli essenziali di assistenza; senza questa inclusione, milioni di cittadini continueranno a trovarsi senza un adeguato supporto medico e terapeutico. Un altro punto critico è l'assenza di una strategia di prevenzione strutturata. Non sono previste misure incisive per contrastare l'obesità fin dall'infanzia, se non in forma residuale. Studi scientifici dimostrano che la sugar tax, come l'aumento dell'IVA sulle bevande zuccherate e il divieto di distributori automatici di merendine nelle scuole hanno un impatto concreto nella riduzione del consumo di zuccheri e nell'educazione alimentare dei più giovani, eppure nessuna di queste misure è inclusa nel testo. Le scuole dovrebbero essere il primo luogo in cui si fa prevenzione, ma la legge considera le iniziative educative come attività extracurricolari, relegandole a un ruolo marginale. Esperienze internazionali dimostrano che interventi di educazione alimentare obbligatori e strutturati riducono in modo significativo l'incidenza dell'obesità infantile, ma nel nostro Paese si continua a relegare il problema a una questione individuale piuttosto che strutturale. È necessario sensibilizzare al problema sin da giovani, per questo occorre promuovere campagne educative nelle scuole, per identificare una corretta alimentazione e dare rilievo all'attività fisica. La Giornata mondiale dell'obesità del 4 marzo è una delle poche iniziative importanti che pone l'accento sull'urgenza di affrontare questa problematica a livello globale.
Un altro elemento riguarda l'approccio separato tra obesità e disturbi del comportamento alimentare. Studi clinici dimostrano che anoressia, bulimia e obesità condividono fattori di rischio comuni e richiedono un approccio integrato. Considerare queste patologie in modo separato significa perdere di vista la loro interconnessione, limitando l'efficacia degli interventi terapeutici e sottovalutando l'importanza di un supporto psicologico adeguato. Servono quindi politiche integrate che tengano conto della complessità di queste condizioni e della necessità di un approccio multidisciplinare. Serve dunque investire anche sulla ricerca per ampliare una discussione seria e approfondita sulle nuove molecole farmacologiche per trattare l'obesità, che possono anche avere effetti benefici oltre la perdita di peso.
Passando ai finanziamenti, la legge prevede un fondo limitato e a scadenza, che durerà solo tre anni. Considerando che il costo dell'obesità per il Servizio sanitario nazionale è stimato in circa 9 miliardi di euro l'anno, appare evidente come gli stanziamenti previsti siano del tutto insufficienti. Se non assicuriamo risorse strutturali e permanenti ci troveremo a dover ricominciare da capo tra pochi anni, aggravando ulteriormente la situazione.
Infine, voglio sottolineare l'iniquità nell'accesso alle cure. L'obesità colpisce in modo sproporzionato fasce di popolazione economicamente più svantaggiate rispetto ad altre. Le cure per questa patologia sono spesso costose e non accessibili a tutti. Se non inseriamo l'obesità nei LEA rischiamo di creare un sistema sanitario in cui solo chi ha possibilità economiche riesce ad accedere a percorsi terapeutici adeguati. Questo è inaccettabile nel nostro Paese, che vuole e deve garantire il diritto alla salute per tutti i cittadini. L'obesità deve essere una priorità sociosanitaria, serve un'alleanza tra scienza istituzioni e pazienti per promuovere prevenzione, cura e lotta contro ogni stigma e ogni complicazione.
Com'è noto, infatti, l'obesità è un fattore di rischio primario anche per altre malattie. Sono oltre 200, infatti, le malattie collegate all'obesità, tra cui il cancro. Il grasso accumulato danneggia vari organi, come il fegato, il pancreas, il cuore e ha dirette conseguenze per importanti malattie, come il diabete di tipo 2, e per questo la necessità di trattamenti diagnostici e terapeutici specifici per limitare le complicanze. Purtroppo, l'obesità è ancora fortemente stigmatizzata. La cultura dominante tende a colpevolizzare i pazienti, attribuendo loro la responsabilità esclusiva della propria condizione, senza tener conto dei numerosi fattori che contribuiscono al suo sviluppo. Questo stigma non solo indebolisce l'autostima dei pazienti, ma ostacola anche il loro accesso alle cure, alimentando un circolo vizioso che rende sempre più difficile affrontare la malattia in modo efficace. La lotta contro questo stigma è, quindi, fondamentale per favorire un cambiamento culturale che consenta di trattare l'obesità con l'approccio medico e sociale che merita. Tutto questo ci porta a una valutazione molto critica su un testo semplificato e peggiorato nel corso della trattazione, che non affronta il tema con la giusta attenzione e con la giusta serietà che una questione così delicata richiederebbe. Pur riconoscendo, dunque, la necessità di una normativa specifica sull'obesità, riteniamo che questa proposta di legge sia al momento insufficiente e non affronti con la dovuta incisività la complessità del problema. Continueremo a lavorare per migliorare le politiche di prevenzione e cura, auspicando che il Parlamento possa intervenire con maggior coraggio per una legge maggiormente efficace ed equa.