Dichiarazione di voto
Data: 
Mercoledì, 7 Maggio, 2025
Nome: 
Ilenia Malavasi

A.C. 741-A​ e abbinata

Grazie, Presidente. Intervengo volentieri per il Partito Democratico su questa proposta di legge, perché effettivamente ci permette di portare in quest'Aula una riflessione giusta e consapevole rispetto a uno di quelli che sono i temi della salute pubblica nel mondo che riguarda l'obesità.

Parliamo, infatti, di una epidemia globale che condiziona la qualità della vita di milioni di persone e che incide profondamente, nel lungo periodo, anche sulla sostenibilità dei Sistemi sanitari nazionali.

Fino a qualche tempo fa l'obesità era considerata una condizione legata solo ai Paesi industrializzati, mentre negli ultimi vent'anni la patologia è drammaticamente aumentata anche in tutti i Paesi in via di sviluppo, tanto che nel 1997 l'OMS l'ha riconosciuta come una malattia per la sua natura epidemica globale, quindi alzando il livello di attenzione su una patologia che è cronica, recidivante, progressiva e multifattoriale. Non si tratta semplicemente, come spesso viene interpretata, di un mangiare di meno e muoversi di più, ma di una vera e propria patologia che ha determinati fattori genetici, endocrini, ambientali, psicologici, che ne condizionano l'evoluzione. Nonostante le evidenze scientifiche, il peso però dello stigma sociale e della colpevolizzazione continua a gravare sui pazienti, ostacolando molto spesso le diagnosi, i trattamenti adeguati e l'accettazione della malattia. Secondo l'OMS, riporto alcuni dati - lo hanno fatto anche i colleghi, ma ci serve per dare il senso della dimensione del problema che stiamo affrontando - l'obesità colpirà il 70 per cento della popolazione entro il 2030. In Italia il quadro epidemiologico e le prospettive, quindi, sono altrettanto preoccupanti. Nel nostro Paese, infatti, circa 6 milioni di cittadini italiani, ossia il 12 per cento della popolazione, versa in condizioni di obesità o di obesità grave, mentre oltre 23 milioni di cittadini, quasi la metà della popolazione complessiva, sono in eccesso di peso, con una tendenza in crescita dei dati e alcune differenze anche di distribuzione della patologia a livello di incidenza territoriale, con una maggiore concentrazione al Sud e nelle isole.

Ma il dato che ci deve preoccupare di più riguarda la diffusione di questa patologia nelle fasce più giovani della popolazione. Per quanto riguarda infatti l'obesità infantile bisogna evidenziare, secondo le stime fatte dall'Istituto superiore di sanità, che il 18,2 per cento dei ragazzi dagli 11 ai 17 anni è in sovrappeso e circa l'8,9 per cento risulta obeso, con dati in crescita rispetto alle precedenti rilevazioni e una proiezione che da qui al 2035 prevede un aumento del 100 per cento di obesità infantile. Non sono certamente dati che ci possono lasciare indifferenti, proprio perché è un dato che cresce nell'infanzia tra le popolazioni più svantaggiate, che hanno redditi minori, un livello di istruzione più basso e molte più difficoltà ad accedere alle cure.

Due ovviamente sono le ragioni principali di questa patologia tra i giovani: comportamenti alimentari scorretti - ed è il motivo per cui abbiamo molto insistito anche in Commissione nella fase emendativa, per sollecitare una riflessione che porti a vietare l'uso eccessivo di bevande zuccherate e gassate - e una scarsissima attività fisica. Anche per questo abbiamo cercato di sostenere le famiglie, dando sgravi fiscali o aumentando comunque la sugar tax, che è un tema sicuramente politicamente rilevante. È infatti lampante come l'attività fisica, l'inattività fisica e la cattiva educazione rappresentino un'emergenza per la salute pubblica con costi economici e sociali sempre più insostenibili.

Ricordo che il costo dell'inattività fisica per il nostro Paese ammonta a 1 miliardo di euro. Sempre per inattività fisica, da qui al 2030, si potrebbero generare 500 milioni di nuovi casi di malattie prevenibili, abbattendo i rischi ovviamente di emergenza e di nuove patologie, con costi che potrebbero superare i 300 miliardi di euro. L'Italia è un Paese che investe sostanzialmente poco, siamo a 17 euro di spesa pro-capite per l'attività fisica e da qui, ovviamente, la necessità - come ha fatto anche il collega Berruto - di sostenere interventi mirati per arginare questo fenomeno, cercando di prevenire e di mettere a rischio la sostenibilità del Sistema sanitario nazionale. L'obesità è una patologia complessa, è un importante fattore di rischio per molte patologie croniche: sono a lei collegate circa 200 patologie.

Ricordo che ogni anno sono circa 70.000 le persone che muoiono di obesità e di tutte le patologie correlate. Quindi, è una patologia grave, cronica e progressiva che rischia davvero di impattare tantissimo sulla sostenibilità del Paese, sia per i costi sanitari che per i costi sociali ed economici indiretti.

È vero, come diceva il collega Pella, che è la prima legge al mondo sull'obesità ed è una scelta che sottolineiamo. È una legge che era partita sotto i migliori auspici, proprio perché era una legge molto articolata, con 11 articoli, che ne provava a raccontare la complessità e a dare risposte strutturate. Peccato che durante il percorso in Commissione e durante la fase emendativa sia stata completamente svuotata dal Governo e pesantemente depotenziata, andando a sopprimere articoli molto importanti, a partire dal sostegno all'attività sportiva; all'aumento delle detrazioni a carico delle famiglie; all'agevolazione delle iscrizioni per le attività sportive, per le palestre; all'indebolimento del divieto dell'uso di alimenti e bevande gassate contenenti sostanze dannose; aumentando l'Iva e vietando la distribuzione di queste bevande e alimenti nei distributori automatici, a partire dalle scuole.

Abbiamo tutto sommato perso una buona occasione per fare una legge giusta, non abbiamo avuto il coraggio di andare contro qualche multinazionale. Abbiamo perso l'occasione di diventare un Paese modello di riferimento a livello europeo nella gestione di questa patologia. Siamo partiti, e lo riconosciamo al collega Pella, sotto buoni auspici. Peccato che arriviamo in Aula con una legge che è il frutto di una mediazione al ribasso e a niente sono valsi tutti i nostri tentativi di emendare, discutere, confrontarci per provare a evitare ad arrivare a questo punto. Non è certamente questo l'approccio di cui il nostro Paese ha bisogno di fronte ad una patologia come questa, che ha costi sanitari e sociali significativi. Dobbiamo investire di più, con serietà ed impegno, in educazione sanitaria, in educazione sanitaria di base, in alfabetizzazione all'interno delle nostre scuole per favorire corretti stili di vita, sostenendo economicamente le famiglie e le scuole nelle loro progettualità, in azioni educative e di sostegno all'attività sportiva per prevenire e prendere in carico precocemente chi soffre di questa condizione che, al pari del diabete e dell'ipertensione, minano la qualità e la vita stessa delle persone.

Fenomeni come questi non vanno ignorati e tanto meno vanno sottovalutati. Bisogna quindi cercare di creare tutte le condizioni per una maggiore consapevolezza pubblica, per creare una cultura della prevenzione circa la gravità dell'obesità.

Di qui l'importanza di una strategia integrata di prevenzione, di diagnosi, di cura, che possa garantire su tutto il territorio nazionale l'omogeneità delle prestazioni sanitarie, perché vanno benissimo i buoni propositi, ma servono risorse e serve una coerenza di progettualità e di azioni da mettere in campo che purtroppo in questa legge non troviamo. Abbiamo deciso però di astenerci per dare un nostro contributo fattivo a questo cammino di legge, sperando ovviamente che sia l'inizio - e lo dico al Sottosegretario Gemmato - di un percorso che possa continuare a vederci a lavorare insieme, perché servono altre azioni, vanno recuperate quelle parti mancanti che avete scientemente emendato e soppresso da questa legge, perché dobbiamo mettere in campo un'azione strategica, programmata, sinergica se vogliamo arrivare a dei buoni risultati.

Per questo motivo vigileremo affinché ciò avvenga e siamo però dispiaciuti, perché questa mediazione al ribasso ha trasformato una legge molto articolata in una legge lacunosa e poco coraggiosa. Ne siamo ovviamente dispiaciuti, ma siamo disponibili a continuare a lavorare in questa direzione, perché la tenuta del sistema sanitario nazionale passa anche da una buona cultura della prevenzione, a partire dalla prevenzione di queste patologie, che essendo patologie croniche hanno un impatto importante sulla tenuta e sulla sostenibilità del sistema, ma anche per garantire condizioni di vita che sappiano conciliare i nuovi bisogni, legati anche all'invecchiamento della popolazione, e la sostenibilità economica di un sistema sanitario nazionale di grande eccellenza e di grande qualità, che però ha bisogno di un'attenzione diversa da questo Governo. Lo dico perché le risorse - lo sappiamo - non sono sufficienti, continueremo a difendere, a lottare per tutelare per tutti e per tutte il diritto alla salute, perché crediamo che questo sia l'argine democratico più importante che dobbiamo difendere per garantire a tutti noi la democrazia e la salute nel nostro Paese.