Discussione generale
Data: 
Lunedì, 14 Ottobre, 2024
Nome: 
Christian Diego Di Sanzo

A.C. 107-B

Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, rappresentante del Governo, è trascorso un decennio dall'introduzione della legge pionieristica italiana sulle start-up e oggi possiamo valutarne l'impatto.

Questa normativa ha dimostrato di essere lungimirante, stimolando l'interesse del mercato per le imprese innovative. Infatti, rimane un punto di riferimento anche a livello europeo sotto molti aspetti. Sono i dati a confermare il successo della legge: nel 2022 le startup e le PMI innovative italiane hanno raccolto quasi 2 miliardi di euro di investimenti, di cui metà provenienti dall'estero. Sebbene nel 2023 si sia registrato un calo, la tendenza generale resta positiva. L'Italia vanta oggi oltre 17.000 imprese innovative, con un fatturato complessivo di quasi 10 miliardi di euro. Ma, nonostante i progressi, siamo ancora indietro rispetto agli altri Paesi europei. Malgrado siamo la quarta economia dell'area europea, l'Italia occupa il dodicesimo posto nell'innovazione delle startup. Spagna, Francia e Germania restano davanti e questo ci suggerisce quanto sia importante per la competitività delle nostre imprese mantenere e rafforzare lo slancio degli ultimi anni, valorizzando i nostri punti di forza.

Investire in innovazione non è solo un volano, per tenere il passo con i mercati più competitivi, ma è fondamentale anche per creare valore, attrarre investimenti, stimolare i consumi e generare posti di lavoro di qualità, soprattutto per i giovani.

A tal proposito, è importante ricordare che l'Italia perde ogni anno 15.000 laureati a causa della mancanza di opportunità di lavoro attrattive. Le startup offrono, in questo caso, una via d'uscita, ma dobbiamo essere capaci di nutrire questo talento e percorrere ogni strada possibile, affinché non si sprechi o si sia costretti a guardare all'estero come unico modo per soddisfare le proprie ambizioni e aspettative. Andare all'estero, come ho fatto io stesso, deve essere una scelta per i nostri giovani e non un obbligo. L'Italia sta investendo ogni anno, da Transizione 4.0 ai 50 miliardi di euro stanziati nel PNRR.

Queste iniziative hanno tutte un unico obiettivo: aiutare il nostro Paese a sviluppare competenze e tecnologie e far sì che possano contribuire alla nostra economia.

La proposta di legge che oggi torna in Aula, alla Camera, si inserisce in questa traiettoria, concentrandosi sugli investimenti nell'innovazione e sul rafforzamento dell'ecosistema finanziario. L'aumento del limite di patrimonio netto per le Società di investimento semplice a 50 milioni di euro è particolarmente lodevole, poiché queste società svolgono un ruolo cruciale nel sostegno delle PMI. Sebbene il quadro normativo esistente sia solido, è indubbio che vi sono aree che richiedono miglioramenti. L'accumulo di regolamenti, le sfide di implementazione, le incertezze interpretative richiedono una riforma completa.

La proposta del collega Stefanazzi del Partito Democratico, la nostra proposta, è stata solo formalmente assorbita da questa propopsta di legge oggi in discussione alla Camera e mirava ad affrontare questi divari. Tante di quelle proposte sono poi diventate emendamenti, che purtroppo, non sono stati accolti dalla maggioranza, fatta eccezione quella inerente al patrimonio destinato, che ha trovato accoglimento nel passaggio al Senato. In primo luogo, presentavamo un tema emerso nelle audizioni, ossia l'importanza di introdurre incentivi fiscali dedicati ai cosiddetti investitori istituzionali, in primis i fondi previdenziali e le casse assicurative, e, in questa direzione, andava l'emendamento che mirava a incentivare gli investimenti degli enti di previdenza obbligatoria e delle forme pensionistiche complementari, sia prevedendo che potessero destinare più dello 0,5 per cento dell'attivo patrimoniale in investimenti innovativi - ovvero fondi d'investimento promossi da business angel -, incubatori certificati, sia introducendo deduzioni fiscali e un trattamento fiscale di favore per le minusvalenze.

Chiedevamo, inoltre, di stringere le maglie del legame tra università e industria, tra ricerca e filiere produttive, perché pensiamo che questo rapporto, soprattutto nei settori strategici, sia la terra fertile per creare valore e accrescere la competitività. A tal proposito, chiedevamo di potenziare, da un lato, gli uffici di trasferimento tecnologico degli atenei, a partire da quelli più piccoli, che, pur esprimendo grande potenzialità e soluzioni tecnologiche valide, sono frenati da mancanza di dotazione finanziaria e di personale, e, dall'altro, chiedevamo di istituire un ufficio nazionale di trasferimento tecnologico, suddiviso in macroaree, che possano fungere da impulso al perseguimento di obiettivi comuni, indirizzando e coordinando le attività degli uffici di trasferimento tecnologico universitari. Un presidio nazionale, insomma, in grado di sostenere i flussi di conoscenza dalla ricerca all'impresa, potendo contare su una visione d'insieme sullo stato e sui progetti della ricerca nel nostro Paese.

Sotto il profilo dell'avvio di impresa, momento delicato per tutti, ma soprattutto per le startup, ovviamente, abbiamo proposto un credito d'imposta per contenere le spese per la redazione dell'atto costitutivo e per tutti i costi che una nuova impresa deve affrontare nei primi anni di attività. Sappiamo quanto siano decisivi per il successo e il fallimento di una startup i primi mesi di vita e sappiamo anche di quale tenore siano le complessità burocratiche e gli oneri economici per fare impresa in Italia. Quell'emendamento si occupava di questo tema, per dare coraggio e più flessibilità alle realtà che investono e credono in un'idea innovativa in Italia.

Un'ultima questione su cui abbiamo voluto fortemente porre l'attenzione è quella del lavoro dei giovani. Come ho detto, il mondo delle startup ci offre opportunità enormi per assorbire la preoccupante migrazione di giovani, soprattutto laureati, che abbiamo osservato negli ultimi due decenni. Per questo abbiamo proposto due idee mirate per abbassare il costo del lavoro a favore delle start-up e delle PMI innovative: da una parte, un esonero contributivo degli oneri previdenziali per tre anni per tutte le assunzioni di giovani a tempo determinato; dall'altra, un esonero del pagamento dei contributi dovuti dai soci, sempre per tre anni, con la finalità di aiutare le realtà più piccole, ovvero le startup innovative con un fatturato inferiore ai 200.000 euro o le PMI sotto un milione di euro.

Anche la questione delle startup e dell'impatto sociale merita attenzione. Sebbene questo provvedimento sia un passo avanti sul punto, non abbiamo visto un vero impegno che questo tema specifico avrebbe meritato. Assieme a questi emendamenti, ne abbiamo presentati tanti altri: dal fondo per sostenere l'accesso al mercato fino alle misure per portare o riportare in Italia le società innovative con sede all'estero; gli incentivi per l'aggregazione di imprese per sostenere la creazione di reti e sistemi imprenditoriali più forti e solidi; le misure di semplificazione fiscale e amministrativa e, poi, le agevolazioni per favorire i finanziamenti nelle fasi successive allo sviluppo, sempre nell'ottica del rafforzamento dell'impresa innovativa nel momento più complesso della sua crescita.

Per concludere, Presidente, possiamo dire che, sebbene i progressi compiuti fino a oggi siano, bene o male, soddisfacenti, dobbiamo mantenere la convinzione che ambire a qualcosa di più sia fondamentale per il nostro sistema Paese. Restano ancora tanti nodi da sciogliere e l'imperativo resta quello di creare condizioni di contesto e di mercato ancora più favorevoli alla crescita e al consolidamento di questo fondamentale sistema imprenditoriale.

Una delle questioni aperte rimanda alla difficoltà culturale che frena gli investimenti con profilo di rischio elevato, che si riflette, peraltro, in un mercato lontano dai lavori delle principali borse europee, come pure la mancanza di fondi di investimento generici o specializzati capaci di fare raccolta e impiego massivo.

Su questi temi, è importante intervenire e farlo al più presto, perché l'Italia ha davvero il potenziale per diventare un leader mondiale dell'innovazione, creando un ambiente più favorevole per le startup e promuovendo una cultura del rischio. Possiamo sbloccare, in questo modo, tutto il potenziale del nostro ecosistema innovativo. Per questo, credo che i prossimi passi debbano essere compiuti in questa direzione.