A.C. 2655
Grazie, Presidente. Avremo modo di leggere nella relazione, che ha depositato il relatore, il modo in cui riuscirà sicuramente a descrivere i passaggi che hanno portato a queste semplificazioni. Non era facile, vista la vastità dei temi trattati, farlo nei pochi minuti a disposizione. Per questo farò alcune condivisioni sul metodo e sul merito del provvedimento, condividerò in quest'Aula alcune riflessioni su questo, riservandoci, nel dibattito d'Aula, nella ripresentazione degli emendamenti di poter fare un lavoro puntuale, punto per punto, articolo per articolo.
La prima riflessione è sicuramente sul fatto che non siamo di fronte a un testo di semplificazioni. Questo è il punto iniziale. Perché lo diciamo? Perché, quando alcuni anni fa lessi il libro di Cass Robert Sunstein, esperto di economia comportamentale, padre della Teoria dei nudge, insieme a Richard Thaler, premio Nobel per l'economia, rimasi molto affascinato dal fatto che lui definisse la semplificazione come l'arte del governo del terzo millennio e come fosse fondamentale fondare ogni processo di semplificazione sui dati, non solo sulle idee, tantomeno sulle idee politiche, e che ogni semplificazione deve nascere da un'analisi dei costi e dei benefici, degli effetti concreti nella vita delle persone.
Il primo passo per costruire una semplificazione è di immaginare come eliminare tutte quelle complessità superflue, guardando al testo normativo non con gli occhi di chi scrive la legge, ma di chi deve essere chiamato ad applicarla. Il fatto stesso che noi oggi abbiamo un testo di 75 pagine, un dossier, di cui ringrazio gli uffici della Camera per il prezioso lavoro, di 320 pagine, e dobbiamo fare un grande sforzo razionale per comprendere - lo dice anche il dossier sollevando degli interrogativi che pongono seri dubbi su quelle che possono essere le applicazioni di alcune semplificazioni - la portata di questi cambiamenti, da qui immagino le difficoltà che possono incontrare i cittadini che poi si troveranno a vivere queste semplificazioni, che sono tutt'altro che semplificazioni.
Se non vi convince, ed è chiaro che non vi convince perché sono altri i vostri riferimenti, quello che è il lavoro di semplificazione che si è fatto durante la Presidenza Obama, perché il vostro orizzonte è quello della Presidenza Trump, del cappellino sfoggiato in tante occasioni, adesso vi state ponendo il tema di come riposizionare l'azione del Governo, avendo visto le foto alla cena in onore di Bin Salman e il ritorno di Elon Musk. Quindi, per alcune settimane non ne avete parlato, perché eravate un po' in dubbio sul capire se potevate riprendere la vostra battaglia per dare soldi pubblici al magnate statunitense, che avevate momentaneamente interrotto per i dissidi con il Presidente, adesso, invece, siete nelle condizioni di riprendere un po' quel tipo di attività su cui ci siamo tanto confrontati.
Però, come sottolineato nell'intervento al Senato dal vicepresidente del gruppo Nicita, ci sono le linee guida mondiali della Commissione europea condivise dall'OCSE sul concetto di deregulation. C'è la necessità di agire per filiere di settore e partire da un'analisi ex ante dei costi, delle decisioni e dei problemi. Si fanno consultazioni e si ascoltano i soggetti interessati. Si elaborano opzioni alternative e si fanno scelte. Poi, se uno volesse seguire gli insegnamenti e la teoria dei nudge di Sunstein e di Thaler, queste scelte dovrebbero anche essere sperimentate, perché le norme effettivamente hanno l'impatto nella nostra vita che hanno i farmaci.
Nessuno di noi proverebbe un farmaco che non è stato sperimentato prima con un metodo scientifico. Noi saremmo soddisfatti se voi vi fermaste almeno a fare quello che viene indicato dalle linee guida della Commissione europea, cioè arrivare a costruire semplificazioni che siano il frutto di un'analisi dei costi, dei benefici e degli effetti e di una consultazione aperta nel Paese. Purtroppo, in questo caso, non siete riusciti a fare nemmeno una consultazione con un percorso di audizioni delle Commissioni parlamentari, anche perché questo testo - adesso lo vedremo - nasceva con 33 articoli ed era un testo già impegnativo che avrebbe richiesto un esame accurato per la varietà delle materie coinvolte.
Oggi arriva in Aula, però, un altro testo rispetto a quello che era partito al Senato, perché è fatto da 74 articoli. Quindi, sono stati più che raddoppiati dall'attività che è avvenuta nel Senato della Repubblica. Questa crescita ipertrofica non ha trovato alcuna corrispondente espansione nell'istruttoria e nell'approfondimento legislativo. Oltre la metà degli articoli oggi in discussione non sono stati mai oggetto di audizione né al Senato, perché si trattava di emendamenti inseriti di corsa durante l'esame, né alla Camera, dove pure la Commissione non ha svolto audizioni sul testo, essendo stato concesso ai gruppi di indicare un solo audito - un solo audito! - per gruppo parlamentare, a fronte di 74 articoli e decine e decine di materie differenti che lambiscono e investono direttamente le competenze di quasi tutte e 14 le nostre Commissioni permanenti.
Siamo di fronte all'ennesimo provvedimento omnibus. Il Ministro ha anche rivendicato al Senato che la semplificazione deve essere omnibus. Forse ha sbagliato, perché questa, invece, è proprio la summa di quella che non dovrebbe essere un'attività di semplificazione. Infatti, come forze di opposizione, abbiamo ritenuto doveroso inviare una lettera formale al Presidente della Commissione e per conoscenza al Presidente della Camera per denunciare e stigmatizzare un metodo che mortifica la funzione legislativa e riduce il ruolo del Parlamento a una ratifica di decisioni assunte altrove.
Non si tratta di procedure astratte, ma si tratta della possibilità per ogni parlamentare, sia maggioranza che di opposizione, di svolgere il proprio compito, di conoscere, di valutare, di proporre e di migliorare. Qui alla Camera, invece, ci siamo trovati di fronte a un testo sconfinato, senza che vi fosse tempo né spazio per poterne analizzare fino in fondo la portata, senza poter ascoltare tutte le parti interessate, non solo le parti che vi hanno proposto di fare la semplificazione come semplificazione per la loro azione, ma anche le parti coinvolte dalle conseguenze di queste semplificazioni e senza un reale confronto sui contenuti.
Non solo, per l'ennesima volta gli emendamenti di merito presentati dall'opposizione - emendamenti concreti, tecnici e migliorativi - sono stati tutti respinti con parere contrario indipendentemente dal contenuto. Un approccio questo che per l'ennesima volta svuota il lavoro parlamentare e indebolisce la stessa qualità normativa che entrambi i rami del Parlamento sarebbero chiamati a garantire. Noi continuiamo a pensare che la costruzione delle leggi richieda studio, ascolto e trasparenza, che la democrazia parlamentare sia una ricchezza e non un intralcio e che il pluralismo, quando è messo nelle condizioni di lavorare, produca norme più solide, più giuste e più efficaci.
Oggi, purtroppo, assistiamo a un'impostazione opposta: testi riscritti in corsa, istruttorie sacrificate, confronto limitato, opposizioni non ascoltate. Un modo di procedere che non giova alla maggioranza, non giova all'opposizione e soprattutto non giova al Paese. Quanto al merito, il tempo è troppo poco per poter affrontare tutto quello che è contenuto in queste 75 pagine, però alcune questioni le voglio portare all'attenzione, perché penso che sia indispensabile che in Aula ci siano interventi, anche perché il grido di allarme che abbiamo portato nei nostri emendamenti è un grido d'allarme che abbiamo raccolto.
È il grido d'allarme lanciato dall'Associazione nazionale dei comuni italiani, dai nostri sindaci e dalle Amministrazioni di ogni colore politico che sono ogni giorno, in prima linea, chiamate ad applicare anche le norme che scriviamo e che dovremmo perlomeno ascoltare nel momento in cui andiamo a modificare quella che è la loro azione. Parto, innanzitutto, quindi, dalle criticità dell'articolo 11 che interviene in modo improprio sul Codice della strada, introducendo una concessione temporanea di sedime stradale a favore delle strutture alberghiere, misura che è stata formulata in modo tecnicamente errato e potenzialmente lesiva dell'autonomia degli enti locali, con rischi analoghi a quelli già emersi in passato per concessioni temporanee poi divenute diritti consolidati.
Da questo punto di vista, io veramente vi chiedo di ascoltare e rileggere la nota, le osservazioni e le proposte emendative che sono state inviate a tutti i gruppi parlamentari dall'Associazione nazionale dei comuni italiani e di leggere gli emendamenti che noi abbiamo presentato. Troverete in questi emendamenti la chiara evidenza che, ancora una volta, la Ministra Santanche' ha sbagliato a cercare di travestire da semplificazione una norma che serve solo a scippare i comuni di scelte fondamentali e che con i nostri emendamenti vogliamo rispondere positivamente alle legittime esigenze delle strutture alberghiere senza però dare, al tempo stesso, un “calcio nel sedere” ai sindaci e alle autonomie dei territori, anche perché l'autonomia non può essere solo una parola vuota, svuotata di ogni significato, che serve solo ad alimentare una contrapposizione ideologica, ma poi non essere dimostrata nei fatti concreti.
Noi chiediamo semplicemente tutto ciò che è giusto, perché è giusto che le strutture alberghiere possano e debbano avere procedure semplificate per ottenere la possibilità di avere un carico e scarico di fronte alla struttura alberghiera e poter permettere alle persone di raggiungere nel modo più comodo le strutture alberghiere. Ma chi può e deve decidere come questo può avvenire senza generare un impatto più complessivo nella mobilità di una città? Solo l'Amministrazione di quella città, quale che ne sia il colore politico. Noi non possiamo togliere completamente ogni prerogativa ai sindaci e alle amministrazioni locali e pensare che, in virtù di una norma nazionale, si possa definire la mobilità di una strada sulla base delle esigenze di un soggetto che ha un'attività commerciale su quella strada.
Stiamo parlando del suolo pubblico, non possiamo privatizzarlo con una falsa semplificazione. Dobbiamo piuttosto, invece, intervenire per semplificare quei processi e fare sì che i tempi delle domande e che la possibilità di ottenere le risposte avvengano nel modo più rapido e più giusto che tenga conto delle esigenze, ma non calpestando quelle che sono le competenze delle amministrazioni. Non è una battaglia della sinistra o della destra: è una battaglia della tenuta complessiva di un sistema, in cui le norme non possono essere scritte contro chi le deve applicare e contro chi deve poi garantire la tenuta del sistema. Devono essere scritte insieme. Se l'ANCI ci chiede di modificare delle norme, andiamo nella direzione di modificarle. Facciamolo insieme e troviamo insieme la formula.
Io capisco che ci sia ormai in questo monocameralismo alternato una quasi impossibilità della seconda Camera di poter intervenire per potere dire la propria, perché ormai una cosa fatta al Senato è chiusa. Ma se i provvedimenti cambiano in corsa, se da 33 articoli si passa a 75 articoli tra il Senato e la Camera, se non si poteva fare prima perché l'articolo non c'era e se non si può fare dopo perché è già passato al Senato, ma quando è il momento in cui si può fare un confronto parlamentare di merito sul fatto che evidentemente, nell'inserire tutte queste riforme travestite da semplificazione, qualche Ministero ha fatto un errore, perlomeno di inquadramento?
Se si vuole decidere di fare una norma che stabilisce che le strutture alberghiere hanno diritto di imporsi sul suolo pubblico a prescindere da quelle che sono le ordinanze sindacali e i ruoli delle amministrazioni, si faccia un decreto che attribuisce pieni poteri per l'occupazione del suolo pubblico e in quella sede ci confronteremo sulle differenti visioni. Ma non è una semplificazione se togli di mezzo quel soggetto che poi deve garantire l'equilibrio complessivo giustamente delle attività commerciali e giustamente delle strutture alberghiere, che devono avere diritto a poter esercitare la propria funzione, ma anche di tutte quelle altre funzioni che insistono in vie, pensiamo ai centri storici delle nostre città.
Ci sono realtà dove, di fatto, destinare piccole porzioni di suolo pubblico esistenti a una singola attività significa privare tutti gli altri anche della possibilità, magari, di poter passare in quel luogo o potervi transitare. Quindi, da questo punto di vista sull'articolo 11 mi sono voluto soffermare. Vedo anche la presenza in Aula del presidente della Commissione trasporti, Deidda, e penso che su questo ci possa essere un confronto utile, perché è una questione di competenza della Commissione trasporti. Io credo che su questo tema sia necessario andare in una direzione di correzione, che tenga sì conto di questa esigenza, ma anche dell'esistenza dei sindaci e dei comuni italiani.
Quindi, da questo punto di vista, veramente è un appello a capire insieme le formule per poter intervenire nella sede emendativa, che potremo portare avanti nel passaggio in Aula. Passando dall'articolo 11 all'articolo 13, vediamo un altro tema che riguarda i trasporti su cui, un'altra volta, vi è però un interrogativo che impone una riflessione. La formulazione, che rischia di sovrapporsi ai servizi di trasporto pubblico sottoposti a obbligo di servizio pubblico, alterando gli equilibri economici e finanziari dei sistemi regionali e locali e incidendo pesantemente sulla pianificazione e gli enti territoriali.
Ecco, ci sono forti dubbi anche su questo, non solo nelle note dell'ANCI, ma anche nel dossier che è stato predisposto dagli uffici della Camera, che ringrazio. Quindi vi chiedo, almeno questo rileggiamolo, rileggetelo, capiamo insieme come fare sì che vada in una direzione migliorativa e non peggiorativa della crisi del trasporto pubblico locale, che già questa manovra non affronta e a cui non offre risposte.
Stiamo cercando di correggere l'articolo 30, perlomeno di salvaguardare la destinazione delle risorse destinate al rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri che è stato sottoscritto lo scorso 20 marzo. È stata disattesa quella che era la qualificazione delle risorse contenute nella manovra: mancano i fondi per il potenziamento del Fondo nazionale rispetto all'aumento dell'inflazione e di altri costi, manca tutta una serie di altre voci e ci sono tagli pesanti nei confronti di tutto questo, ma se c'è poi un tema di governance dei trasporti che è affrontato in un modo che non solo non è comprensibile, ma rischia anche di essere pericoloso e peggiorare la situazione, almeno sui provvedimenti a costo zero, visto che abbiamo capito che non volete mettere più risorse nei trasporti, cercate di scriverli con maggiore attenzione.
Così come non si può non accennare in questa sede - non abbiamo tempo di farlo diffusamente, lo faremo con gli emendamenti- all'articolo 44, con cui è stata riscritta, senza alcun confronto e senza alcuna istruttoria, uno degli istituti fondamentali del diritto di famiglia, delle successioni, che da più di ottant'anni aveva stabilito nella tutela delle quote dei legittimari un limite invalicabile nel caso delle donazioni. Ebbene, su questa previsione la nostra riflessione è semplice: non si può fare in una semplificazione. Se si vuole modificare il diritto di famiglia, istituti che vivono da ottant'anni, si può fare con un confronto di merito, con un percorso di audizioni e di azioni che ci consenta anche qui alla Camera di poterci esprimere. Non potete modificare il diritto di famiglia senza nemmeno dirlo alle famiglie italiane.
E, poi, lo stesso ragionamento è quello che noi poniamo sulle disposizioni dell'articolo 35. Noi vi abbiamo chiesto, con i nostri emendamenti, di tutelare nella riforma dell'ACI, che avete travestito da semplificazione, almeno le lavoratrici e i lavoratori dell'ACI e di tutte quelle strutture, quelle realtà che lavorano insieme all'ACI, penso all'ACI Informatica). Abbiamo qui avuto modo di presentare un ordine del giorno, che è stato approvato dalla maggioranza, per fare sì che i tagli, i prelievi e tutte le azioni che state facendo parallelamente ai processi democratici che rivendicate altamente all'interno di ACI avvenissero senza danneggiare le lavoratrici e i lavoratori, e su questo continueremo a incalzarvi.
Però da questo punto di vista voi state facendo una riforma che lede quella che è l'autonomia di ACI, con l'obiettivo di rendere ancora più calzante, così come avete provato a fare nell'università e così come state provando a fare in ogni settore dell'agire pubblico di questo Paese, la presenza del Governo. Ora, noi non siamo d'accordo nell'andare a colpire l'autonomia di determinati soggetti in favore della presenza del Governo, però si può ragionare e discutere di tutto, ci si può confrontare e si può votare. Voi avete la forza della maggioranza, di poter imporre, ma non possiamo non avere nemmeno il luogo della discussione sulla riforma di ACI perché voi travestite anche la relativa riforma da semplificazione.
E così arriviamo alla norma sui dehors, all'articolo 50, giunto nel corso dell'esame al Senato (anch'esso aggiunto in corsa), con la quale per l'ennesima volta avete prorogato misure eccezionali che sono state adottate durante il periodo del COVID.
Anche su questo noi vi diciamo: cerchiamo su questo tema del suolo pubblico di coinvolgere in primo luogo i nostri sindaci, le nostre città, le nostre amministrazioni. Ma è possibile che una maggioranza politica, che a parole dice di difendere l'autonomia differenziata, poi calpesti l'autonomia ogni qualvolta fa una norma? Allora cosa difendete, semplicemente la differenziazione che fate con la vostra azione di Governo? Il fatto che state esasperando le differenze nel Paese, che state allontanando sempre di più i centri dalle periferie, le aree interne dai grandi nuclei urbani, cittadini di serie A e cittadini di serie B?
Se veramente credete almeno un briciolo nell'autonomia, tutti questi articoli che servono a calpestare l'autonomia dei sindaci rimangiateveli, modificateli o correggeteli, perché altrimenti veramente dimostrate - ed è un peccato per il Paese, è un problema per il Paese - che l'unica cosa che avete a cuore è una differenziazione e, ancora di più, che a decidere la differenziazione sia chi siede alla Presidenza del Consiglio, che sia il Governo a poter decidere e nessun altro; non le regioni, anche quelle guidate da voi, né i comuni, anche quelli guidati da voi.
Il Governo deve decidere chi ha e chi non ha, chi può e chi non può, che si tratti di un carico e scarico, che si tratti di un dehor, che si tratti di come può procedere l'ACI nella sua autonomia, che si tratti di tutto. Ecco, questo è per noi politicamente inaccettabile, quindi per queste ragioni di metodo e di merito non possiamo che ribadire la nostra contrarietà a questo provvedimento e il nostro impegno perché il Parlamento torni ad essere la sede piena ed effettiva del processo legislativo, nell'interesse della nostra democrazia…
…e della qualità delle leggi che consegniamo ai cittadini.