Discussione generale
Data: 
Lunedì, 29 Marzo, 2021
Nome: 
Filippo Sensi

Grazie, Presidente. Signor sottosegretario, prendo brevemente la parola in Aula per illustrare questo provvedimento, la cosiddetta legge europea, uno dei due, sui quali, come si dice in gergo, tocchiamo palla, noi della XIV Commissione. E non lo dico come rivendicazione di un ruolo malinteso. E ci starebbe, Presidente, perché la Commissione della quale mi onoro di far parte sconta uno strabismo di fondo. A fronte di una dimensione, quella europea e, più segnatamente, della normativa e delle istituzioni europee, cresciuta in maniera esponenziale, sempre più centrale nel processo legislativo, nella conversazione pubblica, nella grana delle vite di ognuno di noi, la XIV Commissione - so di dire qualcosa di discutibile, disputabile, sicuramente di non condiviso da tutti i parlamentari che ne fanno parte e che ringrazio, come gli uffici, per il lavoro svolto su questo disegno di legge - resta un po' negletta, marginale, a rimorchio, come dire (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, MoVimento 5 Stelle e Forza Italia-Berlusconi Presidente), costretta a trovare voce e peso quasi solamente in occasione dell'approvazione di provvedimenti omnibus, come la frittata di maccheroni che discutiamo oggi. E credo sia davvero un peccato, un languore, un mucchio di spese impilate, come scrive il poeta, anche perché, se poi si prende la briga di esaminare un po' da vicino la legge in oggetto, come siamo tenuti a fare noi qui, alla faccia dell'omnibus! Perché, nei 35 articoli di cui si compone il provvedimento, ci sono questioni capitali, che, come ha ricordato la relatrice Ianaro, spaziano dalla libera circolazione di persone, beni e servizi, alla fiscalità e agli inevitabili temi sanitario-energetici, con la chiusura di 12 procedure d'infrazione, l'attuazione di 11 regolamenti europei e la corretta attuazione di direttive già recepite, a ricordarci quanto il punto della execution, della messa a terra del lavoro parlamentare, perché viva e penetri nelle giornate di ognuno di noi, sia nodale. E ce ne accorgeremo ben presto con Next Generation EU, la più colossale prova di maturità - che Dio ci aiuti! -, alla quale siamo chiamati a corrispondere da alcune decine di anni a questa parte. Verranno più effetti - esagero un filo - dall'approvazione di questa legge europea qui - effetti concreti dico, pratici, minuti - che da pile di altri provvedimenti meno “bastardi”, celebrati dalle gazzette, appuntati come distintivi da politici a caccia di elettorato, ridicolmente contesi, per la loro paternità o maternità, da leader peones che siamo, pigiati di fondi strappati a Ministeri, mai bastevoli ovviamente. Mi permetta, dunque, un orgoglio da robivecchi, la soddisfazione della trouvaille e l'intelligenza della pietra di scarto.

Beninteso, personalmente sono un fanatico della delegificazione. Sogno un Parlamento che, invece di normare e normare in un horror vacui, che, a mio avviso, è causa della paralisi in cui agonizziamo, passi più utilmente il suo tempo in levare, asciugando, semplificando, disboscando, sfrondando, e non ad aggiungere, ad accumulare, a far coincidere l'esistente con il normato, l'irragionevole che insegue l'immangiabile, secondo il fulminante distico che impallinò la caccia alla volpe. Ecco, su questo si apre un dibattito dottrinale giuridico, direi filosofico, fondamentale, dal quale mi ritraggo per manifesta inferiorità e non per mancanza di tempo, ma che mi permetto di mormorare, perché, come si dice con un sussiegoso truismo, resti agli atti, come se restare agli atti facesse una qualche differenza, che probabilmente fa, chissà. Sogno, Presidente, un Parlamento che lavori, non meno, di più, a togliere leggi e non ad accatastarne, a razionalizzare e migliorarle e comunque a rendere le poche approvate funzionanti, subito disponibili e cogenti, approvate e in vigore, non vaghi e interminabili regolamenti attuativi di estenuanti livelli di controllo.

Sogno leggi auto-applicative, senza l'infinita serie di passaggi, che, certo, fa di una democrazia una democrazia, ma anche di una democrazia malfunzionante qualcosa di meno di una democrazia, a meno che non si assuma - può essere - che il malfunzionamento sia parte organica e, magari, senso e missione stessa di una democrazia, secondo una retorica dell'incompiuto, che pure ha una sua nobiltà e i suoi maggiori. 

Ma lasciamo da parte i sogni e queste mie fole e concentriamoci su alcuni punti della legge europea, due in particolare, tra i tanti - dai succhi di frutta alla marcatura delle armi da fuoco -, che potrebbero far sorridere i distratti, ma che, in realtà, hanno conseguenze rilevanti su settori produttivi di importanza - com'è che si dice oggi? - strategica per la nostra economia. 

E, allora, mi premono quelli sul tema del lavoro e della circolazione dei lavoratori, ma anche sui permessi di soggiorno e sull'ingresso di stranieri, che registrano una visione dell'Unione come un organismo vivente e non come uno shangai di steccati, un dedalo di palizzate, una gabbia di diffidenze. Lontani i tempi del famigerato idraulico polacco - se lo ricorda, signor sottosegretario? -, a riprova del fatto che, pur sotto la coltre oppressiva della pandemia, l'Europa debba pensarsi e rappresentarsi come uno spazio aperto - questa parola che suona così oscena oggi, fuori contesto - e che esattamente questo carattere corrisponde alla sua identità più profonda, all'opposto di quanto affermino, con sicumera fortunatamente declinante, nazionalisti e sovranisti in giro per il mondo e anche da queste parti, all'opposizione, ma anche in maggioranza, ahimè. 

Penso, ad esempio, all'articolo che regola le prestazioni sociali accessibili ai cittadini di Paesi terzi, gli assegni di maternità e il bonus bebè, insomma quell'insieme di strumenti che fanno dell'Italia un Paese civile e non una spoglia frontiera, una cupa trincea da presidiare nella speranza che arrivi un comodo nemico a risolvere i nostri problemi, le nostre mancanze, le nostre incoerenze e contraddizioni. O ancora, in materia di subappalto - mi associo alla collega Rossini -, in un difficile bilanciamento tra l'esigenza di viaggiare spediti nella realizzazione delle infrastrutture di cui ha bisogno il nostro Paese e la necessità dei dovuti controlli per evitare di ingrossare la criminalità organizzata, ragion per cui è indispensabile non deflettere dalle attività rigorose di lotta contro la corruzione e le mafie dai cantieri senza, però, che venga penalizzato il sacrosanto diritto dei cittadini di avere finalmente un Paese degno di questo nome dal punto di vista della rete di opere pubbliche, di cui, ri-ahimè, drammaticamente manchiamo; che sia, pertanto, un processo di responsabilizzazione più snello e aperto a provvedere le soluzioni adeguate, secondo quanto indicato dal provvedimento in esame.

Mi fermo qui, Presidente, dopo un discorsetto sul metodo che pareva un paradosso - magari lo era - e la sbrigativa illuminazione di un paio di passaggi, che spero rendano giustizia e merito alla sopracitata frittata di maccheroni della legge europea. Rovine, reliquie, rarità, robaccia, luoghi inabitati e tesori nascosti, come diceva Francesco Orlando quando ero piccolo. Si sarebbe detto, di un omnibus non si butta via niente: chissà che non avessimo capito tutto o niente, appunto, come al solito.