Discussione generale
Data: 
Lunedì, 29 Aprile, 2024
Nome: 
Maria Cecilia Guerra

A.C. 1665

Grazie signora Presidente, abbiamo sentito parlare molto di autonomia in quest'aula, dimenticando sempre che non parliamo di autonomia, parliamo di autonomia differenziata e quanta ambiguità c'è in questo contesto a richiamare un nobile, nobilissimo concetto, quello della autonomia, quella vera quella per cui ci siamo sempre battuti noi del Partito Democratico.

Autonomia, nel significato vero, significa responsabilizzazione nei confronti dei cittadini che si amministra, significa rivendicare la possibilità di avere dei margini di discrezionalità sulle scelte di spesa, ma al contempo farsi carico della responsabilità di raccogliere quelle entrate che sono necessarie per dare risposta alle scelte che sui territori possono essere differenziate e ai bisogni che sui territori possono essere differenziati.

Questa autonomia si finanzia, come ci dice anche la legge sul federalismo fiscale, con dei tributi propri e, quindi, proprio con questa responsabilità nei confronti dei propri cittadini. La possibilità di scelte differenziate deve però, in questo contesto, partire soltanto quando si è garantita la solidità dei diritti di cittadinanza, che devono essere garantiti e quindi anche finanziati, in modo uniforme, su tutto il territorio nazionale, al Sud come al Nord, nelle isole come al Centro, nelle aree interne come nelle grandi città. Autonomia significa consapevolezza che i diritti dei cittadini, i livelli essenziali delle prestazioni, devono essere finanziati con i contributi di tutti, con il fondamento della nostra Costituzione all'articolo 53, che dice, appunto, che tutti concorrono, secondo la propria capacità contributiva e secondo il principio di progressività.

Qui, invece, in questa autonomia differenziata cosa si vuole fare? Si pretende un'autonomia senza responsabilizzazione, un'autonomia che mi dà la possibilità di spendere, senza che io mi debba far carico di finanziare la maggiore e diversa differenziata spesa, un'autonomia finanziata con i tributi degli altri, cioè con i tributi nazionali erariali che vengono appropriati da un singolo territorio, che non ha responsabilità sulle aliquote, che non ha responsabilità sulla base imponibile, che non decide e non si batte per contrastare l'evasione. Un territorio, quindi, che incassa, senza pagare il costo di imporre il prelievo. Troppo comoda questa autonomia, sarà quella che piace alla Lega, non al Partito Democratico. La forma di finanziamento che viene, infatti, proposta per tutte le materie differenziate, sia che siano dentro i livelli essenziali delle prestazioni, sia che siano fuori, è una compartecipazione ai tributi erariali, una forma di finanziamento che sottrae risorse, che potrebbero essere anche decisive per il bilancio dello Stato, e le affida, il quantum e il come, a una negoziazione fra lo Stato e la singola regione.

Questa impostazione è coerente con l'idea, che è sempre stata propria della Lega, quella del residuo fiscale, l'idea sbagliata che racconta che oggi alcuni territori, generosamente, stanno finanziando con il loro sudore, con i loro tributi le altre regioni più povere e più sfaticate. Una visione assurda, non si parla di tributi territoriali. Stiamo parlando di compartecipazione a tributi nazionali e la redistribuzione pure blanda che con essi viene attuata non è fra territori, ma fra individui, fra cittadini di uno stesso paese, all'interno dei territori, così come fra cittadini di territori diversi! Il concetto di residuo fiscale per giustificare i trasferimenti e appropriazione di gettito è stato più volte dichiarato incostituzionale dalla Corte Costituzionale. Eppure i colleghi della Lega che hanno evocato questo criterio oggi sembrano ignorare la Costituzione, non una cosa da poco per dei parlamentari della Repubblica.

Secondo la nostra Costituzione, aggiungo, lo Stato ha potestà esclusiva sul proprio sistema tributario e contabile. Qui, in questo disegno di legge, lo ripeto, abbiamo tributi nazionali, su cui lo Stato avrebbe potestà esclusiva, che sono appropriati da singoli territori sulla base di criteri da loro stessi non negoziati e questo comprometterà l'equità del sistema pubblico e soprattutto la funzione redistributiva del prelievo. Continuiamo a ragionare sul tema del finanziamento, che è un buon modo per vedere le caratteristiche di questo progetto, che dal punto di vista economico e politico mi azzardo a definire progetto criminale, perché se realizzato comporterà la balcanizzazione delle risorse pubbliche, lo sbriciolamento del Paese, l'acuirsi delle diseguaglianze!

Il tema sembra tecnico, ma non è difficile da capire, vediamolo distintamente per le materie che riguardano i livelli essenziali delle prestazioni e quelle che non li riguardano. Le materie che non riguardano i livelli essenziali delle prestazioni potranno essere immediatamente devolute, è la prima cosa che succederà, il primo allarme. Queste materie richiedono risorse, ma cosa vuol dire risorse? Risorse umane? Strumentali? Finanziarie? Decise sulla base di quali criteri? Insisto: non esistono i criteri. Il disegno di legge non li dice. Quindi, è una singola regione che va a contrattare i suoi personali criteri, che possono essere diversi domani da quelli utilizzati per la stessa funzione da un'altra regione, magari guidata da un altro partito politico. Pensate sia facile spezzettare le materie e distinguere, per ciascuna delle centinaia di funzioni differenziate fra LEP e non LEP, qual è attualmente la spesa, il personale e le risorse strumentali relative per renderla possibile? Vi sfido, ditecelo ex ante, ditecelo prima che il gioco parta come dividete la spesa nazionale, le risorse strumentali il personale tra centinaia di funzioni per ogni singola regione e vediamo se ce n'è per tutti. Non è possibile e per questo non avete stabilito criteri. Il criterio più plausibile da applicare sembra essere quello della spesa storica. Udite, udite, il Ministro Calderoli, la Lega, torna alla spesa storica contro cui si è battuto per una vita. Non sappiamo se sarà così, ma quello che è certo, come dicevo, è che le risorse verranno decise dalle singole intese. Le regioni differenziate si portano via un pezzo di risorse, le mettono al sicuro da ogni valutazione di perequazione, di necessità collettiva per la promozione dello sviluppo del Paese. Certo, a bocce ferme, il disegno di legge dice che questa situazione non deve peggiorare le risorse delle altre regioni. Se così fosse, si prefigurerebbe la totale ingessatura del bilancio attuale, con le sue sperequazioni e soprattutto senza alcuno spazio per dare priorità ai diritti di cittadinanza e ai livelli essenziali delle prestazioni, che oggi soffrono dentro questo bilancio. La regola è molto chiara: ciak, si gira, pronti, al via! Primi arrivati, prima serviti e gli altri si arrangiano. È una corsa truccata, spudoratamente truccata, perché alle tre regioni che hanno fatto le vecchie intese viene data priorità, nonostante le loro intese fossero state discusse in un contesto normativo diverso. Lo ripeto, in questo contesto, il finanziamento delle materie LEP si inserisce in un contesto già compromesso dalla sottrazione di risorse operata dalle regioni differenziate o meglio in un contesto che cristallizza, con il principio della spesa storica, lo status quo dove i LEP non esistono, non sono garantiti. Le regioni differenziate mettono in salvo le risorse sui non LEP e poi hanno uguali pretese sui LEP. Non c'è nessuna garanzia sulle compatibilità finanziarie. Cosa succede nel tempo al finanziamento delle materie non LEP così devolute? Non lo sappiamo, non c'è un monitoraggio, non c'è una verifica e quello che succederà è quello che ci aspettavamo che succederà e cioè che le regioni più ricche si portano a casa una compartecipazione che avrà una dinamica superiore rispetto alle spese che devono finanziare e si approprierà dell'extragettito, quello che da sempre le regioni più ricche del Nord vogliono.

Vediamo invece cosa succede ai LEP. Diversamente da quanto avviene sulle materie non LEP, sulle materie LEP nel disegno di legge c'è un'attenzione quasi maniacale al condizionamento finanziario. I LEP vanno avanti solo se si trovano le risorse per finanziarle. Non possono trovarle, perché i soldi non possono venire da una ricomposizione di un bilancio pubblico monco, tagliato e regalato ad altri. Non vedranno la luce e la storia la conosciamo. Abbiamo visto la difficoltà dei LEP e delle funzioni fondamentali nei comuni, in cui abbiamo calcolato i fabbisogni e i costi standard, una cosa bellissima, e poi li finanziamo solo per una percentuale. Lo vediamo nei LEA dove il finanziamento è deciso a monte e non è affatto detto che sia adeguato a coprire i livelli essenziali, che pure sono stati definiti. Allora si metteranno le regioni differenziate con un tipo di finanziamento dei LEP che dovrebbero essere omogenei ed uniformi su tutto il territorio, quindi finanziati con le stesse difficoltà le stesse caratteristiche. No, i LEP saranno finanziati per le regioni differenziate con una compartecipazione al gettito erariale e gli altri con quelle che restano e andranno avanti con le attuali designazioni con tutti i limiti che abbiamo detto. Perché? Questa è la domanda. La deputata Bordonali prima evocava con la sua maglietta il “Vento del Nord”, ma non è il vento del Nord quello che fischia nel Paese. Quando fischia il vento e infuria la bufera, la nostra risposta è sempre la stessa “scarpe rotte eppur bisogna andar”.