A.C. 1275
Grazie, signor Presidente. Il Governo ha la forza di un mandato politico che rivendica quotidianamente, la maggioranza ha la forza dei numeri, che esercita, e spesso esercita con brutalità. Eppure, questa forza non consente di cancellare il problema che noi poniamo con questa proposta di legge; pertanto, la decisione, se non ho capito male, è quella di rinviare questa discussione. Certo, in campo c'è l'unità delle opposizioni, un fatto non sempre frequente, che spero possa allargarsi ulteriormente, una volta superati gli esami del professor Marattin, ma il nostro principale alleato - lo hanno detto i colleghi che sono intervenuti prima di me - è la realtà, perché di fronte alla realtà valgono veramente a poco gli espedienti dialettici, gli esercizi acrobatici che sono stati messi in campo come argomenti in queste settimane. Non mi riferisco a quelli palesemente comici, come accostare una normativa introdotta dalla CDU in Germania all'Unione Sovietica; o a quelli truffaldini, che mi meraviglia siano stati utilizzati anche da esponenti autorevoli di questa maggioranza, di chi sventola il taglio del cuneo fiscale come risposta alla questione del lavoro povero, come se i lavoratori non sapessero fare il conto di quanto è l'1 per cento di 600 euro; o a quelli falsi di chi dice che non si è voluto il confronto dopo quattro mesi in Commissione, sette mesi da quando sono state votate da quest'Aula le mozioni che ponevano questa questione; non mi riferisco alla nenia, spesso ripetuta con la tonalità dei bambini quando disputano nei cortili, sulla questione “ma allora perché non l'avete fatto voi”.
La collega Tenerini in qualche modo ha dato conto dei miei sforzi dialettici all'interno di un Governo in cui si doveva cercare un'intesa tra le forze sociali e contemporaneamente un'intesa tra le forze politiche, ma se anche non consideraste come esimenti sufficienti la più grande pandemia che ha colpito questo Paese in questo secolo, e un Governo di larghe intese, e se anche dimostraste che noi non siamo stati all'altezza della situazione, voi non dimostrereste che la proposta che noi oggi poniamo è inutile.
Perché l'inflazione galoppa e si è mangiata il 6 per cento del potere d'acquisto dei lavoratori in sei mesi, perché è aumentato il lavoro povero, e perché c'è un dato strutturale sul quale invito tutti i colleghi a riflettere: quell'1,1 per cento di crescita del PIL è dovuto a una crescita dei servizi, in particolare del turismo, ma contemporaneamente a un processo di deindustrializzazione del Paese che va avanti, e questo significa che il tema del lavoro povero rischia di diventare strutturale e riguardare sempre di più una fascia ampia dei lavoratori italiani.
E' commovente, davvero commovente, la vicinanza al sindacato e la sollecitudine e la preoccupazione per il rischio di indebolire la contrattazione, ma chi vuole utilizzare questo argomento spesso spiega troppo, perché quando ci ricorda che oltre il 90 per cento dei lavoratori italiani è coperto dal contratto (quasi il 95, se non sbaglio) dimentica di dire che un quinto dei lavoratori coperti dal contratto sono poveri. Ciò significa che la contrattazione non esercita più la funzione che ha svolto, la funzione aurea della crescita del capitalismo italiano. Non dovete ricordare a noi che il sindacato è importante: noi abbiamo militato nel partito di Luciano Lama, di Trentin, abbiamo costruito un partito anche su un'intuizione di Franco Marini, non ce lo dovete spiegare, ma dovete riflettere sul fatto che il lavoro povero è più forte nel Sud e nelle isole, nelle microimprese, nei servizi, cioè dove il sindacato non c'è o spesso è troppo debole per spuntare salari migliori: è per questo che noi vogliamo aiutare la contrattazione. La collega Guerra ha spiegato benissimo come la nostra proposta integri la contrattazione e non punti a indebolirla.
Però dobbiamo dirci una verità: non è vero che il lavoro povero riguarda soltanto i lavoratori poveri, e non per una questione etica. La cattiva contrattazione condiziona anche la buona contrattazione. E dovremmo usare questa discussione per togliere un po' di ipocrisia. È vero che ci sono imprese associate a grandi centrali che applicano buoni contratti, ma i profitti di quelle imprese spesso si realizzano grazie alla catena di fornitura e di subappalti di aziende che applicano dei contratti pirata.
Affrontare questo tema insieme, con ragionevolezza, non è solo affrontare il tema del lavoro povero, è affrontare complessivamente uno degli elementi di distorsione della dinamica salariale nel nostro Paese. Questo non significa criminalizzare le imprese. Ci sono imprese rapaci, perché chi applica 5 euro, 4 euro, in settori come il turismo, che in questo momento hanno un boom storico, può essere qualificata solo come impresa rapace. Ma ci sono anche imprese di servizi, che lavorano con la pubblica amministrazione e che sono costrette ad applicare quei salari. Allora io prendo per buona la proposta dell'onorevole Zucconi: firmiamo insieme una proposta di legge che cancelli il massimo ribasso dagli appalti della pubblica amministrazione. Subito: fermiamoci in transatlantico e scriviamola insieme!
E poi ci sono imprese povere, perché non si sono modernizzate, perché non sono cresciute e perché non si sono internazionalizzate. È per questo che noi siamo così tanto preoccupati del fallimento del PNRR: perché riteniamo che la risposta sia anche nelle politiche industriali. E noi siamo d'accordo a mettere insieme il tema delle politiche salariali al tema della competitività e delle politiche industriali. Facciamolo. Se il tempo che vi prendete per riflettere può servire anche a mettere insieme questi due piani, utilizziamolo. Però il tempo non aiuterà a risolvere questo problema. Se vogliamo discutere a 360 gradi, discutiamo di questo, discutiamo di come riformare la governance delle imprese, prevedendo anche la possibilità della partecipazione dei lavoratori alle decisioni fondamentali delle grandi imprese, in una fase in cui le transizioni cambieranno l'organizzazione del mondo del lavoro.
Però, una preghiera. La preghiera è questa: risparmiateci, per favore, a questo punto, le tirate contro le multinazionali, le piattaforme e le banche. Avete usato il decreto Lavoro per cancellare gli obblighi di trasparenza delle piattaforme nei confronti dei lavoratori. Vi siete insediati e, mentre cancellavate il reddito di cittadinanza, avete fatto un maxi sconto ai player energetici che dovevano far pagare gli extraprofitti. E ieri, con il favore del crepuscolo - direbbe la vostra leader - avete fatto una dilazione dei tempi che consentirà, agli stessi a cui avete fatto lo sconto, di non pagare oggi, ma di pagare a novembre. Rischiate di regalare l'Ilva a una multinazionale indiana e oggi state ancora riflettendo su una proposta che noi vi abbiamo avanzato, che speriamo possa diventare oggetto della discussione di quest'Aula e che riguarda, a proposito di finanziarizzazione, come tassare gli extra profitti delle banche.
Ecco, noi siamo disponibili a confrontarci su questo, perché in fondo questo confronto non riguarda soltanto il lavoro povero, riguarda una domanda fondamentale, cioè se l'Italia vuole competere nel mondo perché fa svalutazione del lavoro e dumping salariale, o perché è in grado di migliorare le proprie produzioni e migliorare la propria capacità di stare oggi nelle nuove catene del valore. Questa è la domanda complessiva che noi vi poniamo. La risposta non può essere la polemica, non può essere l'aggressione, non può neanche essere semplicemente il tentativo di delegittimare gli interlocutori, perché, se anche ci riusciste, il problema è che potete anche convincere i vostri compagni di partito, ma non convincerete gli italiani che non arrivano alla fine del mese.