A.C. 1324
Grazie, Presidente. È indubbio che alcune delle considerazioni degli argomenti che stanno alla base di questo provvedimento possono trovare anche una certa condivisione perché difendere la produzione italiana, difenderne la qualità, la sicurezza, la tracciabilità, tutto quello che accompagna una considerazione internazionale riguardo la nostra produzione è un fatto che ci riguarda tutti, ci mancherebbe altro. Farlo significa attivare delle politiche che sappiano davvero conservarne la qualità e soprattutto i motivi che hanno portato ad avere questa qualità e anche proteggerla da chiare speculazioni che caratterizzano alcuni mercati, alcune produzioni, l'italian sounding che tutti ben conosciamo e che ci porta ad essere, da un certo punto di vista, oggetto di invidia e nello stesso tempo oggetto anche di pericoloso assalto. La riflessione che andrebbe fatta proprio per fare una difesa vera è comprendere cosa sta effettivamente avvenendo in queste in queste filiere. Capire che tipo di sostegno diamo a questa qualità di produzione e a chi la fa comprendere, per esempio, come alcune produzioni di nicchia (penso alle zone della montagna, in particolare) abbiano bisogno di politiche più attente, dove accanto al benessere animale c'è da fare una grande attenzione al benessere delle persone che svolgono questo tipo di attività. Qui ci sarebbe da discutere sulla qualità di servizi sugli interventi nelle zone montane o comunque interne, su quanto poco si fa verso il prestare attenzione e rispetto a questo tema, che significa scegliere di continuare alcune attività e rimanere dove queste attività hanno trovato radice e crescita. Significa anche affrontare, per esempio, il tema altrettanto importante della sicurezza e della salute, laddove, non dimentichiamo, che il pericoloso processo di involuzione del nostro sistema sanitario, se ne parla molto in termini di medici di medicina generale, di presidi territoriali tutte cose vere che hanno che fare con le persone di cui parlavo prima, ma che non sufficientemente affrontiamo nel tema per esempio della veterinaria dove non dimentichiamo che è soggetta anch'essa a un crescendo di difficoltà nel mantenere un presidio territoriale e anche un rapporto corretto e virtuoso su questo tipo di attività e di produzione. Sono tutte riflessioni che - ahimè - non vengono fatte ma vengono rimandate e riassunte con provvedimenti come questi che tentano, attraverso una facile lettura demagogica, di dare un rimando, una comunicazione esterna, quasi che ci sia da difendersi da un mondo brutto e cattivo che ci vuole annientare, sostituire una qualità consolidata di cui prima parlavo con un futuro artificioso che nulla ha a che fare con la natura, la semplicità e anche qualità che noi andiamo, a parole, a difendere.
Ora io credo che due sono le considerazioni che vanno fatte. La prima. Come ci poniamo con il contesto europeo? È già stato detto molto bene dal collega Vaccari per primo, ma anche da altri interventi ed è inutile che vada a ripetere. Vorrei semplicemente ricordare che proprio il tema della qualità e della difesa delle nostre produzioni hanno trovato spesso in Europa delle alleanze molto forti e anche delle decisioni e delle normative che ci hanno portato poter avere il livello di qualità che abbiamo. Lo dico perché prima il collega Della Vedova citava la vicenda metanolo, ma potremmo citarne anche altre dove, spesso e volentieri, quelle che sono state delle indicazioni europee hanno portato a delle correzioni all'interno della nostra normativa e delle nostre consuetudini, che ci hanno fatto particolarmente migliorare.
Quindi pensare di poter agire, legiferare e far qualcosa aggirando un'indicazione europea significa fare proprio una scelta di bassissimo profilo che, probabilmente, ci porterà a rivivere stagioni che, ahimè, abbiano già vissuto dove in Europa l'agricoltura italiana, quindi anche l'allevamento, è stato veramente considerata come un qualcosa di serie B rispetto ad altri territori ed altre nazioni. Non dimentichiamo mai che solo grazie all'azione autorevole di alcuni esponenti (fra tutti voglio ricordare Paolo De Castro) che siamo riusciti a rivendicare e difendere una particolarità tutta italiana nel confronto di altre situazioni. Ecco che allora avere con l'Europa un rapporto virtuoso e chiaro è un fatto sicuramente indispensabile. Creare tensioni, creare sanzioni, insomma quel senso di mancanza di fiducia, di trasparenza, di rapporto lineare, lo vedo particolarmente pericoloso e anche, nel lungo o breve periodo, dannoso per la filiera stessa. Ma il secondo aspetto su cui, indubbiamente, io credo vada fatta una seria riflessione è comprendere qual è la sfida che abbiamo davanti, che non è una sfida semplice ma è particolarmente complessa. Tenere assieme i due aspetti che possono sembrare fra loro confliggenti ma che invece devono trovare un punto di caduta e anche - oserei dire - di armonia fra di loro. Quella che è la difesa di un presente, che è fatto di tradizione e di quanto viviamo nel nostro nel nostro Paese nella produzione come bene è stato anche evidenziato dagli interventi che mi hanno preceduto, con gli scenari futuri, che devono partire da una lettura non di facile demagogia ma di profonda analisi. dove - per dirla in poche parole - bisogna coniugare un rapporto corretto tra cibo e natura e ancora di più risolvere la domanda di fondo, anche questa non semplice, di come produrre di più per alimentare un mondo che è in deficit di alimenti perché il mondo non è solo il nostro microcosmo o la pozzanghera che abbiamo fuori dalla porta di casa, ma qualcosa di più, di più complicato con le implicazioni che ben conosciamo e hanno anche a che fare con fenomeni che poi in altri momenti osteggiamo o affrontiamo anche quelli in maniera demagogica. E riuscire a produrre di più, oserei dire, consumando di meno, cioè riducendo l'impatto della produzione sulla qualità dell'ambiente, con tutto quanto ne consegue. Non è questo il momento di fare letture secondo me troppo scientifiche o analitiche, ma è il momento di porci la domanda di come affrontare questo. Allora, noi pensiamo davvero di poter risolvere questo problema e dare una risposta a queste domande con un provvedimento che, per titoli, vuole difendere l'esistente, il nostro mondo?
Nella sostanza pensate davvero che si possa fermare un mondo che cambia, la scienza, quello che è un processo in corso e che si possa anche, con facili parole, relegare quasi a banalità anche quanto scrivono e dicono scienziati che hanno dedicato la vita allo studio di queste cose? In realtà, rimarrà scritto come un atto parlamentare un intervento che non avrà alcun effetto, perché per certi processi o si ha la capacità di coglierne l'essenza, e anche il senso di responsabilità e autorevolezza di guidarli e ricondurli a dei percorsi condivisi, oppure si subiscono, ci travolgono, ci trovano impreparati, rendendoci davvero particolarmente deboli nei confronti della concorrenza, nei confronti di un mondo che in maniera molto veloce sta cambiando.
Allora credo che parlare di sicurezza, parlare di difesa, parlare di trasparenza, parlare di tanti degli obiettivi che pur sono per titoli enunciati, significhi fare qualcosa di profondamente diverso. Significa avere da un lato l'umiltà di ascoltare un po' di più la scienza, dando una lettura di contesto, comprendendo davvero che cosa sia la qualità, che cosa sia la trasparenza, che cosa sia la difesa della salute pubblica. Capire come difendere l'originalità, la tipicità della nostra produzione, ma senza metterla in concorrenza con inevitabili cambiamenti che danno risposta alla seconda domanda che ponevo prima, come produrre di più e permettere a tutti di potersi alimentare. Certo, correndo il rischio, prima il collega Della Vedova lo evidenziava in maniera molto evidente, di avere un modo di nutrirsi di serie A e di serie B, e forse anche di serie C.
Qui magari ci siamo un po' scomodati, anche eticamente, sul senso di uguaglianza e anche di solidarietà, forse anche di giustizia, ma sono processi, chiaramente, che vanno anche il più possibile ricondotti ad una condivisa scelta di solidarietà, ma che devono anche fare i conti con una realtà di gente che non ha di che nutrirsi e che ha bisogno di avere delle risposte, dove la scienza, il cambiamento e la ricerca possono offrire queste strade per poterle andare a raggiungere. Ma, nel concreto, cosa a mio parere andava sicuramente fatto? Andava affrontata la questione in maniera molto pragmatica, capendo nei quadri europei, in un contesto anche di mercato e di concorrenza che dobbiamo reggere come Europa, quali erano i paletti, quali erano i punti da andare a fissare.
Qui vorrei ricordare, ancora una volta, l'opera di De Castro riguardo a questo tema, con emendamenti, con proposte, con indicazioni ben chiare, che a mio parere avevano delineato una cornice particolarmente interessante nella quale avremmo potuto muoverci, e farlo creando anche quel rapporto, molto necessario, sicuramente utile, con le realtà produttive del nostro Paese, perché non mi sfugge, e torno a quanto detto all'inizio, che garantire un certo tipo di produzione sui territori, specie in quelli marginali, significa, oltre che un fatto economico di assoluta rilevanza, anche lavorare per una difesa e una tutela del territorio stesso.
Perché, se c'è una scommessa e una sfida da cogliere in questo momento, è come riuscire a fare sì che tutto questo non si involva, ma mantenga anche questa caratteristica storica di presidio territoriale. Per farlo dobbiamo essere in grado di applicare norme e anche forme di sostegno non banali, che non possono che trovare nell'attenzione del livello nazionale e anche nei livelli regionali dei giusti provvedimenti.
Ma, accanto a tutto questo, dobbiamo anche comprendere con questi mondi, che a onor del vero - mi rivolgo a lei, Presidente, per dirlo al Ministro - non sono così compatti, perché anche nel mondo delle rappresentanze agricole non tutti hanno la stessa posizione, anzi, hanno delle posizioni anche molto diverse fra di loro, come poter affrontare il tema, quali sono le misure davvero efficaci per difendere, non per titoli, il passato, ma per difendere alcuni valori del passato e del presente in una proiezione futura che, comunque la pensiamo, porterà cambiamento.
Perché a volte noi pensiamo sempre che quello che viviamo sia un fatto granitico, fissato nel tempo, che non ha subito cambiamenti, ma, se andiamo a dare una lettura attenta nel mondo dell'agricoltura, molto è stato detto, non voglio ripeterlo, ha subito processi di trasformazione, grazie appunto alla scienza, incredibili, più di quanto siamo consapevoli e ci rendiamo conto. Penso che la strada sia quella di creare un'alleanza nel Paese tra produttori, tra tutti i produttori, quelli che magari vivono meno politicamente le questioni, ma più praticamente nel loro quotidiano, e tra le forze politiche, e costruire magari in Europa un asse, mi verrebbe da pensare tra i Paesi mediterranei, che hanno una cultura e una visione anche del cibo diversa, per esempio, da quella del Nord Europa.
Non per creare anche da questo punto di vista degli scontri, ma per creare dei virtuosi confronti, che devono portare a delle sintesi che abbiano un qualche significato. Ci piacerebbe, quindi, un atteggiamento meno propagandistico da parte del Governo e anche dalle forze di maggioranza, a favore di una visione di insieme più orientata alla reale tutela delle nostre produzioni, sia quelle di qualità e tipiche, sia quelle di sostegno al fabbisogno alimentare, come dicevo. Meno ideologia e più pragmatismo.
Ho sentito dire da parte di esponenti della maggioranza quasi l'atteggiamento pilatesco dell'astensione. No, molto semplicemente si vuole da un lato far comprendere come alcuni degli obiettivi così ostentati siano gli obiettivi che ci interessano e ci riguardano, e anche ci scomodano nelle scelte. Pensiamo, come Partito Democratico, di avere sempre fatto il nostro dovere con esponenti autorevolissimi, per la terza volta cito Paolo De Castro, che in Europa penso sia considerato la figura che può rappresentare questo mondo italiano in Europa, parlando a voce alta e ottenendo l'ascolto di tutti, ma anche con esponenti parlamentari, non ultimo l'amico e collega Stefano Vaccari, che sanno ben rappresentare i bisogni di questi mondi.
Ma anche con la necessità di prendere le distanze, ripeto, dalla demagogia di questo provvedimento, dal fatto che si voglia, per titoli, fare una cosa, ma nel contesto fare ancora una volta la voce grossa, mostrare i muscoli riguardo una presunta difesa di originalità nazionale che credo abbia poco respiro e anche poca prospettiva, perché la difesa vera della propria identità significa innanzitutto conoscerla nel suo profondo valore, e quindi capire cosa vuol dire farlo, ma metterla anche in gioco in un contesto di condivisione e di confronto, dove, e chiudo, come ho già detto prima, la scienza e la ricerca non sono il nemico, ma sono gli strumenti per reggere le sfide del futuro.
Vanno governate con provvedimenti capaci di coglierne l'essenza e determinare dei paletti, non con provvedimenti che con facile demagogia pongono semplicemente i divieti, prevedono sanzioni, e magari la vera, unica sanzione che saranno in grado di portare a casa sarà quella dell'Europa, perché, ancora una volta, facciamo finta di non conoscere delle scelte generali che abbiamo assieme deciso di darci.