Grazie, Presidente. Signora Ministra, onorevoli colleghi, ci sono momenti nella vita di un parlamentare in cui si prova un certo imbarazzo nello scoprire che alcuni aspetti vitali della società, della cultura o dell'economia del Paese sono regolati da norme che risalgono a decenni fa (in questo caso, si può anche dire un secolo), mai riviste e mai modificate. E' il caso che affrontiamo oggi: l'abrogazione, come hanno detto i colleghi, di una parte di questo regio decreto del 1933, una legge di 88 anni fa. E' superfluo rimarcare come, in questo lasso di tempo, davanti a noi - e potremmo dire anche dentro di noi - tutto sia cambiato. Ora, è giunto il momento di muovere le carte, credo che siamo tutti d'accordo su questo. Approdiamo qui, dopo un intenso lavoro già iniziato nella scorsa legislatura proprio con una particolare iniziativa da parte del mio partito - il PD -, anche sulla base di sollecitazioni provenienti dall'Unione europea, che ci chiedeva quali fossero i motivi del disallineamento del nostro sistema rispetto agli altri Paesi europei, perché ai nostri giovani fossero date meno opportunità. Il PD, allora, colse l'urgenza della riforma e propri parlamentari presentarono proposte di legge; quelle stesse proposte poi condivise in Commissione con gli altri gruppi politici che, a loro volta, si erano mossi nella stessa direzione. Quindi, una sensibilità comune risalente. Questi i motivi del voto unanime che abbiamo avuto in Commissione: tutti i partiti d'accordo e, pertanto, oggi ci presentiamo in Aula con questo provvedimento votato già da tutti.
A noi, quindi, oggi spetta il compito di superare gli steccati, divieti ormai incomprensibili, veri e propri tabù. Il diritto alla conoscenza e al sapere, il progresso scientifico, che sono capisaldi della nostra Carta costituzionale, oggi richiedono che quell'antico steccato, quel divieto così lontano nel tempo sia superato, che si guardi oltre, che si diano nuove regole a un settore così strategico per il nostro presente e per il nostro futuro, come quello delle università e della formazione accademica. La possibilità che offriamo ai nostri giovani con questo provvedimento è, dunque, quella di scegliere in libertà e di sviluppare, nella multidisciplinarietà e nella contemperazione tra varie branche della conoscenza, quella capacità di sviluppare ed elaborare competenze multiple, quelle competenze che tanto sono necessarie nella complessità in cui viviamo. Sì, la complessità del nostro mondo, la complessità propria della nostra vita, un mondo che è così interconnesso, al punto da rappresentarne uno degli elementi intrinsecamente costitutivi. Questa complessità si può affrontare solo attraverso una formazione elastica, poliedrica, che si componga di competenze e profilazioni anche apparentemente distanti tra loro, ma in grado di generare nuovi profili professionali, che interpretino al meglio le esigenze della modernità. E' quello che diceva prima la collega e che anche gli altri colleghi hanno detto: è evidente che c'è bisogno di qualcosa in più.
Quindi, serve flessibilità - questo ce lo diciamo sempre –, serve apertura, serve uno sguardo oltre, serve coraggio e serve, infine, che ci adeguiamo al resto dei Paesi con cui ci confrontiamo più direttamente, a partire dall'Europa ovviamente.
Con la norma che approviamo oggi offriamo, quindi, nuove opportunità a chi volesse coglierle. Nessuno obbliga nessun altro a iscriversi contemporaneamente a due corsi di laurea, ma nessuno finalmente può impedirlo ai nostri ragazzi, e questo è il dato, la grande novità e finalmente la bellezza anche, devo dire, di questo provvedimento.
E' un provvedimento anche semplice, non abbiamo impiegato tantissimo, nonostante i tempi lunghi e i tanti Ministri che si sono succeduti; tanti Ministri che comunque hanno concordato su questo. Adesso, con la Ministra Messa, siamo arrivati a conclusione.
Devo dire che siamo in un periodo molto fecondo di riforme del nostro sistema formativo - scuola, università, alta formazione - grazie al lavoro del Governo e del Parlamento, come in questo caso. Come sapete, colleghi, negli ultimi mesi abbiamo votato norme - e presto ne voteremo altre - che stanno cambiando l'assetto del settore. La logica - e credo che il Ministro la condivida, così come i colleghi della mia Commissione - è quella di dare al sistema formativo italiano la necessaria rilevanza in quanto leva essenziale per lo sviluppo del Paese: prova ne sono i tanti finanziamenti del PNRR dedicati al settore. Però, il sistema richiede un ripensamento organico di visione ed è proprio questo l'obiettivo che, come Partito Democratico, stiamo condividendo con il Governo. Da questo approccio nascono, quindi, le nuove leggi - le voglio ricordare - sulle lauree abilitanti, sulle classi di laurea, sui dottorati, sul reclutamento e i concorsi per ricercatori e docenti, sulla mobilità fra università ed enti di ricerca, sul sistema formativo terziario attraverso la importante riforma degli ITS. E poi vi sono gli interventi sul diritto allo studio, le nuove residenze universitarie, la lotta e la graduale eliminazione del precariato nelle università e negli enti di ricerca.
Tutti questi provvedimenti - lo ripeto - hanno un filo conduttore, ossia la volontà da parte nostra di eliminare le incrostazioni del sistema, le inutili rigidità, le norme obsolete, all'insegna della semplificazione e della flessibilità, elementi essenziali per il rilancio del sistema.
Concludo, Presidente. La pandemia, con cui ancora stiamo facendo i conti, ci ha dimostrato come sia importante la formazione multidisciplinare, come la preparazione, benché eccellente in un singolo ambito, non sia garanzia di risoluzione dei problemi. Con questo provvedimento apriamo, dunque, la strada a un nuovo modo di confrontarsi con il sapere, di approfondire, di formare e di formarsi. Questa è una buona legge, necessaria, al passo con i tempi, un approdo utile lungo la strada del progresso del nostro Paese. Per questi motivi, con convinzione, annuncio il voto favorevole del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).