A.C. 1532-bis-A
Grazie, Presidente. Intervengo in dichiarazione di voto per il mio gruppo sull'articolo 19, di cui abbiamo discusso attraverso gli emendamenti che sono stati presentati in Aula. Lo ricordo di nuovo: la pratica delle dimissioni in bianco è stata una delle prime cambiali pagate nel 2008 dal Governo Berlusconi a chi pensava che con quella maggioranza e con quel Governo si potesse tornare a sfruttare i lavoratori. È stato un regalo fatto soprattutto sulla pelle delle donne, perché le donne, per le tante ragioni che abbiamo ricordato anche oggi, sono le prime a essere costrette a firmare le dimissioni in bianco e, poi, a lasciare il loro lavoro, magari per l'arrivo di un figlio, spesso per un lavoro di cura che le costringe a occuparsi della famiglia e a sopperire a un welfare che è sempre carente.
Era un'ingiustizia a cui abbiamo messo fine nel 2015, con una legge che ripristinava regole per i datori di lavoro e che voi oggi, con questo provvedimento, siete tornati a limitare nella portata e nell'efficacia.
In Commissione siamo riusciti a far approvare alcuni emendamenti che riducono, almeno in parte, gli effetti negativi di questa disposizione, ma questo capitolo non doveva essere riaperto.
Era un capitolo chiuso, un diritto che avevamo ottenuto e che non aveva alcuna necessità di essere riaperto in questo modo, perché ridurre i tempi e i sistemi di controllo da parte degli ispettorati del lavoro diventa il modo più naturale per sfruttare, per esporre lavoratori e lavoratrici e renderli più deboli e più indifesi, soprattutto quelli più fragili. Diventa il modo per allontanare dal lavoro un lavoratore o una lavoratrice senza alcun riconoscimento di indennità, perché la nascita di un figlio, una malattia o un infortunio diventano un modo subdolo per allontanare e licenziare indiscriminatamente una persona.
Avete ripristinato, pezzo dopo pezzo, una delle piaghe più sommerse e invisibili del mercato del lavoro in Italia. Si tratta di una clausola nascosta, che prima del 2016 colpiva due milioni di lavoratrici e di lavoratori e che nell'80 per cento dei casi restava un reato taciuto e, quindi, impunito.
Insomma, in questo collegato Lavoro avete sferrato un ennesimo attacco ai diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, ma anche alle imprese sane, quelle che vogliono che la regolazione dei rapporti con i propri dipendenti e con i lavoratori sia fatta in modo trasparente, nella certezza del diritto e non dell'arbitrio. Si tratta di un passo indietro e un passo ingiustificato.
Del resto, lo abbiamo detto, questa misura colpisce lavoratori e lavoratrici, ma soprattutto lavoratrici. Come sappiamo bene, alla donna italiana, anche se madre e cristiana che lavora e che Meloni aveva promesso di difendere, viene limitato un altro diritto. Questa è la cifra che ha caratterizzato l'azione del vostro Governo. Lo abbiamo visto in quest'Aula, con una battaglia che ha visto riproporre, ancora una volta, un diritto sacrosanto, quello di una retribuzione giusta e dignitosa. Non solo avete voltato, ancora una volta, le spalle a milioni di lavoratori poveri, bocciando la proposta sul salario minimo, ma questo si va a sommare a una serie di misure sul lavoro che abbiamo visto in questi due anni di Governo: il peggioramento delle condizioni di accesso alla pensione - altro che la cancellazione della legge Fornero -, la liberalizzazione dei contratti a termine e, qui, del lavoro per somministrazione. Si tratta di misure pasticciate e del tutto insufficienti sul fronte della sicurezza sul lavoro, ne parleremo anche dopo.
Avete fatto fare al nostro Paese, ancora una volta, un salto indietro di dieci anni, perché non solo non avete un'idea per fare ripartire il Paese, ma proponete una politica economica e del lavoro corporativa e minimalista. Noi saremo sempre dalla parte opposta a difendere un lavoro dignitoso, sicuro e degnamente retribuito perché per troppe persone, oggi, il lavoro non garantisce più adeguate condizioni di vita, perché sempre più povero, più precario e più insicuro. Questo dovrebbe unire tutti noi che siamo in quest'Aula in una battaglia che ci unisce e non che vede approvare queste norme vergognose