A.C.3235
Arriva in Aula oggi un testo che ha l'obiettivo principale di introdurre nell'ordinamento italiano la legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati Innanzitutto desidero dar conto del lavoro svolto nelle commissioni congiunte Giustizia ed Affari Sociali. Abbiamo condotto una attività conoscitiva sufficientemente ampia nonostante la ristrettezza dei tempi concessi, che ha evidenziato una radicale e non componibile diversità di giudizio sulla scelta della legalizzazione, inoltre ha fatto emergere fra i favorevoli alla legalizzazione una consistente adesione alla ipotesi dell'affidamento al Monopolio legale di ogni fase – dalla produzione alla vendita della cannabis – esclusa la coltivazione personale ed associata; ed infine, per citare le criticità maggiormente evocate, è stato chiesto da tutti coloro che hanno ritenuto di entrare nel merito dell'uso terapeutico della cannabis, previsto all'articolo 6 della proposta di legge, come sia opportuno separare nettamente la normativa su tale uso da quella riguardante il cosiddetto «uso ricreazionale», ragion per cui ho ritenuto di proporre la divisione del testo affidando ad un percorso separato una disciplina adeguata per l'utilizzo della cannabis con finalità terapeutiche sull'intero territorio nazionale, raccogliendo i positivi risultati del progetto sperimentale in corso e introducendo criteri di omogeneità nella normativa approvata da numerose regioni italiane.
Questa proposta non è stata condivisa dal relatore della Commissione Giustizia e trattandosi di una proposta iscritta all'ordine del giorno ai sensi dell'articolo 24, co. 3 del regolamento nell'ambito della quota riservata alle opposizioni, si è proceduto previo disabbinamento delle altre 12 proposte di legge, con l'esame del testo n. 3235 sul quale però sono giunti quasi 1700 emendamenti il cui esame avrebbe comportato la necessità di un rinvio della odierna seduta.
È evidente che su un tema tanto complesso, che divide, è necessario condurre i necessari approfondimenti nel lavoro di commissione, è indispensabile mettersi in ascolto di quanti quotidianamente contrastano le narcomafie e con quanti curano le psicosi riconducibili al consumo di cannabis in età adolescenziale e pertanto diventa essenziale riportare il testo nella sede propria delle commissioni.
Tuttavia è opportuno cogliere l'opportunità della discussione in aula per aprire un confronto su alcuni nodi problematici che necessitano, a mio modo di vedere, di un supplemento di elaborazione rispetto al punto di sintesi al quale è giunto l'intergruppo che ha prodotto il 3235, noto come testo Giachetti, primo firmatario.
Questa proposta raccoglie le suggestioni che provengono da alcune sperimentazioni che nel mondo sono state avviate da poco tempo – fatta eccezione per il caso Olanda – e per le quali non si possono misurare ancora gli effetti. È una proposta che propone alcune soluzioni che rischiano di apparire talvolta delle fughe in avanti, talaltra delle scorciatoie non condivisibili, perché non fanno i conti con la complessità del fenomeno, complessità che incrocia valori, modelli culturali, scelte personali ma anche doveri sociali. È un patchwork che contiene la esperienza olandese della coltivazione per uso personale fino a 5 piantine, la coltivazione in Associazione di 50 soci prevista in Spagna, la vendita in esercizi commerciali dedicati come in Colorado e la introduzione del Monopolio di Stato recentemente prevista in Uruguay. L'impatto sull'ordinamento è imponente: rende libera la vendita ai maggiorenni, affida ai Monopoli di Stato la coltivazione, lavorazione e vendita della sostanza, ridisegna il regime penale delle condotte correlate alle droghe leggere, modifica i limiti quantitativi e qualitativi della sostanza detenibile, consente la coltivazione per uso personale e prevede la possibilità di costituire associazioni fino a 50 soci per la coltivazione di 250 piante, rende non punibile la cessione gratuita, elimina le sanzioni amministrative di carattere interdittivo-incapacitativo per il consumo di cannabis.
Prima questione: aumento del consumo e necessità di ridurlo.
La proposta parte dalla constatazione che l'approccio proibizionista non ha fatto diminuire il consumo della cannabis, anzi particolarmente in Italia sarebbe progressivamente aumentato dopo una flessione registrata con la parificazione delle droghe leggere alle pesanti, effettuata dalla legge Fini-Giovanardi, caduta a seguito della sentenza della Corte 32/2014, recepita dal dl 36/2014.
Il largo consumo di cannabis che riguarda oltre 3.000.000 di consumatori abituali, rappresenta certamente un serio problema di ordine sanitario e sociale e sottolineo il fatto che ne sono consapevoli anche i proponenti altrimenti se avessero aderito alla tesi che la cannabis è solo una pianta come taluno sostiene con una evidente forzatura, non avrebbero proposto la legalizzazione ma la liberalizzazione. Dicevo che l'ampio consumo di cannabis rappresenta un problema e se ci poniamo l'obiettivo di ridurlo è bene confrontarci sulle strategie sin qui messe in campo evitando quella che io ritengo sia una semplificazione allorché si attribuisce all'approccio proibizionista il mancato raggiungimento dell'obiettivo. Io penso che fallisce ogni strategia solo repressiva se non è integrata da misure di prevenzione e di riduzione del danno. Dobbiamo riconoscere che nel nostro paese da troppo tempo non si investe più sulla prevenzione e purtroppo ne paghiamo ora le conseguenze.
Se stanno così le cose, la legalizzazione potrebbe rappresentare una risposta tale da costituire un deterrente al consumo della cannabis ? Gli esponenti delle Comunità terapeutiche intervenuti in audizione hanno parlato di ’resa’ dello Stato ! A molti appare invece un incentivo, perché liberati dallo stigma legato ad una problematica accettazione sociale, i consumatori di droga potrebbero ritenere di non doversi interrogare sulla riduzione del consumo.
Ed ancora, la strategia universalmente condivisa per contrastare la diffusione delle droghe riguarda innanzitutto la riduzione della domanda. Poiché il consumo personale e la detenzione di sostanza per uso personale sono stati depenalizzati, come nella maggior parte degli stati, la legalizzazione riguarderebbe il commercio e la produzione ed allora quali effetti avrebbe sui consumi ? Nessun disincentivo, anzi il rischio è opposto.
Seconda questione: diffusione delle droghe e legami con la criminalità organizzata.
È purtroppo noto che il diffuso consumo della cannabis alimenta e moltiplica le risorse finanziarie delle organizzazioni di tipo mafioso che con quelle risorse condizionano ed inquinano l'economia legale.
Numerosi magistrati impegnati in prima linea sul versante della lotta alla criminalità ed alle mafie hanno ripetutamente affermato, anche in queste settimane, che la legalizzazione per affamare le mafie per essere efficace dovrebbe essere estesa a tutto il mondo contemporaneamente ! Sembra un paradosso, ma come non convenire con le preoccupazioni che manifestano allorché paventano il rischio che la legalizzazione in un paese possa indurre la semplice migrazione delle organizzazioni illegali in aree ove il commercio e la produzione sono proibiti, oppure, come non prefigurare il rischio di un adattamento del mercato illegale in affiancamento a quello legale potendo abbattere i costi della sostanza ? Se la cannabis in tabaccheria costa 10/12 euro al grammo alle narco-mafie risulta agevole occupare il mercato a 6/8 euro ! Abbiamo ancora le agende aperte sul gravissimo tema del gioco d'azzardo perciò temiamo che si ripeta l'insuccesso di una legalizzazione pensata per combattere il gioco illegale e che invece deve fare i conti con le infiltrazioni malavitose nel gioco legale.
Su questo punto ritengo opportuno fare rapido cenno all'importantissimo contributo del proc. Roberti della Direzione Nazionale Antimafia che con qualche semplificazione comunicativa è stato arruolato fra i sostenitori della proposta all'ordine del giorno. In verità il procuratore antimafia propone un rigido regime di monopolio a partire dalla produzione, il divieto della coltivazione individuale ed in via assoluta il divieto della coltivazione associata, amplia le condotte punibili per tutelare il monopolio – ad esempio reintroduce la punibilità dell'uso personale se acquistata fuori dal circuito del monopolio –, propone l'inasprimento delle sanzioni penali e prevede l'arresto in flagranza anche per i casi meno gravi.
Terza questione: prospettiva di nuove entrate per l'erario.
La prospettata legalizzazione viene collegata alla possibilità di recuperare all'Erario una quantità di risorse notevole per effetto dell'affidamento al Monopolio legale della vendita della cannabis e con grande enfasi i proponenti destinano solo il 5 per cento dei proventi derivanti dalla legalizzazione per il contrasto delle dipendenze mentre il 95 per cento è destinato a finalità diverse creando una sorta di complicità con il Ministero del Tesoro. La stima è sull'ordine di qualche miliardo di euro. Innanzitutto è da approfondire la circostanza che coesistendo il Monopolio con la coltivazione personale ed associativa prevista con 5 piantine per persona, i consumatori che si recano in tabaccheria sarebbero residuali e quindi la stima del gettito andrebbe conseguentemente ridimensionata, ma rimane sullo sfondo l'interrogativo se sia eticamente accettabile imporre una nuova tassa sul vizio, come usualmente vengono definite le accise che dal gioco ai tabacchi alle bibite zuccherate fino alle merendine sono state già sperimentate anche nel nostro paese con esiti negativi per gli effetti di deterrenza sui consumi, mentre, invece, hanno assunto la veste di strumenti utili per fare cassa rapidamente.
Quarta questione: affidamento al Monopolio di Stato delle condotte legalizzate.
L'ho ricordato poco fa: numerosi fra gli auditi hanno espresso una chiara preferenza dell'affidamento ai Monopoli di stato la coltivazione e vendita della cannabis. Occorre ricordare che il ricorso al Monopolio legale esiste se lo Stato è l'unica impresa che produce e cede un bene per il quale non esistono succedanei e, non avendo concorrenza, determina il prezzo e le altre condizioni di mercato. Le condizioni del mercato della cannabis non appaiono favorevoli per l'affermarsi di una gestione monopolisticaavente oggetto la cannabis per due ragioni; i monopoli in Italia sono di natura fiscale per assicurare all'erario un gettito e questa non è la finalità del monopolio sulla cannabis; inoltre è prudente considerare che la linea di politica economica da tempo assunta nel paese è rivolta al superamento di tutte le posizioni di monopolio per aprirsi a processi di liberalizzazioni e quindi sarebbe una iniziativa in controtendenza ! infine essendo prevista la coltivazione per uso personale o associata, queste entrerebbero in concorrenza con il Monopolio. Alcune centinaia di migliaia di autoproduttori dovrebbero essere oggetto di controlli assorbendo larga parte delle risorse risparmiate con la legalizzazione.
Quinta questione: rispetto dei vincoli internazionali.
Ogni innovazione normativa in questo settore va collocata nel quadro degli obblighi internazionali che il nostro paese è tenuto a rispettare in forza dei trattati sottoscritti. Cito la convenzione delle NU adottata a Vienna il 20/12/88 contro il traffico illecito di stupefacenti e sostanze psicotrope ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 328/90 e la Convenzione unica sugli stupefacenti adottata a New York il 30/3/61 ratificata in Italia con legge 412/74, che definiscono reati la detenzione, l'acquisto di sostanze stupefacenti e psicotrope, nonché la coltivazione delle medesime. In alternativa alla condanna possono essere applicate misure di trattamento, educazione, riadattamento o reinserimento sociale. Anche la Corte Costituzionale in conformità a tali norme si è più volte pronunciata in occasione della presentazione di referendum abrogativi sulla illiceità della coltivazione, sancendone la inammissibilità. In verità maggiore autonomia agli stati viene accordata dalla normativa europea con la decisione quadro del 25/10/2004. Questi riferimenti internazionali costituiscono un vincolo che ad esempio impedirebbe di affermare la totale liceità della produzione della cannabis per uso personale.
Sesta questione, la più importante: i giovani.
Abbiamo finora visto che le misure previste atte a contrastare il diffondersi delle droghe appaiono inefficaci e appare problematico anche il contrasto alla criminalità organizzata. Credo ci si debba interrogare anche su aspetti di natura sanitaria nel senso più ampio e corretto del concetto di salute, inteso come benessere della persona. Se è vero che non sono noti casi di overdose o morti conseguenti al consumo di cannabis che manifesta livelli di tossicità generalmente bassi, tuttavia la pericolosità è legata a specifici fattori di vulnerabilità individuale, alla via di somministrazione ed alla durata del consumo. È invece elevata la pericolosità per i giovani consumatori di cannabis per una diversa sensibilità individuale, anche genetica e una maggiore predisposizione a sviluppare episodi psicotici. Le indagini condotte sui consumatori ci consegnano un dato allarmante: si ipotizza che solo il 25 per cento dei consumatori siano maggiorenni. La legge si occupa dei maggiorenni sui quali peraltro gli effetti tossici della cannabis sono di minor impatto. Nulla si dice dei minorenni che rappresentano la maggioranza dei consumatori e sono coloro che rischiano di più per le conseguenze sul sistema nervoso centrale che un ripetuto consumo di cannabis, magari con elevato THC comporta. La legge è vero fissa dei divieti, ma sono gli stessi divieti che per gli adulti non hanno prodotto risultati... non è questa una ulteriore contraddizione ?