Discussione generale
Data: 
Lunedì, 13 Dicembre, 2021
Nome: 
Walter Verini

A.C. 2-A

Grazie, Presidente. Con l'inizio della discussione generale su un tema come questo, l'Aula è chiamata davvero a una prova intensa e importante; una prova che impone senso di responsabilità, maturità, volontà e capacità di dialogo, e anche toni appropriati; e stamattina questo ha caratterizzato, fin qui, il nostro confronto.

Mi viene da dire: temi come questo che stiamo affrontando richiedono profondità di pensiero e di argomenti, ma anche di toni, appunto, profondità, per capirci, distante anni luce radicalmente dal dominio del “mi piace - non mi piace”, dalle grottesche semplificazioni che troppo spesso la dittatura dei social impone al dibattito pubblico, ma distante anche da scontri di cattivo sapore ideologico, da estremizzazioni e piegature partitiche, da crociate e guerre di religione.

Per questo dico subito che ho molto apprezzato i contenuti e i toni usati dai relatori, che, in questi mesi, hanno lavorato con intelligenza e pazienza per disincagliare il tema del suicidio medicalmente assistito dalle secche in cui si trovava, per trovare punti di incontro e di sintesi e che hanno intanto ottenuto, comunque, il risultato di presentare in Aula un testo, quando molti pensavano - o auspicavano - che questo non sarebbe stato possibile.

Noi del PD in particolare, ma anche i parlamentari degli altri gruppi hanno potuto vedere e seguire da vicino il lavoro svolto da Alfredo Bazoli e, pur comprendendo come il testo presentato possa ancora riscontrare opinioni diverse, riserve e qualche dissenso da versanti diversi, credo si possa dire che questo testo si avvicina alla lettera e allo spirito della sentenza e dell'ordinanza della Corte costituzionale, che ha chiesto - com'è noto - al Parlamento di compiere il proprio dovere.

Noi, quest'Aula e successivamente quella del Senato siamo quindi chiamati a dare una risposta al Paese, dopo troppi anni di vacanza e di supplenza, esercitata dagli organi giudiziari o appunto dai richiami della Consulta. Allora, non possiamo e non dobbiamo fallire proprio per la delicatezza del tema, che riguarda quella zona grigia che sta tra la vita e la morte delle persone, proprio per difendere il diritto costituzionale e umano delle persone a vivere e a vivere con dignità e libertà e il diritto di decidere di sé stessi, fino all'ultimo atto della propria esistenza, magari ponendo fine a una vita ridotta ad insopportabile sopravvivenza. La verità è che non è facile e facciamo fatica ad accettare razionalmente il fatto che la morte faccia parte della vita; una senatrice del Partito Democratico, Vanna Iori, in un suo intervento, ci ha ricordato invece che è l'unico evento certo e inevitabile della nostra esistenza. Ma l'evoluzione delle terapie mediche ha modificato la morte, che oggi avviene, sempre più frequentemente, dopo un lungo processo di medicalizzazione, per questo, nel nostro tempo, la morte arriva dopo una lunga permanenza del tempo senza tempo, dove ogni giorno è uguale all'altro, in assenza di comunicazione con il mondo e spesso in situazioni di sofferenza. Spesso, la permanenza dell'intervento della scienza medica e delle tecnologie strappa alla morte pazienti in condizioni estremamente compromesse, ma non restituisce loro funzioni sufficientemente vitali. Per questi motivi, il Parlamento non può sfuggire alle proprie responsabilità: lo dobbiamo innanzitutto ai tanti cittadini che soffrono e ai tanti familiari che soffrono insieme con loro. Certo, il tema della convivenza lunga con la malattia, anche in condizioni che è difficile chiamare vita, è un tema reale, che va elaborato e costruito - e non banalizzato - anche per non dare il minimo spazio a qualsiasi tentazione di legittimare la cultura dello scarto, di chiudere gli occhi davanti a situazioni di abbandono e solitudine, a una sorta di necessità della morte, che riguarda in molti casi i soggetti più fragili e privi di affetti familiari. Noi non ci stiamo a questa tendenza di legittimare in qualche modo la cultura dello scarto, anche quando si parla di persone, di uomini e donne. Però qui, in questa sede, non stiamo parlando di aspetti diversi, collegati a questi temi, come per esempio l'omicidio del consenziente - sono temi altri, su cui, come è noto, pende un possibile referendum chiesto da oltre 1.200.000 cittadini -; qui lavoriamo per applicare, con una norma, un indirizzo forte della Corte costituzionale, che afferma come non sia punibile chi agevola l'esecuzione del proposito di suicidio di un paziente affetto da una patologia irreversibile, che gli causi intollerabili sofferenze. Naturalmente, anche il servizio pubblico, il servizio sanitario pubblico sarà chiamato ad una prova e ad un impegno serio. Nel testo licenziato dalla Commissione, illustrato questa mattina dai relatori Bazoli e Provenza, si prevede, tra le altre cose, anche l'obiezione di coscienza per gli operatori, ma la condizione per questa possibilità sta nel fatto che è fortemente sancito come sia necessario che in tutto il territorio nazionale la legge sia davvero applicata, nei casi in cui se ne presenti la dolorosa necessità.

Quindi, obiezione di coscienza non potrà voler dire lasciare pezzi di territorio italiano del servizio sanitario come zone franche, nelle quali le leggi dello Stato non vengono applicate. Non è insomma - come ho cercato di dire - un tema facile e noi stessi non riusciamo a parlarne con facilità e naturalezza, eppure dobbiamo tutti sforzarci di farlo, ma proprio per la delicatezza della materia abbiamo il dovere di farlo nel massimo rispetto di tutte le opinioni. Questa è maturità, non solo parlamentare, ma civile, maturità di uno Stato laico, che rispetta i convincimenti di tutti e di tutte le ispirazioni, ma che ha il dovere di decidere sulla base delle regole della democrazia e ribadendo come si debba rispettare chi, per propri convincimenti religiosi, per esempio, è convinto che la vita sia un dono indisponibile, ma anche chi invece ritiene di decidere in casi estremi secondo il principio che - come ha ricordato il costituzionalista Michele Ainis - declina la salute come un diritto anziché come un dovere, richiamando poi il principio di autodeterminazione contenuto nell'articolo 13, che definisce “inviolabile” la libertà personale; in sostanza “il mio corpo appartiene a me e non allo Stato” ha scritto Ainis. Sono temi - ripeto - di straordinaria rilevanza etica e bioetica, che interrogano le coscienze di tutti, che chiamano il Parlamento ed i singoli parlamentari ad offrire una prova di serietà e di responsabilità davanti al Paese. Qualcuno ha paventato un rischio, quello secondo cui normare in questo modo una materia, come ci chiede la Corte Costituzionale, possa significare fare costume, come se la legge potesse influenzare i comportamenti dei cittadini e della società. È accaduto spesso - e potrebbe accadere -, ma francamente in questo caso io non vedo prevalere questo rischio, semmai è il contrario: è la società, sono i casi di migliaia di cittadini che chiedono una risposta legislativa a una situazione che già esiste. I casi Welby, Englaro, Fabo e poi Mario sono quelli noti, come noti sono i casi di chi ha avuto e ha le possibilità di compiere una scelta drammatica, come quella della fine della vita andando all'estero. Ma, se questi casi hanno scosso l'opinione pubblica, le coscienze e la politica, si deve riconoscere che, oltre a questi, ci sono una grande quantità di situazioni simili vissute nel silenzio, nel dolore e nella solitudine - come ha detto sempre Ainis, credo che la sentenza della Corte traduca proprio il principio della pietas - ed è a queste che il Parlamento deve dare una risposta. Il testo presentato dai relatori va secondo noi in questa direzione; ci sarà ancora un dibattito, ci saranno interventi e proposte emendative che verranno probabilmente anche da questa parte dell'emiciclo, però l'auspicio e - se ci è consentito - anche l'appello a tutti noi è che questo confronto sia alto e serio davanti al Paese e rappresenti davvero un Parlamento pienamente all'altezza dei suoi compiti e dei suoi doveri.