A.C. 836-A
Grazie, Presidente. Il Partito Democratico, lo anticipo, voterà favorevolmente su questa proposta di legge, che porta anche il mio nome fra i sottoscrittori, a testimonianza del fatto che lo sport resta un terreno dove, quando lo si vuole, si può agire verso obiettivi condivisi. Lo abbiamo fatto, votando l'approvazione della modifica dell'articolo 33 della Costituzione, lo abbiamo fatto, votando una proposta di legge che riguarda la lotta alla pirateria digitale, fenomeno che interessa soprattutto il calcio. Lo faremo presto, spero, quando voteremo una proposta di legge per il ripristino dei Giochi della gioventù, e dobbiamo anche accelerare per far sì che questo succeda già dal prossimo anno scolastico.
Lo facciamo anche oggi, almeno per ciò che ci riguarda, votando questa proposta di legge, che vuole introdurre il tema, fino ad oggi sconosciuto nel nostro Paese, della partecipazione popolare nelle società sportive. Mi permetto di sottolineare partecipazione e non azionariato, come spesso si è detto, perché l'azionariato è una cosa diversa ed è una cosa seria.
Lo facciamo, però, su sollecitazione - è bene ricordarlo per onestà intellettuale - di un grande lavoro e di una propositiva richiesta di una serie di associazioni di tifosi che, loro sì, molto più di quanto accada in quest'Aula, hanno messo da parte le bandiere del tifo e si sono dati un nome comune, NOIF, acronimo che sta per “Nelle Origini Il Futuro”. NOIF è, infatti, un consorzio di associazioni di tifosi di calcio del Torino, della Roma, del Milan, del Parma, del Modena, del Cosenza, dell'Alessandria, con la lodevole partecipazione del Montespaccato, prima e unica società calcistica romana che la partecipazione popolare già la pratica, che insegna calcio e legalità, che utilizza impianti rigenerati dai beni confiscati alle mafie, il cui primo atleta onorario è il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Sono stati loro a spingere la politica verso questo passo, e li ringrazio. Tante volte chi ama lo sport ha condiviso l'idea che occorra rigenerare un legame affettivo fra le società sportive, i tifosi e il loro territorio. Un legame, quello fra sport e territorio, che fonda la storia dello sport italiano ed europeo e che è minacciato da una deriva iperliberista orientata solo agli obiettivi di bilancio che spesso diventano di “sbilancio”. Una deriva che, qualche tempo fa, si è manifestata in una posizione radicale, di strappo di quelle radici, da parte di alcuni club calcistici verso il progetto della Superlega, al momento rientrato, probabilmente anche grazie al posizionamento dei tifosi che hanno rifiutato quell'idea.
Proprio per rinsaldare il rapporto fra sport, tifosi e territorio, ci auguriamo che questa idea alternativa, la partecipazione popolare, possa andare oltre il calcio ed estendersi anche a realtà sportive legate al basket, alla pallavolo e, speriamo, anche ad altre discipline.
Insomma, “fino qui tutto bene”, come si ripeteva, durante il volo, l'uomo che cadeva dal palazzo, citato nella scena iniziale del film L'odio di Kassovitz. Sì, perché purtroppo il calcio - e ci riferiamo al calcio di vertice - lo diciamo ancora una volta, sta precipitando dal 50° piano di un palazzo e, durante il volo, si ripete, in una specie di mantra per darsi il coraggio, “fino a qui tutto bene”. Ma il problema, com'è noto, non è il volo, ma l'atterraggio.
Purtroppo, non sarà questo provvedimento, già di per sé simbolico all'inizio, ma reso omeopatico dall'intervento del Governo, ad attutire l'impatto dell'atterraggio. Spiego cosa intendo con un piccolo benchmark di riferimento, che credo necessario. La partecipazione popolare nel calcio non è un'utopia, ma è la normalità in Argentina, in Spagna, in Germania, che peraltro sono le Nazioni le cui rispettive squadre nazionali hanno vinto 7 degli ultimi 13 mondiali di calcio. Pensate al Boca Juniors in Argentina, fondato nel 1905 da immigrati italiani nel quartiere popolare La Boca, a Buenos Aires: è una delle squadre più famose e più riconoscibili al mondo, i cui tifosi, ancora oggi, a testimonianza di quel legame radicale col territorio, si chiamano Xeneizes, i Genovesi. Il Boca è un'associazione senza scopo di lucro che non può avere un unico proprietario: la sua proprietà è attualmente condivisa fra 315.879 soci, 100.000 dei quali hanno il diritto di scegliere il presidente ogni quattro anni. Avrete certamente letto della vera sollevazione popolare che ha destato il tentativo ultraliberista di Milei di cancellare quel modello.
In Spagna la situazione è netta: o una squadra è totalmente in mano ai privati o è un'associazione no profit in mano ai propri soci con la regola “un socio, un voto”. Real Madrid, Barcellona, Osasuna, Athletic Bilbao sono tutte associazioni no profit, composte da migliaia di soci, che si trasmettono perfino nelle loro ultime volontà il passaggio della tessera di socio, di generazione in generazione. Le ripeto: Real Madrid, Barcellona, Osasuna, Athletic Bilbao. Diciamo che questo modello ha generato un senso di appartenenza indistruttibile e non ha certamente compromesso la qualità dei risultati agonistici.
In Germania, è stato più volte citato, vi sono Union Berlino, Friburgo, il mitico St. Pauli, società fatte al 100 per cento di tifosi, ma in Germania il sistema prevede un'autoregolamentazione della Lega, per cui chiunque voglia partecipare alla Bundesliga deve attuare un modello societario che prevede il 50 per cento più 1, in quel caso sì, di azionariato popolare: è scritto nel regolamento della Lega calcio, non serve la politica.
Insomma, se il calcio è un fatto sociale totale, come dice Bruno Barba, antropologo e grande studioso di calcio, parafrasando Marcel Mauss, e se il calcio è dei tifosi, come dice qualche volta qualcuno un po' retoricamente, questo provvedimento che ho definito “omeopatico” serve giusto ad aprire una strada. Nel testo, infatti, si parla della possibilità di introdurre nelle società sportive una quota dell'1 per cento di partecipazione popolare; non il 100 per cento, non il 50 più 1, come nei modelli che ho citato, ma un 1 per cento, che però vogliamo considerare una specie di cellula sana, che faccia il suo lavoro in un organismo un po' malato e si possa riprodurre in futuro.
Il Governo ha stralciato passaggi che erano fondamentali per dare forza a questa proposta, dagli incentivi fiscali, all'incentivo forse più grande, ossia la possibilità di ristrutturare e gestire impianti sportivi. Resta fortunatamente nel testo l'indicazione al reinvestimento di una percentuale di utili nei settori giovanili: ne abbiamo a lungo discusso e noi del Partito Democratico abbiamo chiesto anche che questo possa avvenire in una vocazione polisportiva e che rispetti il principio dell'equità di genere. Certo, viene facile la battuta: per reinvestirli, quegli utili, bisognerebbe farli in un mondo che invece sopravvive esclusivamente facendo debito.
Questo provvedimento è anche un fatto pedagogico per i tifosi, perché, per poter esprimere quella piccola rappresentanza in società, occorre costruire un'associazione che raccolga un numero di soci pari, per il primo anno, al 10 per cento e poi, per il secondo, al 20 per cento della presenza media allo stadio.
Per esempio, i tifosi del mio Torino, che ha una presenza media allo stadio di 22.000 spettatori, per poter arrivare a quell'1 per cento di partecipazione societaria dovrebbero esprimere un'associazione composta da 2.000 tifosi il primo anno e 4.000 il secondo. L'Inter o il Milan, che hanno una presenza media che supera i 70.000 spettatori a partita, 7.000 tifosi il primo anno e poi 14.000 dal secondo. Numeri difficilissimi da raggiungere, che da una parte sembrano un deterrente, ma in realtà sono anche una garanzia della qualità di quella rappresentanza. I numeri dei gruppi di tifosi che i problemi al calcio li creano sono infinitamente più piccoli, purtroppo problemi di cui questo Parlamento non sembra volersi far carico, rinviando all'infinito una Commissione d'inchiesta sulle violenze e sui malaffari in un modo distorto di vivere il tifo calcistico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista). Denunciare e fermare chi delinque, chi usa il calcio per seminare odio razziale e territoriale e invece premiare, con il coinvolgimento nella società, la parte maggioritaria dei tifosi, magari passionali, ma perbene, sarebbe un grande passo in avanti nella qualità del rapporto fra tifosi e società.
Questo provvedimento, dunque, apre una strada, genera un piccolo varco, afferma un principio e quando alle cose dai un nome quelle iniziano ad esistere. Mi viene in mente l'incipit di Gabriel García Márquez in Cent'anni di solitudine, dove le cose non esistevano e quindi la gente le indicava con il dito, perché non c'era il nome. Un comitato di tifosi che davvero crede che nelle origini del calcio ci sia il futuro ha indicato con il dito e questo ramo del Parlamento oggi dà il nome a quella cosa, la partecipazione popolare inizia a vivere. Sarà molto interessante vedere cosa succederà al Senato, dove siedono, fra i banchi della maggioranza, un presidente di una squadra di calcio e l'amministratore delegato di un'altra. Sarà interessante capire se il Senato fermerà una proposta che, mi auguro, qui possa trovare largo consenso, perché assistiamo regolarmente a piagnistei di rappresentanti dei vertici del calcio, che sostengono che la politica odi il calcio. Mi verrebbe da dire però che, senza dubbio, il calcio ama la politica, pensando a quei colleghi e senatori che citavo, per i quali è difficile parlare di conflitto di interessi, perché la parola conflitto non ha più senso. Non c'è conflitto, c'è solo l'evidenza di interessi, così, alla piena luce del sole, senza alcun senso del limite o delle istituzioni.
Colleghi della maggioranza, dovrete, un giorno, confrontarvi con un Ministro dello Sport, che avete scelto voi, che annulla il lavoro parlamentare, com'è successo in questa proposta di legge, che impallina, com'è successo, l'iter di proposte di legge, anche trasversali, per finanziare lo sport sociale, a favore esclusivo del calcio. Per noi, i diritti sono una cosa diversa e, in attesa di quel confronto, il Partito Democratico voterà a favore di questa proposta di legge, che propone modelli più radicati nel territorio rispetto a quello del singolo imprenditore o padrone che, talvolta per amore, spesso per gloria o per interesse, si prende in carico una squadra di calcio utilizzando i tifosi come spettatori o, peggio, come clienti. Voteremo, dunque, a favore, perché questa proposta nasce da loro, dai tifosi che non vogliono arrendersi all'idea di un calcio che vuole strappare le proprie radici.