Discussione sulle linee generali
Data: 
Giovedì, 26 Maggio, 2016
Nome: 
Giuseppe Lauricella

A.C. 2839

 

Grazie Presidente. Il testo della proposta di legge che stiamo discutendo e che andremo ad approvare, bene illustrato ora dal relatore, ha incontrato un percorso sostanzialmente senza particolari ostacoli in Commissione, sia per la disponibilità al ragionamento da parte di tutti i gruppi, sia grazie al contenuto del testo base su cui si è discusso, ovviamente in Commissione, perché già in Aula vediamo reazioni di tipo diverso. Possiamo dire anzi che la disponibilità al ragionamento è frutto di un testo base che, fin dalla sua presentazione, ha rivelato la sua finalità circoscritta al tema della trasparenza, anche con riguardo alla organizzazione e alla gestione dei partiti o comunque dei gruppi politici che intendano partecipare alla vita politica e istituzionale, ciò fin dalla composizione e presentazione delle liste elettorali per la partecipazione alle elezioni nazionali. In definitiva, il testo presentato ed esaminato in Commissione affari costituzionale, che non è un unicum, ma si aggiunge a tutte le altre garanzie e tutele già vigenti nel nostro ordinamento, ha evitato forzature giuridiche, e per altro verso politiche, che non solo non avrebbero, a ragione, trovato la disponibilità di cui si è detto prima, ma avrebbe subito prima o poi il giudizio negativo della Corte costituzionale. Abbiamo opportunamente evitato di introdurre norme che riconoscessero la personalità giuridica ai partiti, lasciandoli quali associazioni non riconosciute con le conseguenti responsabilità civili, penali, contabili e finanziarie, in capo a chi agisce in nome e per conto del partito. Risponde il soggetto responsabile e non il partito in maniera indefinita, esattamente sotto tale profilo come era stato pensato e concepito fin dall'origine del sistema repubblicano, scongiurando quel tipo di modificazione che avrebbe condotto a non ben prevedibili conseguenze lesive dell'autonomia che è sempre stata opportunamente garantita ai partiti e alle organizzazioni politiche in generale, in ossequio indirettamente anche al principio della separazione. D'altro canto, mi rivolgo anche all'onorevole Quaranta, rimango convinto che rispetto al quadro costituzionale e alla natura che deve essere mantenuta alle formazioni politiche, il legislatore ha dei limiti entro i quali possa intervenire, ma oltre i quali finirebbe o avremmo finito con il comprimerne l'autonomia. 
Nella fase costituente furono respinte tutte le forme di controllo sui partiti che potessero riguardare persino l'ideologia, ma anche l'organizzazione interna o i programmi. Nel nostro testo viene prevista una sorta di tratto identificativo, definibile anche attraverso la dichiarazione di quei minimi elementi essenziali richiesti, senza comunque dettare modelli standard o chiusi, sia in ordine all'organizzazione, sia in ordine ai modi di scelta delle candidature. Ed è importante per questo, e più penetrante, il dato sul finanziamento attraverso l'estensione dei margini di pubblicizzazione. Aspetto che si impone a maggior ragione oggi, essendo venuto meno il finanziamento pubblico. Ma soprattutto abbiamo evitato di porre incomprensibili, oltre che certamente illegittime, forme di limitazione alla partecipazione politica e democratica. Va bene l'iscrizione al registro dei partiti, ma diviene sufficiente, al fine del livello minimo di trasparenza, la presentazione di uno statuto o di una dichiarazione con definiti criteri essenziali. Un valore andava salvaguardato e credo che ci siamo riusciti. Pur nella definizione dei termini di trasparenza, abbiamo evitato meccanismi di interferenza esterna rispetto alla sfera politico-parlamentare. In tal modo abbiamo rispettato il dettato dell'articolo 49 della Costituzione, che altrimenti avrebbe subito un'attuazione probabilmente illegittima. Conseguentemente, non si comprendono le posizioni che alcune parti politiche hanno assunto e presumibilmente assumeranno in Aula – e ne abbiamo già avuto qualche assaggio – nei confronti di specifici aspetti del testo che discutiamo, se non nel senso del sentimento di opposizione fine a se stessa o magari nel senso di indurre ad una mancata approvazione di qualsiasi forma di attuazione dell'articolo 49 della Costituzione. 
Fin dall'inizio del dibattito in Commissione e, anzi, ancor prima, il gruppo del Partito Democratico, anche grazie al lavoro prodotto dal relatore, onorevole Richetti, ha avuto la forza e il buonsenso di circoscrivere la proposta nell'ambito e nella ratio del dettato costituzionale, superando proposte che avrebbero reso complicato e, per altro verso, di dubbia legittimità la soluzione. È importante sottolinearlo, anche alla luce di alcuni tentativi, cui abbiamo assistito in Commissione, di restringere gli spazi di autonomia dei partiti o dei gruppi politici che intendono o intenderanno partecipare alla vita politica e istituzionale, determinandone le scelte. Certamente – e ho avuto modo di dichiararlo in Commissione – se il testo avesse accolto misure limitative del diritto di tutti a partecipare, mi sarei opposto in modo assoluto anche qui, in sede di approvazione. Sarebbe stato inaccettabile, perché si sarebbe aggiunto al sistema di finanziamento privato ai partiti. Ho già espresso in passato la mia contrarietà alla eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti, che reputo un vulnus al principio democratico e, soprattutto, all'esigenza di garantire la partecipazione civile e politica alle minoranze. Sarebbe stato giusto ridimensionarlo drasticamente e regolarne la gestione, ma è stato sbagliato eliminarlo. Spero che questo Governo e questa maggioranza abbiano il coraggio e la forza per rivedere il tema in termini pluralistici e in linea con quanto stiamo approvando oggi, evitando di lasciare un sistema di finanziamento affidato soltanto al privato, con tutte le conseguenze che, già oggi, si manifestano. 
Altra cosa, invece, è affermare e intensificare le forme e gli strumenti di partecipazione e di controllo della vita dei partiti, nonché del metodo di finanziamento di cui possono godere: in una parola, la trasparenza. Mi sembra che tale obiettivo sia stato raggiunto con norme definite e chiare, capaci di rendere accessibili e pubblici tutti i passaggi e i modi di partecipazione dei soggetti politici, dalla presentazione delle liste elettorali, alla gestione politica, amministrativa e contabile. Insomma, abbiamo rispettato il diritto di associarsi liberamente in partiti o altra forma, per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Lo abbiamo fatto non limitando l'accesso, ma imponendo la trasparenza, la quale serve poi anche a garantire il metodo democratico. Anche attraverso tali regole e tali strumenti si può porre un argine alla corruzione e restituire una più ampia credibilità alla politica, anche non sottovalutando l'aspetto della qualità delle liste elettorali, un criterio che va esteso a livello periferico. È un tassello di un mosaico che dobbiamo comporre se vogliamo che, anche oltre noi stessi, la politica e i partiti tornino ad avere la legittimazione del cambiamento, in quanto vero tramite tra le istituzioni e i cittadini. Soltanto a quel punto riusciremo a riportare i cittadini a partecipare, credendoci.