A.C. 1660-A
Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, signor Sottosegretario, da oggi, con questo provvedimento, si apre un nuovo capitolo del filone narrativo del Governo Meloni: quello della sicurezza, vera ossessione della destra italiana. Anche se le statistiche ufficiali ci dicono tutt'altro, è troppo importante, per un Governo senza idee, fare leva sulla paura per trovare consenso. Diciamolo con chiarezza: si torna a parlare di sicurezza perché parlare di un'economia stagnante, dell'inflazione o di stipendi sempre più miseri, non conviene a nessuno della maggioranza. Gli italiani sono sempre più poveri; i giovani continuano a scappare da questo Paese; le donne hanno difficoltà enormi a trovare lavoro e, quando lo trovano, a conciliare il tempo da riservare al lavoro con quello da dedicare alla famiglia. Ma a voi questo non interessa. Torniamo a parlare di sicurezza perché non avete alcuna risposta per i problemi veri, concreti, quotidiani, con cui fanno i conti milioni di famiglie.
Come spesso capita con provvedimenti di questo Governo, il testo che ci ritroviamo a discutere oggi ha la “sicurezza” solo nel titolo. È un'abitudine, quella della scatola vuota, che è diventata il vero marchio di fabbrica di questa legislatura: l'ultimo esempio lo abbiamo avuto proprio un mese fa col decreto Carceri. La situazione è impietosa: sovraffollamento stabilmente sopra il 130 per cento, con punte del 150 per cento; record di suicidi tra i detenuti e nella Polizia penitenziaria; carenza di personale e strutture che cadono a pezzi. Dal Governo è arrivato un decreto ad hoc che fa tutto - e dico tutto - tranne che risolvere anche uno solo di questi problemi; anzi, al contrario, continua la proliferazione di nuovi reati e l'inasprimento delle pene. Ed è così che il tema del carcere cambia luce: da problema da affrontare, diventa la soluzione a tutto.
Che cosa ci si dovrebbe aspettare da una nuova legge in materia di sicurezza pubblica nel 2024 in Italia? Quali sono le priorità degli italiani in tema di sicurezza? La prima è senz'altro il dilagare di una pericolosissima sostanza che favorisce - queste sono le parole del Governo - “comportamenti che mettono a rischio la sicurezza o l'incolumità pubblica o la sicurezza stradale, attraverso alterazioni dello stato psicofisico del soggetto assuntore”.
Parliamo, ovviamente, della cannabis light: una sostanza che per la scienza non è pericolosa, ma per il Governo, sì, forse per il solo fatto di ricordare i famigerati spinelli. Poco importa se questa censura farà chiudere un settore che occupa 10.000 persone, 3.000 imprese e fattura più di 500 milioni di euro all'anno; poco importa se Coldiretti e tutte le associazioni di agricoltori italiani hanno apostrofato questa mossa come una sciocchezza ideologica e controproducente; poco importa se il diritto e la giurisprudenza dell'Unione europea vietano esplicitamente di impedire la vendita di cannabis legale. Come detto prima, abbiamo imparato che per un titolo di giornale questo Governo farebbe di tutto, quindi, non c'è da meravigliarsi. Pur di millantare un colpo alla droga, anche se di droga non c'è traccia, non vi siete fatti scrupolo di mandare alle ortiche un intero comparto: imprenditori e lavoratori che presto dovranno trovare altro di cui campare.
Sempre a proposito di bandierine ideologiche, in questo provvedimento si dà ampio spazio al divieto assoluto di resistere, anche passivamente, contro qualsiasi decisione che sia espressione del Governo in carica e ciò avviene in due modi: in primis, in una forma piuttosto ridicola, ossia quando si disciplina una nuova aggravante per punire la violenza o minaccia a un pubblico ufficiale se commessa per impedire la realizzazione di un'opera pubblica o di un'infrastruttura strategica. Il richiamo alle proteste contro la costruzione del ponte sullo Stretto è palese. Ebbene, il diritto di tanti cittadini calabresi, siciliani e italiani in generale ad opporsi alla realizzazione di un'opera folle deve cedere il passo ai diktat del Ministro Salvini. Ma il divieto di resistere passivamente viene istituito anche in quei luoghi - ne abbiamo parlato poc'anzi - in cui manifestare per le scandalose condizioni di vita a cui si viene costretti sembra davvero il minimo sindacale; mi riferisco al carcere. Con una bella norma inserita nel testo, anche la resistenza passiva, la protesta pacifica tra le mura di un penitenziario viene severamente punita con altri anni di carcere. A cosa stiamo assistendo, viene da chiedersi, se non a nuove forme di criminalizzazione del dissenso? Ciò che è più importante è cos'altro dobbiamo aspettarci nel prossimo futuro se l'andazzo è questo? Quello che ha detto la collega Buonguerrieri, forse: che metterete il bavaglio anche ai lavoratori che intendono protestare ed esercitare un diritto costituzionalmente garantito, qual è il diritto allo sciopero.
Ebbene, a proposito di carcere non possiamo non citare lo scempio giuridico e - mi consenta di dirlo, signor Presidente - umano che si sta compiendo sulle detenute madri. Con questa legge si sbattono in galera donne incinte o madri di figli di età anche inferiore a un anno, parliamo di neonati, Presidente. Due anni fa siamo stati vicinissimi ad approvare una legge di pura civiltà giuridica proprio su questo argomento, una legge che avrebbe evitato a decine di bambini di trascorrere la loro infanzia dietro le sbarre di un carcere e, oggi, facciamo un terribile passo indietro, condannando bambini innocenti alla galera. È una vergogna che racconta fedelmente il Paese che voi state costruendo.
Un'ultima follia che vorrei sottolineare tra le tante presenti è quella che riguarda la sequela di nuove aggravanti previste dal disegno di legge. La più bizzarra, per non utilizzare espressioni offensive, è riferita all'aver commesso il fatto all'interno o nelle immediate adiacenze delle stazioni ferroviarie e delle metropolitane o all'interno dei convogli adibiti al trasporto di passeggeri. Insomma, commettere un reato su un treno o su una metro, oppure in una stazione ferroviaria, non si sa per quale interessante ragione, sarà considerato più grave che commetterlo altrove. Aspettiamo che qualcuno ce lo spieghi, perché la questione è talmente grottesca da non meritare neppure una discussione in merito. Il Ministro della Cultura, allora, avrebbe potuto chiedere un'aggravante per i reati commessi in un cinema o in un teatro. Il Ministro Lollobrigida avrebbe potuto fare lo stesso per un crimine commesso in un campo o in un vigneto o la Ministra Santanche' per un'aggressione sulla spiaggia. Siamo veramente al paradosso e l'impressione è che non sappiate davvero più cosa inventarvi.
Tornando seri, anche se non è semplice, visto il materiale a nostra disposizione, nel corso dell'esame di questo testo abbiamo provato, come Partito Democratico, insieme alle altre forze di minoranza, ad avanzare proposte che davvero potessero aiutare il comparto della sicurezza pubblica, perché i problemi esistono da tempo, ma non vengono affrontati. Abbiamo chiesto di stanziare i fondi necessari a fare quelle assunzioni che le Forze di Polizia, sempre sotto organico, aspettano da tanto. Abbiamo proposto di ampliare il numero delle scuole per la formazione degli agenti; abbiamo chiesto di pagare quegli straordinari che non vengono corrisposti da più di un anno e mezzo; abbiamo proposto di rinnovare il contratto di lavoro del comparto sicurezza e difesa che è preda quotidiana dell'inflazione; ebbene, il Governo non ha accolto nemmeno una di queste richieste. Perché quando c'è da introdurre reati e aumentare le pene si risponde sempre “presenti”, quando c'è da criminalizzare e puntare il dito contro una minoranza non manca mai una voce che si alzi dalla tribuna della maggioranza, ma quando, invece, c'è da fare qualcosa di reale e di concreto per sostenere le donne e gli uomini in divisa e far sentire gli italiani più al sicuro, ecco che ci si nasconde dietro provvedimenti farsa come questo. Allora, Presidente, siamo di fronte a un provvedimento insulso sotto tanti aspetti, un provvedimento che ancora una volta sovrappone all'idea di giustizia la sete di vendetta. È un provvedimento che trova nella repressione l'unica risposta ai problemi del Paese.
Molti colleghi lo hanno detto, nel corso delle ultime settimane: questo testo ha seri problemi di costituzionalità, perché tradisce platealmente diritti e libertà che la nostra Costituzione riconosce ai cittadini nel manifestare le loro idee e convinzioni, soprattutto, quando queste si contrappongono a quelle del Governo di turno. È inutile ribadire la nostra preoccupazione per tutto questo, per questa condotta costante e ostinata che è sempre tesa a comprimere gli spazi di libertà, che si tratti del servizio pubblico televisivo o che riguardi le manifestazioni di piazza. E se questa postura è perfettamente in linea con la tradizione ideologica di certi partiti di Governo, mi lasci dire che stride terribilmente con la storia di una comunità come quella di Forza Italia che ha sempre fatto della libertà e del garantismo due valori fondamentali.
Oggi, invece, con la complicità di tutte le forze di maggioranza, si scrive una nuova pagina terribile per la nostra Repubblica e si fa un passo in più verso uno Stato di polizia in cui le libertà democratiche trovano sempre più ostacoli e dove chi comanda non può essere contraddetto. Siamo nel bel mezzo di una involuzione civica, che ci porta indietro ai giorni più bui della nostra storia e siamo sempre più fieri ed orgogliosi di stare dall'altra parte, dalla parte di chi ripudia le inutili crociate ideologiche, dalla parte di chi non manderebbe mai in galera un neonato, dalla parte di chi crede fermamente che reprimere il dissenso voglia dire uccidere la democrazia. Oggi e per sempre, signor Presidente, staremo dall'altra parte.