Discussione generale
Data: 
Martedì, 10 Settembre, 2024
Nome: 
Federico Fornaro

A.C. 1660-A

Grazie, signor Presidente. Onorevoli colleghi, Sottosegretario Molteni, negli ultimi anni, accanto al modello tradizionale classico delle democrazie liberali, quelle che provano a trovare una sintesi tra i principi classici delle libertà individuali del liberalismo e il principio democratico della sovranità popolare, si è affiancato un altro modello, definito in molti modi ma etichettabile come forma di democrazia illiberale.

Qual è la discriminante? Non è il diritto di voto, non è il momento dell'elezione. È, più in generale, un'architettura che differenzia sullo stato di diritto, sulla divisione dei poteri, cioè l'esistenza in uno Stato liberale di un equilibrio tra i poteri, dove nessuno dei poteri prevale sull'altro, e anche un sistema di controlli. Ma, tornando sul provvedimento in esame, una delle discriminanti è proprio il diritto all'esercizio del dissenso, che, in uno Stato democratico e non in una democrazia illiberale, rappresenta un diritto fondamentale, ovviamente a condizione che il dissenso si esprima nel rispetto delle leggi. Reprimere da un punto di vista penale, come fate voi in questo provvedimento, il dissenso non violento è fuori dalla cornice di una democrazia liberale. La libertà di manifestare pacificamente è garanzia di libertà e di democrazia. Il diritto al dissenso - lo ricordo in quest'Aula - nel nostro Paese trova piena e completa tutela nell'articolo 21 della Costituzione: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”. In questo provvedimento ci sono norme che appartengono non più ai modelli di democrazia liberale ma che sono a pieno titolo iscrivibili a quelli delle democrazie illiberali; sono, cioè, norme liberticide, che puniscono il dissenso.

L'articolo 14, il blocco stradale, che trasformate da illecito amministrativo a illecito penale. Le manifestazioni, il più delle volte, vengono effettuate a causa della disperazione, per la chiusura di fabbriche e di stabilimenti, e vedono quindi i lavoratori, per cercare di attrarre l'attenzione dell'opinione pubblica, costretti a fare un gesto estremo, come, per esempio, il blocco stradale. Ecco, da domani, per vostra responsabilità, questi lavoratori, già disperati, rischiano il carcere.

L'articolo 19, dove inserite l'aggravante per le infrastrutture strategiche, dove è evidente che il carattere strategico non è un dato oggettivo, è determinato da una scelta di governo; è il Governo di turno che individua strategica un'opera.

Poi, l'articolo 26, forse il più ripugnante - mi sia consentita questa espressione, signor Presidente - dove individuate l'aggravante se un determinato reato viene compiuto in carcere, introducete un nuovo reato, quello della rivolta in carcere, e all'interno di questa fattispecie inserite anche la resistenza, non quella violenta - su questo si potrebbe discutere, ma ovviamente avrebbe una logica - ma, per la prima volta nel nostro ordinamento (lo sottolineo a futura memoria), anche la resistenza passiva di più di tre persone all'esecuzione di ordini impartiti. Vuol dire, per essere chiaro, signor Presidente, mi sento di richiamare la sua attenzione, che quattro detenuti, in un agosto torrido, come quello che è stato, di fronte al fatto che, per cercare di ridurre la situazione di eccesso di sovraffollamento, si potrebbero aver visto, o vedere, altre due persone inserite in quella cella, che già in quattro era stretta, e diventano sei e, se alla sera si rifiutano di rientrare e fanno una protesta civile, non violenta, se sono più di tre (in questo caso sarebbero quattro), rischiano da due a cinque anni di carcere. È questa l'Italia che volete? Mi rivolgo a tutto il Parlamento e avremo occasione più tardi e domani di farlo anche negli emendamenti.

Poi, questo disegno di legge è impregnato di scelte ideologiche e propagandistiche. L'articolo 15 - è stato già ricordato, e lo farà meglio di me la collega Di Biase, riguarda i bambini in carcere, ma anche l'articolo 18, è stato ricordato dal collega Lacarra, e lo ribadiremo domani, riguarda la coltivazione della filiera agroindustriale della canapa.

Insomma, questo è un disegno di legge espressione di una cultura illiberale e di un panpenalismo emozionale: aumenti di pena che dovrebbero, nelle vostre intenzioni, risolvere tutto, peccato che, come dimostra la storia, spesso e volentieri l'aumento di pena di per sé non risolve proprio nulla, anzi, contribuisce a rendere sempre più ingestibile la situazione delle carceri.

Guardate, proprio 100 anni fa, per l'esattezza nella primavera del 1924, in quest'Aula risuonavano parole che drammaticamente hanno ancora una loro attualità. Filippo Turati pronunciò un famoso discorso sulle carceri, dicendo che l'attuale regolamento si fonda essenzialmente su due concetti antitetici: da un lato, l'intenzione di atterrire e deprimere il condannato, di fargli sentire la potenza enorme dello Stato vindice, questo è il lato innegabilmente feroce del regolamento, ma di contro a questo, che è il lato in ombra, vi è nel regolamento tutta una serie di precetti intesi, poi, a confortare il condannato, ad elevarlo. Senonché, siccome è molto più facile rinchiudere un condannato, spaventarlo, brutalizzato, che non educarlo e farne un uomo nuovo, siccome la ferocia non richiede né l'intelligenza né fatica né mezzi pecuniari, è avvenuto che tutta la parte brutale, quella in cui sopravvive lo spirito della vendetta sociale contro il disgraziato che è nelle carceri, è larghissimamente applicata. Tutta la parte, invece, che rispecchia il dovere dello Stato a provvedere alla redenzione del colpevole è rimasta lettera morta. Siamo ancora qua, signor Presidente, a 100 anni di distanza. La fotografia di quest'estate di un Sottosegretario alla giustizia che si reca in un carcere sotto il cartello del vietato fumare e fuma e si rifiuta di incontrare i detenuti, fotografa che siamo rimasti a 100 anni fa.

È un disegno di legge omnibus, che contiene norme molto differenti, e non deve, quindi, sorprendere se all'interno di una cornice ideologica-propagandistica e a fosche tinte liberticide, su cui noi faremo una battaglia politica-parlamentare dura, ci possono essere anche norme ragionevoli, su cui si possono avere riserve per la loro insufficienza, ma non sono censurabili per principio.

La verità, e vado a concludere signor Presidente, è che la sicurezza, nessuno lo può negare, è un diritto fondamentale dei cittadini e la destra, la destra che attualmente governa il Paese, strumentalizza un giusto bisogno e si è trasformata negli anni in imprenditrice della paura, aumentando ansia e paure allo scopo soltanto di attrarre consensi e, poi, una volta vinte le elezioni, anche nei comuni, non risolve i problemi. La sicurezza è una questione complessa, non è semplificabile, non si presta, in realtà, se si vogliono affrontare le questioni, a facili slogan. È una questione complessa su cui agiscono anche altri fattori, come le crisi economiche, la disoccupazione, la coesione sociale e le politiche di integrazione.

Questo disegno di legge pervicacemente persegue una strategia securitaria e, come detto, panpenalistica fallimentare. State affastellando, provvedimento dopo provvedimento, aumenti di pena, introducete nuovi reati al solo scopo - è triste dirlo - spesso di avere argomenti per i talk show. Fermatevi, lo dico al Governo, la sicurezza è un bene comune, su cui, nel rispetto dei ruoli di maggioranza e opposizione, si possono e si devono trovare momenti di confronto.

Pur ribadendo l'assoluta, totale contrarietà, come ho provato ad esprimere in questo intervento, come hanno fatto i colleghi e come farà la collega Di Biase, il mio personale - ma credo di poter dire dell'intero gruppo - e sincero auspicio è che, visto che non è stata messa e non verrà messa, salvo sorprese, la fiducia, nella fase emendativa in quest'Aula, a partire da stasera, ci possa essere quello che non è avvenuto in Commissione, cioè un reale confronto nel metodo e che questo disegno di legge possa uscire da quest'Aula ripulito dalle norme liberticide e sterilmente ideologiche. Noi vi sfideremo su questo e speriamo che le enunciazioni, le dichiarazioni agostane anche di parte della maggioranza, possano trovare una diretta rispondenza. La sicurezza - lo ribadisco - è un bene comune: fermatevi di fronte a questo provvedimento che gli storici, quando lo leggeranno a distanza di anni, spero non possano definirlo come l'inizio di una deriva verso una democrazia illiberale.