Discussione generale
Data: 
Lunedì, 6 Novembre, 2017
Nome: 
Lorenza Bonaccorsi

A.C. 4652 e abbinate

 

Signor Presidente, onorevoli colleghi, il collegato spettacolo, come è stato accennato, è lo stralcio della legge sul cinema e audiovisivo, la n. 220 del 2016, di cui proprio in questi giorni, ci tengo a sottolinearlo, stiamo esaminando gli aspetti attuativi nelle Commissioni competenti, ed è con particolare orgoglio, risottolineo, che ci apprestiamo a varare anche questo provvedimento sullo spettacolo dal vivo, dopo quello sul cinema e l'audiovisivo. Con orgoglio, sì, per il fondamentale lavoro di riforma su tutti e due i comparti, i due pilastri della nostra cultura: cinema, audiovisivo e spettacolo dal vivo. In questi ultimi vent'anni la classe politica che ha governato il nostro Paese si era un po', come ricordava prima il mio collega Rampi, dimenticato il sistema culturale nel suo complesso. Non stiamo a riaprire brutti capitoli degli anni passati, ne sono già state tristemente piene le cronache politiche del nostro Paese.

Invece, prima con il Governo Renzi, e Gentiloni poi, abbiamo fatto un lavoro importante, di cui siamo orgogliosi, di cui il PD è orgoglioso, perché noi abbiamo rimesso il giusto accento dove andava messo, perché crediamo davvero che la cultura è sviluppo, la cultura è ricchezza, la cultura è progresso, e una società che investe in cultura è una società più giusta, più aperta, più inclusiva e più dinamica. Ci siamo presi l'impegno e lo stiamo portando avanti con convinzione, e lo voglio dire forte che da qui non si torna indietro, dal traguardo che raggiungeremo in questi giorni insieme non si torna indietro, e comunque noi non lo permetteremo. Solo un aneddoto: il 27 marzo 2010 l'Italia celebrò per la prima volta la Giornata mondiale del teatro. Peccato che tale manifestazione era stata lanciata dall'UNESCO, a Vienna, nel 1961. Ecco, questo per dire che non perderemo più tutto questo tempo, e lo diciamo con grande convinzione. Cinquant'anni di ritardi sulle politiche culturali non ce li possiamo più permettere. Veniamo al provvedimento: nell'articolo 1 della legge al nostro esame sono contenuti i principi sullo spettacolo dal vivo, come ricordava sempre il collega Rampi, sui quali sarebbe ben difficile dissentire. Chiunque può riconoscervisi, visto che la loro enunciazione si ancora ai valori della nostra Costituzione, facendo tesoro della grande tradizione culturale italiana nel teatro, nella musica, nella produzione spettacolistica popolare dei territori e nelle rievocazioni storiche.

Il comma 1 precisa che la Repubblica promuove e sostiene lo spettacolo come fattore indispensabile per lo sviluppo della cultura ed elemento di coesione e di identità nazionale. Si fa riferimento anche al valore educativo e formativo di queste forme di espressione, che hanno - è persino banale ricordarlo - profondità storica e tradizione. Il comma 2, oltre a fornire una definizione generale delle attività di spettacolo che la Repubblica intende promuovere e sostenere, elenca anche settori di attività con alcune integrazioni importanti di cui si sentiva particolare bisogno, come, ad esempio, uno per tutti, le attività di musica popolare contemporanea, e poi anche le attività circensi, di spettacolo viaggiante e i carnevali storici, che, per chi vive in una città dove si svolgono, sa quanta importanza hanno sia come espressione artistica sia dal punto di vista turistico, data l'enorme affluenza di pubblico che essi procurano.

Sempre con questo articolo si delega il Governo alla redazione di un codice dello spettacolo, testo che dovrà razionalizzare e semplificare, come sempre ricordava molto bene Rampi, uno degli obiettivi principi di tutto il provvedimento, e dare organicità e omogeneità a tutte le norme che in questi vent'anni si sono susseguite, che hanno creato un sistema ad oggi complesso, poco accessibile e poco comprensibile. Il comma 4 precisa e promuove le finalità dell'intervento pubblico a sostegno delle attività di spettacolo, intervento che deve favorire e promuovere prima di tutto la qualità dell'offerta artistica, i progetti innovativi e la trasmissione dei saperi. Intervento pubblico che deve essere sempre più investimento, ci tengo anch'io a ritornare su questo concetto dell'investimento, investimento sul futuro.

Interventi pubblici, quindi, come investimento sulla qualità e sull'offerta artistica. In questo comma si interviene anche su un altro aspetto che riteniamo centrale: le modalità di collaborazione fra Stato ed enti locali per l'individuazione di spazi e di immobili non utilizzati o di beni confiscati da concedere per le attività di spettacolo. Gli spazi per gli artisti sono una nota dolente nel nostro Paese, come in altre parti del mondo, ma, dove si sono fatte politiche, anche molto incisive, volte proprio a favorire la nascita di spazi polifunzionali, si è assistito alla nascita di veri e propri distretti delle arti. Un intervento, però, in cui dovranno collaborare molto anche gli enti locali, quindi una scommessa anche per i nostri comuni. Il comma 4, lettera i), riguarda l'introduzione, che veniva sempre ricordata da Rampi, di norme per l'avvicinamento dei giovani alle attività di spettacolo, attraverso promozione di programmi di educazione, destinando almeno il 3 per cento della dotazione del Fondo unico per lo spettacolo, FUS, a tali programmi.

Ecco, questa è un'altra norma fondamentale, e nella già citata legge sul cinema e l'audiovisivo abbiamo introdotto un medesimo meccanismo: il 3 per cento del Fondo per l'audiovisivo, infatti, viene destinato a programmi di formazione. Questo è un grande investimento sulla formazione dei nostri ragazzi, dei cittadini del futuro, che, grazie a questo intervento, acquisiranno più consapevolezze, più sensibilità, più conoscenze, più strumenti, più curiosità per la cultura, per il cinema, come per il teatro, la musica, la danza, e servirà loro a crescere meglio e a far crescere meglio anche tutta l'Italia. Un grande investimento sul pubblico del futuro, ma su questo tema del pubblico e della domanda ci tornerò più avanti. In ultimo, sempre con questa stessa filosofia, salutiamo con favore anche la nuova disciplina degli incentivi fiscali e di sostegno ai giovani artisti contenuta nell'articolo 5. Ecco, interventi organici che hanno un filo conduttore: giovani, formazione, futuro; così come anche la delega, che veniva ricordata, sui lavoratori, su cui non torno.

Sempre connesso con questo filo rosso è l'attivazione di piani straordinari per la strutturazione e l'aggiornamento tecnologico dei teatri, punto, anche questo, molto importante. Ormai gli spettacoli hanno un livello tecnologico alto e non sempre possono essere realizzati in ogni sede; pertanto, noi diamo delle risorse per l'aggiornamento proprio tecnologico dei teatri. Le forme espressive contemporanee si nutrono sempre di più di nuovi linguaggi, di nuove tecnologie, di nuove modalità di fruizione, distribuzione e consumo. Siamo comunque sempre nell'era della convergenza, e i nostri luoghi, invece, sono ancora luoghi analogici, tranne alcune eccezioni eccellenti; così come tutta l'impalcatura normativa era fino a questo punto, e speriamo che da domani sarà diversamente, una normativa ferma alla fine dell'Ottocento, forse con qualche inserzione di Novecento. Abbiamo così previsto, come nella legge cinema - cito sempre la legge cinema - un grande piano per la digitalizzazione delle sale, anche in questo caso interveniamo sull'adeguamento dei teatri. Siamo consapevoli che, però, non c'è futuro senza conoscenze delle proprie radici, della propria storia. E, allora, se da una parte introduciamo una categoria da cui non si poteva più prescindere, cioè l'organizzazione e la produzione di musica popolare contemporanea, dall'altra interveniamo anche sulle fondazioni lirico-sinfoniche.

È importante che la musica popolare contemporanea e le figure che afferiscono all'organizzazione e alla produzione di questa musica popolare vengano prese in considerazione; diciamo finalmente, non se ne può più prescindere. Il mondo fuori viaggia veloce e oggi riusciamo, grazie a questo provvedimento, a tenere il passo. Nella nostra impalcatura normativa, infatti, buona parte delle risorse delle leggi sono volte al funzionamento delle fondazioni lirico-sinfoniche. Per capirci, non c'era il jazz, ma c'era tanto sulle fondazioni lirico-sinfoniche. Ora stiamo introducendo, invece, e intervenendo su questo squilibrio, ed era doveroso farlo. Sulle fondazioni lirico-sinfoniche, invece, si è detto tanto, abbiamo discusso tantissimo in questi anni. Il mio pensiero è che ormai improcrastinabile una riflessione coraggiosa sulla loro sostenibilità, sui loro modelli organizzativi. Noi abbiamo avuto nel corso degli anni diversi enti commissariati i quali, con le gestioni commissariali, si sono rialzati, non perché vi fossero norme diverse, ma perché venivano introdotte buone pratiche, oculatezza, managerialità, innovazione nei rapporti di lavoro, negli acquisti e nelle produzioni.

Mi sia permesso, a questo punto, aprire una parentesi, che, però, non viene a sproposito: la Commissione cultura della Camera dei deputati sta conducendo un'indagine conoscitiva sulla diffusione culturale e sulle buone pratiche. Guardate, colleghi, forse si tratta di una delle cose più dense e vitali che la Commissione di cui faccio parte - e mi onoro di farne parte - abbia fatto nell'arco dell'intera legislatura. Stiamo tastando il polso del Paese in un modo nuovo, genuino e sotto un profilo inedito e innovativo.

Ebbene il dottor Carlo Fuortes già amministratore delegato di Auditorium Parco della Musica e ora sovrintendente del Teatro dell'Opera di Roma è venuto a dirci cose importantissime sulla gestione degli enti lirici. Ha sostenuto che gli enti lirici devono porsi il problema della domanda dei consumi culturali. Solo il 20 per cento degli italiani va una volta l'anno in un teatro: non sono certo abbonati. Se ci limitiamo alla musica classica e all'opera la percentuale scende all'8 per cento. Diciamo allora che un italiano su cinque frequenta un servizio culturale finanziato dal pubblico e l'incredibile deduzione logica è che la cultura è pagata da chi non la frequenta. Noi dobbiamo allora smetterla con l'economia dell'offerta e guardare il problema dal punto di vista della domanda: il mondo è totalmente cambiato e la domanda di pubblico è totalmente cambiata. La risposta dell'offerta culturale pubblica è rimasta però quella ottocentesca. Il provvedimento che stiamo esaminando è volto a introdurre innovazioni che sono un passo avanti gigantesco per così come lo stiamo presentando. Fuortes ha anche detto un'altra cosa molto importante: nello spettacolo dal vivo è il fattore tempo l'elemento essenziale. Tutti questi servizi, a differenza dei prodotti di consumo, non possono essere ponderati come beni di consumo, come anche Rampi diceva prima. Non posso ovviamente acquistare più di quello che consumo come è tipico di altri beni di consumo. Forse solo i libri lo consentono: quanti libri sono stati venduti che non sono stati letti; il cibo lo consente; l'abbigliamento lo consente ma i servizi culturali no, a meno che non ci siano dei matti che vanno a comprare i biglietti del teatro, dell'opera e del cinema e poi non ci vanno. C'è quindi un'enorme competizione sul tempo libero: è su questo terreno che ci si misura. Il tempo libero aumenta e la fruizione acquista nuove dimensioni grazie alle nuove tecnologie: tutte sfide in cui siamo immersi, sfide che possiamo vincere applicando paradigmi adeguati e non fermi al secolo scorso. Per concludere, lo sforzo fatto con il disegno di legge è grande e serio e va proprio in questa direzione e per questo ha tutto il sostegno del Partito Democratico.