A.C. 939-A
Presidente, onorevoli colleghi e colleghe, oggi, siamo qui riuniti per discutere un provvedimento che condividiamo nel profondo, anche se avremmo auspicato che fosse arrivato e affrontato prima. Il decreto-legge n. 16 del 2 marzo 2023, recante disposizioni urgenti di protezione temporanea per le persone provenienti dall'Ucraina, oggi in discussione, dà seguito alle improcrastinabili richieste di proroga fino al 31 dicembre 2023, nuovo termine dello stato d'emergenza, di quelle che furono le misure di assistenza e accoglienza in favore delle persone provenienti dall'Ucraina, già adottate in attuazione del decreto-legge n. 21 del 2022, in conseguenza della terribile invasione e guerra che ha colpito quel Paese.
Come più volte ricordato anche all'interno di quest'Aula, l'Italia si è stretta da subito, con l'Europa tutta, attorno all'Ucraina, sostenendola in ogni modo, a cominciare da quello solidale ed umanitario. Lo abbiamo fatto come istituzioni, ma anche come società civile e, spesso, come singoli cittadini ed abbiamo fatto bene, perché la guerra, oltre a morte e distruzione, ha provocato anche un immenso esodo di milioni di cittadini, al 90 per cento donne e bambini, a cui abbiamo dovuto e voluto dare risposte. Vorrei, oggi, qui, ringraziare ancora una volta le migliaia di nostri concittadini che hanno aiutato questi profughi, aprendo le loro case, le loro famiglie, aiutandoli economicamente, inviando generi di conforto, partecipando a missioni di cooperazione. È stato un grande momento di generosità e fraternità del nostro popolo, che ha fatto onore all'Italia tutta, ed è stato anche un grande momento di prova di accoglienza di cui ringraziare gli enti locali, a cominciare dalla città di Roma, i cui interventi sono stati riconosciuti come best practice a livello europeo. Tanto è stato importante questo afflusso massiccio di profughi provenienti dall'Ucraina che per la prima volta, con il DPCM 28 marzo 2022, abbiamo dato attuazione allo strumento della protezione temporanea messo a disposizione dall'Unione europea, che ci ha permesso di fornire assistenza a tutte le persone che, benché non soddisfacessero i requisiti per ottenere lo status di rifugiato, avevano comunque bisogno di protezione immediata e temporanea a causa della situazione di emergenza nel loro Paese.
L'obiettivo di questo strumento è quello di alleviare la pressione sui sistemi nazionali di asilo e consentire agli sfollati di godere dei diritti armonizzati in tutta l'Unione europea. Le stime, infatti, ci indicano come possibile una cifra di 5 milioni di rifugiati nei Paesi europei a causa del conflitto armato e circa 7 milioni di sfollati interni al Paese. In realtà, già in passato in Italia ci è capitato di assistere a simili esodi e di accogliere nel nostro territorio un numero tanto elevato di profughi. Penso a quelli provenienti dalla Siria e dall'Afghanistan, sempre a causa di conflitti armati, di cui tanto abbiamo discusso e che oggi, purtroppo, a stento ricordiamo. Ma nonostante questo esodo, allora non fu attivato lo strumento, che non era mai stato utilizzato.
Mi permetto qui, Presidente, una breve digressione o, se vuole, un approfondimento. Purtroppo, viviamo in un tempo in cui le guerre si eternizzano e si dimenticano. Uno dei grandi mali del nostro tempo è l'assuefazione al dolore degli altri. Noi, italiani ed europei, che abbiamo goduto di una lunga pace, spesso, purtroppo, l'abbiamo considerata scontata. La guerra era qualcosa degli altri. Chi parla oggi ancora della Siria? Chi ricorda che lì c'è una guerra da 12 anni, scoppiata nel marzo 2011? Ci siamo scandalizzati per l'utilizzo delle armi chimiche, abbiamo visto colpire e perseguitare le minoranze, distruggere città patrimonio dell'UNESCO come Aleppo. E poi? E poi ci siamo dimenticati delle guerre eternizzate. Penso alla Somalia, dove l'Occidente - e anche l'Italia - mandò contingenti militari, e che oggi vive una situazione drammatica, dove migliaia di bambini muoiono di fame e di sete.
In un'epoca in cui si vede e si sa tutto, proviamo a dimenticare il dramma di tanti popoli non europei per poi stupirci del loro desiderio di cercare una vita migliore. Oggi, che con l'Ucraina la guerra ce la ritroviamo in casa, in Europa, abbiamo deciso di agire e abbiamo fatto bene, ma dobbiamo vigilare a non abituarci anche a questo conflitto. Mai dobbiamo pensare al demone della guerra come ad un compagno di strada normale della nostra storia!
Preoccupa, al riguardo, l'escalation militare degli ultimi mesi; preoccupa l'annuncio del Governo britannico di inviare munizioni anticarro perforanti all'uranio impoverito, armi che, purtroppo, noi italiani conosciamo bene, perché utilizzate nelle guerre dei Balcani e in Iraq, le cui conseguenze sono drammatiche per l'ambiente e per l'uomo. Tanti militari e civili si sono ammalati e troppi sono morti. Allo stesso modo, preoccupa molto l'annuncio della Russia di schierare nuove armi nucleari in Bielorussia.
Bisogna trovare la strada per fermare una gara al rialzo bellico, le cui conseguenze potrebbero essere catastrofiche.
Tornando al merito del provvedimento, di cui oggi si discute, ho già detto che ne condividiamo lo spirito, benché - e di questo sono stato personalmente portavoce - la proroga ivi contenuta sia stata oggetto di diversi solleciti da parte nostra, perché il provvedimento scadeva il 4 marzo e lo stiamo affrontando solo oggi. Ma, per fortuna, oggi ne discutiamo la proroga e abbiamo anche provato a migliorarlo in Commissione, con emendamenti che non sono stati accolti, ma che potrebbero semplificare la vita dei profughi ucraini e anche quella dell'amministrazione pubblica.
La norma all'articolo 2, infatti, prevede che i permessi di soggiorno per le persone provenienti dall'Ucraina, in scadenza il 4 marzo, rilasciati ai beneficiari di protezione temporanea, conservino la loro validità fino al 31 dicembre 2023, sollevando, dunque, le persone dall'andare personalmente nelle questure per richiedere il summenzionato rinnovo e questo è importante e utile.
Così, però, con la medesima ratio, chiedevamo di inserire all'articolo 1, comma 6, dove si prevede la prosecuzione della garanzia di accesso all'assistenza sanitaria sul territorio nazionale per richiedenti e titolari della protezione temporanea, l'automatico rinnovo delle iscrizioni presso le ASL dei medesimi titolari. Ciò semplicemente per evitare che queste persone debbano necessariamente recarsi fisicamente presso queste strutture per vedersi rinnovato e garantito il diritto al medico curante, al pediatra, alla continuità delle cure, alle esenzioni, ai ricoveri e a tutto ciò che concerne l'accesso alle cure, di cui il provvedimento effettivamente parla.
Queste persone, come sappiamo, spesso non parlano ancora l'italiano, hanno quasi sempre bisogno di un mediatore culturale e compiere questo tipo di adempimento per loro è spesso fonte di disagi e di problemi. Con un semplice gesto si potrebbe dare un segnale di reale comprensione di quel disagio per persone che sono in fuga dalla guerra, che hanno perso la propria casa e i propri cari e che non sanno quando e se potranno far ritorno nel loro Paese.
Qui vorrei sottolineare un altro aspetto molto preoccupante delle recenti scelte governative in materia di immigrazione. Infatti, con il decreto-legge 10 marzo 2023, n. 30, il Governo ha deciso di limitare il campo di applicazione della protezione speciale a salvaguardia della vita privata e familiare dello straniero. Il permesso di soggiorno per protezione speciale fu introdotto con il decreto-legge n. 130 del 2020 e delineava un quadro giuridico preciso in base al quale non erano ammessi il respingimento o l'espulsione di una persona verso uno Stato qualora esistessero fondati motivi di ritenere che l'allontanamento dal territorio nazionale comportasse una violazione del diritto al rispetto della propria vita, privata e familiare, a meno che esso non fosse stato necessario per ragioni di sicurezza nazionale ovvero di ordine e sicurezza pubblici, e che, ai fini della valutazione, si doveva tener conto della natura e dell'effettività dei vincoli familiari dell'interessato, del suo effettivo inserimento sociale in Italia, della durata del suo soggiorno nel territorio nazionale, nonché dell'esigenza di legami familiari, culturali o sociali con il Paese di origine.
Ebbene, tutto questo forse non esisterà più e credo non sia una buona notizia. Non mi sembra una scelta corretta e giusta e temo sarà foriera di molto contenzioso amministrativo e comporterà il rischio di aumentare situazioni di irregolarità. Peraltro, segnalo al riguardo al rappresentante del Governo che, nonostante la norma non sia stata ancora convertita, gli uffici immigrazione delle questure hanno iniziato a non rinnovare o a non rispondere alle persone che erano in attesa di rinnovo con la norma ancora in vigore e questo non è corretto.
Peraltro, con quell'intervento normativo, ossia l'intervento di rinnovo delle norme sull'immigrazione, non è stato deciso nulla rispetto ad uno dei più grandi problemi del nostro tempo, ovvero come rendere possibile l'accesso al diritto d'asilo, previsto dalla nostra Costituzione all'articolo 10, comma 3, da parte di rifugiati che sono già fuggiti dai propri Paesi di origine e che si trovano nei cosiddetti Paesi terzi, dove però, per mancanza di riconoscimento di uno degli status di protezione internazionale, non possono rimanere e sono costretti a cercare altrove quella protezione che non hanno avuto. Era questo il caso, ad esempio, di coloro, siriani ed afgani in primis, che sono fuggiti dalla Turchia per trovare tragicamente la morte sulla costa calabrese a Steccato di Cutro.
Non vado oltre, ma mi colpisce, riflettendo su un provvedimento in cui parliamo di profughi, come sembra si possa fare una classifica tra profughi stessi, come se potessero esservi quelli meritevoli di aiuto e quelli non meritevoli. Io questo distinguo non lo vedo. Noi vediamo solo persone in stato di bisogno che vanno aiutate senza se e senza ma.
Mi corre, infine, l'obbligo di sollevare un legittimo dubbio relativo all'articolo 5 sulle disposizioni finanziarie. Lascia un po' perplessi, infatti, il fatto che, per garantire accoglienza e assistenza umanitaria alla popolazione vittima della guerra, il secondo capitolo, da cui maggiormente si prelevano i fondi, sia quello degli affari esteri e della cooperazione internazionale, della promozione della pace e della sicurezza internazionale, delle politiche migratorie. Non so, ma a me sembra una contraddizione.
Per questo - e concludo, signor Presidente - è un bene che questo provvedimento, che oggi discutiamo, venga approvato presto.
Mi auguro solo che il Governo trovi maggiore coerenza nella sua linea di intervento in una materia così delicata, come quella dell'accoglienza e dell'immigrazione, che non confonda la propaganda con il bene comune e che sappia mantenere l'Italia in quel ruolo di Paese che storicamente si è ritagliata agli occhi del mondo intero, di Paese culla di umanità e di diritto.