Data: 
Lunedì, 12 Maggio, 2014
Nome: 
Luisella Albanella

A. C. 2208-B

Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto lavoro approvato dal Senato e approdato oggi alla Camera in terza lettura, anche con gli ultimi emendamenti del Governo mantiene tutte le correzioni volute dal Partito Democratico alla Camera e, in alcuni aspetti, migliora il testo dal punto di vista tecnico, come nella formazione degli apprendisti, che ne ha rafforzato il punto.
  Viene confermata, nei contratti a termine, la diminuzione da 8 a 5 del numero massimo di proroghe ammesse nell'arco dei 36 mesi e non collegata ai rinnovi. Confermato il diritto di precedenza per i contratti a termine, come pure l'obbligo della formazione regionale e on the job certificata e la stabilizzazione del 20 per cento per l'apprendistato.
  Inoltre, aspetto per noi molto importante rimane il monitoraggio annuale per verificare l'efficacia di queste misure nel favorire l'incremento del contratto a tempo indeterminato e lo scoraggiamento delle forme di lavoro flessibili, così come auspicato dal Governo.
  Ci dà inoltre la possibilità, qualora dovessero emergere delle criticità in sede applicativa, di rivederle e modificarle.
  Anche la valorizzazione dell'alternanza scuola-lavoro va nella direzione voluta dal mio partito, con un emendamento già inserito nel decreto Carrozza del Governo precedente.In relazione alla sanzione pecuniaria, va ricordato che nel testo originale del Ministro Poletti non esisteva nessuna forma. Proprio in relazione alla sanzione, sarebbe stato preferibile mantenere la correzione voluta dal Partito Democratico, che prevedeva la stabilizzazione a tempo indeterminato. In ogni caso, la sanzione del 20 per cento e del 50 per cento costituisce un valido deterrente.
  Non condivisibile per me nel merito l'emendamento passato al Senato che riguarda l'innalzamento del tetto da 30 a 50 dipendenti per le aziende che devono stabilizzare gli assunti dopo il periodo di apprendistato. Sul diritto di precedenza nelle successive assunzioni per i contratti a termine, il datore di lavoro ha l'obbligo di richiamare espressamente il diritto di precedenza del lavoratore nell'atto scritto con cui viene fissato il termine del contratto.
  Le altre correzioni non incidono sui contenuti di fondo. Il provvedimento, secondo me, ha rafforzato l'equilibrio tra opportunità offerte alle imprese e le esigenze dei lavoratori.
  Non va tuttavia dimenticato che, in tema di politiche del lavoro, nella discussione sulla legge delega, potrà essere cercato e trovato un diverso equilibrio, nel reciproco interesse delle parti in causa. Ritengo che superare il dualismo del mercato del lavoro non significa togliere diritti a chi li ha, ma darli a chi non li ha. Per questo è necessario ridurre la giungla delle forme contrattuali di lavoro, individuando una tipologia di contratto d'inserimento valido per tutti, come previsto dalla legge delega, in cui i lavoratori, dopo un periodo di prova allungato, hanno pienezza di diritti. Questo è uno strumento che può contribuire ad abbattere la precarietà e va discusso in tutta la sua valenza.
  Per quanto riguarda le semplificazioni del codice del lavoro, così come previsto dalla legge delega e come ricordato dall'onorevole Binetti, io mi aspetto che l'idea della semplificazione non significhi invece una deregolazione delle tutele. Un fatto è sveltire le procedure, semplificarne gli adempimenti, rendere più chiara ed organica la normativa; un altro è cancellare i diritti. La semplificazione deve essere vantaggiosa per tutti, imprese e lavoratori, dando certezze e diritto.

Nella situazione attuale, caratterizzata dal preoccupante stato della disoccupazione giovanile e non solo, e dalla grave difficoltà delle imprese a realizzare programmi ed investimenti di lungo termine, la priorità assoluta è certamente quella di intervenire in ogni modo per creare occasioni ed opportunità di lavoro.
  Questo decreto-legge va dunque letto come un provvedimento emergenziale, ma necessario per stimolare le iniziative imprenditoriali, senza le quali non potrebbe esserci sviluppo ed occupazione. In questa direzione, la scelta del Governo di aiutare la ripartenza dell'economia con il taglio dell'IRPEF a vantaggio dei lavoratori è stata una scelta positiva.
  I tanto discussi 80 euro, derisi e sminuiti da una certa politica populista, serviranno alle famiglie e valgono, vi posso assicurare, quanto il rinnovo di un contratto di lavoro. Rinnovandolo, inoltre, con sacrifici dei lavoratori in termini di ore e ore di sciopero effettuate.
  La riduzione dell'IRAP alle imprese e l'aumento della tassazione sulle rendite finanziarie vanno anch'esse nella giusta direzione. In poco più di un anno, se tutto va in porto, il mondo del lavoro e delle imprese potrà contare su sgravi per 17 miliardi di euro, compresi i 3 miliardi di euro per il cuneo decisi dal Governo Letta unitamente al rimborso dei crediti delle imprese nei confronti della pubblica amministrazione. Questi provvedimenti potranno essere senz'altro uno stimolo forte alla domanda.
  Penso, invece, che il Governo sottovaluti, quando si parla del lavoro, l'importanza della previdenza, quella presente e quella futura. In prospettiva ne saranno investiti i lavoratori di oggi, a partire dai più giovani, se non si trova presto una soluzione. Faccio notare che, senza ipotizzare un rapporto diretto tra pensionamenti e nuove assunzioni, avere innalzato l'età pensionabile alla fine del 2011 così bruscamente e in modo generalizzato, nel pieno della crisi, ha determinato un oggettivo spiazzamento del mercato del lavoro. Ci sono alcuni casi, come quello degli insegnanti della quota 96, dove la soluzione del problema consentirebbe la messa a ruolo di migliaia di giovani, oltre che riparare ad una vistosa ingiustizia causata dal legislatore. Ma questo è solo un esempio.

 I provvedimenti messi in atto dal Governo, tra cui anche la Garanzia giovani, cercano tutti di promuovere lavoro, contrastare la disoccupazione e favorire la crescita economica. Sappiamo tutti che questa non si realizza solo con le leggi e i decreti; troppi sono i fattori in gioco, tanti gli attori che devono contribuire a realizzarla. Sappiamo anche che l'impulso forse più forte può venire dall'Europa, con politiche comunitarie atte allo scopo e, soprattutto, con risorse finanziarie adeguate. L'opportunità delle elezioni europee e il semestre italiano di Presidenza possono e devono contribuire a realizzare una politica economica adeguata alle necessità dello sviluppo e della crescita.
  Per questo, affermo con forza che la via d'uscita non è meno Europa, ma più Europa. Se qualcuno pensa veramente che da soli siamo più forti, purtroppo si sbaglia. La velocità delle risposte che il Parlamento può dare dipende da noi, ma anche la qualità delle stesse è giusto che non venga disattesa. E questo mi pare non è avvenuto all'interno della Commissione lavoro, così come non sta avvenendo adesso. Purtuttavia, è necessario considerare come il risultato che il decreto-legge si propone di raggiungere e che fortemente tutti vogliamo può essere rappresentato da un insieme di tessere, o, come le vogliamo chiamare, di tasselli che devono essere collocate in un mosaico più complessivo.
  Necessita di un suo percorso per un coerente disegno. La trama di questo disegno è far uscire l'Italia dalle secche della crisi economica il più presto possibile e con equità per tutti i soggetti sociali che qui da noi sono rappresentati.
  Ritengo che questo compito cominci a delinearsi più chiaramente con il decreto lavoro in discussione e lo sarà ancor più con la più ampia riforma costituita dalla legge delega. A ciascuno di noi va la responsabilità di favorire, senza preconcetti e pregiudiziali di sorta, la riuscita di questo importante disegno. Per tali ragioni, il Partito Democratico difende il provvedimento, per costruire un percorso utile per il nostro Paese. Per questo risultato stiamo lavorando e a questo percorso ci siamo sempre richiamati.