Data: 
Giovedì, 15 Maggio, 2014
Nome: 
Elisa Simoni

A.C. 2208-B

Dichiarazione di voto finale

Signora Presidente, colleghi, il decreto n. 34 che votiamo oggi in terza lettura alla Camera contiene disposizioni importanti in materia di lavoro e, come era prevedibile, è stato oggetto di un dibattito acceso tra diverse filosofie, anche diverse soluzioni, per affrontare la più importante emergenza del Paese. In un sistema di bicameralismo paritario il testo ha fatto il suo iter tra le due Camere, ma dopo il passaggio dell'approvazione al Senato conserva sostanzialmente l'impostazione che il testo aveva alla Camera con il voto del 24 aprile e mantiene tutte quelle modifiche migliorative che la Commissione lavoro proprio della Camera aveva garantito, garantendo appunto un maggiore equilibrio tra le ragioni delle imprese, quelle dei lavoratori e delle lavoratrici.
  Ma quando le ragioni elettorali hanno la meglio sulla responsabilità verso il Paese, come abbiamo sentito nel dibattito di questi giorni, abbiamo chiaro che sta a noi tentare di chiarire la differenza tra la realtà dei fatti e la propaganda.Vedete, colleghi, quando ci viene detto di essere contemporaneamente sotto dettatura di Confindustria e della CGIL è evidente che la schizofrenia politica non è la nostra. Con questo decreto-legge, colleghi, non si aumenta la precarietà, ma si offre alle imprese la possibilità di ampliare le assunzioni favorendo gli strumenti di semplificazione e di flessibilità. Si tenta di togliere l'alibi alle stesse imprese di usare impropriamente i contratti come le partite IVA, che sono in Italia – lo ricordo – sono 2 milioni e mezzo e nascondono in realtà lavoro subordinato. Si inizia un processo di chiarezza sugli strumenti principali per formare al lavoro e, quindi, indirettamente, si parla anche degli stage e di come vengono sfruttati i nostri ragazzi oppure del lavoro parasubordinato, che in realtà molto spesso è molto subordinato. Si vuole, colleghi, contrariamente a quanto viene strumentalmente detto, spostare il rapporto di lavoro in favore del tempo determinato e dell'apprendistato.
  Da deputato, ma anche da donna e madre ed in un Parlamento composto da tante donne giovani, permettetemi di esprimere appunto soddisfazione per le modifiche migliorative introdotte dal Senato in materia di diritto di precedenza per le lavoratrici. Già nella prima approvazione alla Camera avevamo avuto l'occasione di sottolineare l'importante risultato raggiunto dalla Commissione rispetto a questo punto, garantendo che fosse riconosciuto il periodo di maternità obbligatorio come periodo di prestazione effettiva di lavoro. Le modifiche apportate al Senato hanno aggiunto il diritto di precedenza rispetto ai contratti a tempo determinato.
  Ma non solo questo. Per l'apprendistato leggo con soddisfazione nel nuovo testo la conferma dell'obbligo di formazione contenuta nel contratto e la possibilità, per quelle regioni – e sono tante, colleghi – che hanno l'alternanza scuola-lavoro, di attivare contratti di apprendistato legati alla stagionalità, consentendo a quei tanti giovani e quei tanti studenti la possibilità di un lavoro regolare, non a nero come accade spesso adesso.
  Abbiamo tutti chiaro che in questi ultimi anni l'apprendistato non ha funzionato, che la realtà italiana è differenziata e che da molte parti le nostre aziende fanno effettivamente difficoltà ad utilizzare lo strumento finora proposto. Ma questo non accade perché la formazione pubblica è un limite. Vorrei dire ai colleghi del centrodestra, di maggioranza e non, che la formazione pubblica, ma anche quella privata, diventa un limite quando è inutile, perché è fatta impropriamente, ed il dibattito ideologico tra formazione pubblica e formazione privata non ci aiuterà ad ottenere un sistema formativo migliore.
  Affinché il nostro sistema di formazione al lavoro funzioni, dobbiamo affiancare, a quello che già questo decreto-legge tenta di fare, una riforma dei servizi al lavoro, che comporti un intervento organico di politiche passive ed attive, che sposti le risorse in favore delle politiche attive e dei servizi, pubblici e privati, e riveda l'intero impianto degli ammortizzatori sociali, che dovrà mantenere gli strumenti necessari per le ristrutturazione aziendali – la Germania ha fatto così –, quando appunto i lavoratori devono rimanere legati all'imprese, per non disperdere il patrimonio di professionalità accumulato negli anni, ma dovrà anche necessariamente introdurre un sistema di tutele universalistico per chi un'azienda dove tornare non ce l'ha.
  Garantisco ai colleghi di Sinistra Ecologia Libertà, che ho sentito intervenire stamane, che questo è anche il nostro obiettivo e consiglio a chi ha parlato prima di me di leggere la delega su questo punto, anche se devo dire non mi dispiace che ci sia convergenza sulla riforma degli ammortizzatori, che noi proponiamo. Infatti, questo noi facciamo con la legge delega che è al Senato. A chi sostiene che l'azione del Governo sulle materie del lavoro sia ridotta a questo decreto-legge ed ai suoi limitati, anche se importanti contenuti, chiedo maggiore onestà intellettuale. La legge delega affronta i grandi temi che hanno occupato il dibattito sulle riforme in tema di lavoro in questi anni e Il Sole 24 Ore di oggi dice che quello che vi è contenuto si aspetta da vent'anni.Riforma degli ammortizzatori sociali, riforma dei servizi per il lavoro e le politiche attive, riordino delle forme contrattuali, sostegno alla maternità e alla conciliazione: quello di cui ci occuperemo nel merito sono le riforme che chiedono le nostre imprese, i nostri giovani, le nostre lavoratrici.
  Avremo modo, colleghi, non più di confrontarci sulla teoria, ma sulle idee, sulle scelte da fare per il Paese. Gli inglesi distinguono tra politics e policy, ossia tra contenuti e schieramenti, tra le politiche e il potere. Le prime, le idee, le scelte sono più importanti e determineranno la politica del Partito Democratico. Sarà il modo in cui il PD rafforzerà il suo rapporto di fiducia con gli italiani.
  Con questo decreto e con la delega ci stiamo occupando di lavoro, colleghi, ma con la consapevolezza che i provvedimenti sulla contrattualistica, sulle politiche attive e passive e sui servizi non risolvono il problema della crescita da soli e, sopratutto, che non è arretrando sulle tutele e sui diritti che renderemo più forte l'economia del nostro Paese. E noi non arretreremo, ve lo posso garantire, anzi tenteremo di garantire maggiore equità. Ma abbiamo chiaro che il tempo non è una variabile secondaria e che sta a noi riformare il Paese per garantire progresso. Per questo, a una settimana dal voto per l'Europa, il Governo continua e accelera le azioni di riforme, chieste, sì, anche dall'Europa, ma sopratutto – diciamocelo con onestà – dai cittadini e dalle cittadine italiane.
  Ma il Partito Democratico ha un'ambizione più grande, quella di aprire un dibattito sul lavoro che riguardi tutta l'Europa, e di diventare protagonista, con il risultato anche del voto, in Europa di questo dibattito. Il lavoro, come diritti, e le tutele connesse non possono continuare ad essere così eterogenei nel continente. Serve lavorare perché esista un nucleo forte di diritti garantiti in ogni Paese, assieme a tutele assicurate per ogni lavoro. Un codice del lavoro europeo sarebbe fondamentale per disinnescare il gioco al ribasso innescato in questi anni, che ha visto erodere i redditi da lavoro e aumentare quelli da capitale, che ha visto erodere i diritti, aumentando precarietà e povertà.
  Davanti ai dati della disoccupazione l'Europa deve trovare, nei volti degli europei senza lavoro, la sua ragione. Un grande piano di investimenti, con un forte contributo pubblico – ha ragione l'onorevole Di Salvo –, che va rilanciato, prima di tutto, a livello comunitario. Bisogna affiancare ad un piano europeo per l'innovazione e l'occupazione, l'introduzione di una golden rule, che scorpori gli investimenti nazionali in innovazione, green economy, istruzione e ricerca dal computo della spesa, ai fini del calcolo del rapporto deficit/PIL.
  Il dumping tra i Paesi membri va ridimensionato, riducendo il gap di produttività, lavorando sia sul lato dei salari, da aumentare in quei Paesi che sono ad alta produttività, sia sul lato delle unità di prodotto e soprattutto del contenuto di innovazione, da alzare dove è ancora bassa.
  Un'Europa forte, finalmente forte dovrebbe imporsi ai tavoli del commercio internazionale su aspetti cruciali per le nostre economie, che devono essere sottratte ad una concorrenza falsata e dannosa sui nostri prodotti, sopratutto sui prodotti italiani del made in Italy, che devono competere, ad oggi, sui mercati non solo con beni contraffatti o di bassa qualità, ma anche con prodotti qualitativamente poco dignitosi, perché realizzati in Paesi in cui il rispetto dell'ambiente e dei diritti dei lavoratori non sono rispettati. Questa è la vera competitività. E a chi si chiede se le nostre aziende sarebbero più competitive senza l'euro, chiedo cosa farebbe la nostra industria pesante, comprando materie prime ed energia con una moneta svalutata.
  Il Partito Democratico di lavoro e di diritti se ne occuperà. Se ne occuperà in Italia e in Europa e se ne occuperà in Europa per l'Italia. Questo decreto è il nostro inizio, il primo passo verso un processo di riforme che mettono il lavoro al centro e tentano di recuperare gli sbagli fatti e il tempo perso.
  Questo non è il tempo di incatenarsi, colleghi, ma quello di togliere le catene che frenano la nostra economia e il nostro futuro. E noi non abbiamo bisogno di sveglie, lo abbiamo dimostrato ieri con l'accordo sull'Electrolux: niente licenziamenti, niente tagli del salario. Il Governo c’è stato e ha risolto una delle grandi questioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  Noi, colleghi, il lavoro lo conosciamo e conosciamo anche le fabbriche, in molti di noi le abbiamo vissute. In questi giorni mi è capitato di leggere un piccolo libro sugli scritti di Adriano Olivetti e mi sembra che si possa concludere bene e così la nostra idea di progresso, di economia, di fabbrica: «La nuova economia che immaginiamo contribuisce al progresso materiale e accompagna l'individuo mentre perfeziona la propria personalità e le proprie vocazioni.
  E, tuttavia, non impedisce di volgere l'animo verso una meta più alta: non un fine individuale o un profitto personale, ma un contributo alla vita di tutti sul cammino della civiltà». Adriano Olivetti.
  Questa è la nostra idea di lavoro, questa è la nostra idea di progresso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
  Per questo e per le ragioni che ho appena sintetizzato, preannunzio il voto favorevole del Partito Democratico sulla conversione del decreto-legge n. 34.