Dichiarazione di voto finale
Data: 
Mercoledì, 7 Giugno, 2023
Nome: 
Chiara Gribaudo

A.C. 1114-A

Grazie, Presidente. La ringrazio anche per essere presente in Aula nel momento - lo ricordo - non della discussione generale ma delle dichiarazioni di voto. Quindi, sappiamo che sono a conclusione di un provvedimento. Allo stesso modo, ringrazio il collega Rizzetto. Trovo, invece, veramente imbarazzante e poco rispettoso del Parlamento il fatto che non ci sia nessuno nei banchi della maggioranza. In modo particolare faccio notare l'assenza di Fratelli d'Italia, che ci ha fatto la morale per anni dicendo che non rispettavamo il Parlamento, e poi non c'è nessuno di Fratelli d'Italia davanti a me, salvo due parlamentari, e anche questa, a proposito, è una cosa francamente indegna.

Detto questo, sono passati 7 mesi e 15 giorni dall'insediamento del Governo Meloni - lo dico per i colleghi della Lega, se vogliono farlo presente al Ministro Salvini, so che ci tiene a tenere il conto di quanto tempo fa il Ministro - senza che nessuna riforma organica attesa dal Paese o promessa in campagna elettorale sia stata messa in cantiere fino a qui. Intanto, abbiamo approvato ben 25 decreti-legge in 6 mesi e votato 17 questioni di fiducia sui provvedimenti. Se vi ricordate, siamo partiti con il considerare un'emergenza nazionale i rave party e, adesso, siamo arrivati alla pretesa di affrontare i temi del lavoro e della pubblica amministrazione con decreti omnibus, un abominio giuridico e politico.

Mi perdonerete se parto dal metodo, ma in quest'Aula possiamo dirci che il metodo in politica conta e non poco e, come in questo caso, a far le cose di fretta e con poco metodo si perdono delle grandi occasioni. Perché, vedete, la critica che muove il Partito Democratico a questo Governo sul decreto PA non è, in questo caso, l'assenza dei requisiti di necessità ed urgenza, anzi, tutt'altro, sono mesi che chiediamo a questo Governo di occuparsi seriamente del PNRR e condividiamo tutti che, solo attraverso un rafforzamento della pubblica amministrazione, saremo in grado di spendere bene i soldi del più grande Piano di investimento che questo Paese abbia mai visto dal Piano Marshall.

Dunque, l'urgenza era sentita davvero da tutti in questo caso, ma la fretta e, soprattutto, la mancanza di confronto, badate bene, non solo e non tanto con il Parlamento e con l'opposizione, ma, soprattutto, con le parti sociali e, in questo caso, soprattutto con gli enti locali e, in generale, con la pubblica amministrazione, ci consegna alla fine un “decretuccio”. Ha finito per essere l'ennesimo decreto fatto di proroghe, ma che, se lo guardiamo nel suo insieme, ci rendiamo conto che risolve ben poco e non aiuta concretamente il Paese a fare un passo avanti nel rafforzamento della capacità amministrativa, come, invece, titola questo decreto.

Il Governo Meloni ha usato questo decreto per nascondersi dalle sue responsabilità politiche sulla gestione del PNRR, commettendo un ennesimo, grave strappo istituzionale. Questa maggioranza, in imbarazzo di fronte al Paese, perché non riesce o non vuole - ancora non si è capito bene, a dir la verità - spendere i soldi del PNRR, ha scelto di rivedere i poteri di controllo concomitante della Corte dei conti, dimostrandosi, ancora una volta, allergica ai controlli e agli enti indipendenti. Mai avremmo potuto pensare che una norma che va a toccare i poteri di un organo costituzionale così importante potesse essere presentata in un emendamento a un decreto-legge di notte, sperando, forse, che nessuno se ne accorgesse. Lo voglio dire ai colleghi della maggioranza ma anche del Terzo polo: qui non c'entra nulla il fascismo, ma c'è un tema del rispetto delle istituzioni democratiche, a cominciare dal Parlamento. Quelli di noi con più esperienza devono riconoscere che per discutere del controllo concomitante ci sarebbe stato un modo corretto di farlo in una democrazia matura, che è quello di confrontarsi con le istituzioni interessate in una seria discussione parlamentare, senza che altri chiedano, nel frattempo, la decisione finale da Palazzo Chigi. Questo non si era mai visto. Al Governo ci sentiamo, invece, di dire che, anche se elimini i controlli, non ripiani i ritardi che si stanno accumulando sul PNRR. Sono i rinvii sulle riforme e sugli interventi richiesti dal Piano o necessari per dare respiro ad una macchina pubblica terribilmente in affanno per la mole di lavoro di cui deve farsi carico a rallentare l'arrivo dei soldi, rischiando di farcene perdere una parte.

Se leggiamo il testo del decreto, anche solo per titoli, capiamo subito di non trovarci di fronte ad un disegno organico di rilancio strutturale delle amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali, che doveva essere il principale obiettivo del provvedimento per rispondere alle esigenze emerse nella PA, ma temo che questa non possa definirsi nemmeno una boccata d'ossigeno. Per anni, l'intera politica italiana ha lamentato, spesso anche a ragione, la mancanza di fondi e l'impossibilità di fare investimenti, ma ora i fondi ci sarebbero, grazie, naturalmente, al PNRR. Ma questo PNRR sembra quasi dar fastidio al Governo, essere una palla al piede, piuttosto che un'opportunità. A inizio legislatura, credevamo che i 200 miliardi ancora da spendere per i successivi quattro anni di legislatura su cinque fossero un enorme vantaggio per un Governo politico e con una maggioranza parlamentare autonoma e forte. Oggi, invece, siamo molto preoccupati, perché vediamo ritardi accumularsi, continui rimpalli e dichiarazioni contraddittorie, oltre alle riforme rinviate a data da destinarsi. Linee di intervento su cui stiamo accumulando ritardi e che la Corte, oggi depotenziata con questo decreto, avrebbe potuto aiutare a mettere in luce e risolvere. Penso ai ritardi anche nella spesa dei 4,6 miliardi di euro per la realizzazione di più di 250.000 asili nido in tutto il Paese, ai ritardi delle erogazioni delle borse di studio per universitari e dottorati, nel Paese penultimo in Europa per numero di laureati e con la più alta percentuale di dispersione scolastica, ai NEET, i giovani che non studiano e non lavorano, ma anche alla messa a terra degli investimenti relativi alla sperimentazione dell'idrogeno per il trasporto stradale o all'installazione di infrastrutture di ricarica elettrica.

Di fronte alle oggettive difficoltà di spesa del Governo, ci saremmo aspettati di affrontare con questo decreto alcune questioni specifiche, che, invece, sono state ignorate o bocciate dalla maggioranza. Abbiamo, invece, perso l'occasione di individuare le risorse per ridurre l'eccessivo ricorso ai contratti precari o a tempo determinato nella pubblica amministrazione, di cercare di colmare la differenza di attrattività tra pubblico e privato e la mancanza di profili professionali e tecnici, soprattutto a livello locale, tutte questioni che nel quotidiano stanno frenando la capacità di spesa dei fondi.

Insomma, serviva affrontare la questione dei diritti, dei salari, dei dipendenti pubblici, ma la destra, di fronte a queste parole, ha scelto di essere latitante, un po' come in Aula. In Commissione ha bocciato sia il rinnovo del contratto collettivo nazionale 2022-2024 del pubblico impiego che il piano straordinario di assunzione. Due emendamenti del Partito Democratico che, raccogliendo le principali istanze sindacali, su cui avevamo individuato le coperture e che muovevano un numero importante di risorse in grado di dare nuova energia al sistema pubblico, di cui abbiamo estremamente bisogno in questo momento per accelerare o, almeno, per invertire la tendenza, sono stati respinti.

Le richieste, poi, del Forum della pubblica amministrazione di Funzione pubblica-CGIL concordano sul fatto che ci saranno 300.000 dipendenti pubblici in meno nel 2026, 700.000 nel 2030, 1.000.000 nel 2033. Dunque, se non mettiamo in piedi sin da ora un piano di stabilizzazioni e assunzioni straordinarie, in 10 anni, ci ritroveremo una pubblica amministrazione con una irreparabile carenza di organico e uno Stato incapace di fare fronte alle sue principali funzioni. Il piano assunzioni di questo decreto non copre, invece, il turnover, non abbassa l'età media della pubblica amministrazione, non affronta il tema della precarietà degli oltre 400.000 lavoratori con contratti flessibili e dei 63.000 lavoratori e lavoratrici precari della sanità. Il Governo, però, le risorse per trovare qualche sistemazione alla dirigenza le ha trovate; non ha pensato alla base, non ha pensato nemmeno di alzare il tetto di spesa dal 10 al 30 per cento per l'assunzione del personale. Noi tutti sappiamo quanto questo sia un tema delicato e avremmo dovuto capirlo, ancora di più, dopo il COVID e, invece, anche in questo caso, solo retorica, solo propaganda, ma fatti zero.

Rimandando queste scelte e l'individuazione delle adeguate risorse, il Governo non solo si assume la responsabilità di non garantire un potenziamento adeguato della nostra capacità amministrativa, ma spalanca la strada all'aumento delle esternalizzazioni e delle privatizzazioni di un numero di servizi della pubblica amministrazione sempre maggiore. Con lo spirito costruttivo con cui cerchiamo di fare opposizione, siamo riusciti a migliorare il testo, dove è possibile. Per questioni di tempo, voglio richiamare la possibilità di prorogare da 24 a 36 mesi la durata dell'incarico temporaneo di vice segretari comunali e funzionari che ne hanno i requisiti, che ci auguriamo possa aiutare i piccoli comuni in difficoltà con la chiusura dei bilanci, per cui ringrazio la collega Guerra, così come ringrazio il collega Scotto per la sostituzione, negli atti della pubblica amministrazione, del termine “razza” con il termine “nazionalità”.

Pur essendo riusciti, quindi, a far approvare qualche emendamento migliorativo, naturalmente, il nostro giudizio rimane purtroppo, per le ragioni che ho provato ad esprimere in quest'Aula, estremamente negativo ed anche per questo esprimo il voto contrario a questo provvedimento da parte del Partito Democratico.