A.C. 3533-A
Grazie, Presidente. Colleghe e colleghi, sono trascorsi oltre due anni: esattamente l'11 marzo del 2020, il COVID-19 è stato dichiarato, dall'Organizzazione mondiale della sanità, pandemico. Da allora, mentre il virus ha provocato la morte di oltre 6 milioni di persone in tutto il mondo, abbiamo compiuto scelte importanti e consapevoli, basate sulle evidenze scientifiche che abbiamo, man mano, avuto a disposizione, spinti da un unico e prioritario fine ultimo: la tutela della salute nostra e di chi ci circonda. In questo lasso di tempo, sono emerse le numerose fragilità dei nostri sistemi sanitario, economico, sociale e, di pari passo, è emersa la necessità di rispondere rapidamente all'evento eccezionale che stavamo vivendo. Il SARS-CoV-2 ha spazzato via molte delle nostre certezze, ma ci ha consentito, altresì, di rafforzare la fiducia nella scienza, di ripensare ai nostri modelli sanitari, spingendo verso l'adozione di un modello di sanità territoriale, più vicino al cittadino e meno “ospedalocentrico”.
La circolazione virale è ancora rilevante e ci induce a raccomandare prudenza e attenzione nei comportamenti individuali, che sappiamo, poi, avere ricadute comunitarie. “Endemic doesn't mean harmless”: “Endemico non significa innocuo”, titolava il 27 gennaio scorso la prestigiosa rivista Nature. Una malattia può essere endemica e, al contempo, ampiamente diffusa e mortale, come la malaria, come la tubercolosi. L'esperienza vissuta fino ad oggi ci insegna che la tempestività d'azione ha giocato un ruolo indispensabile in questa battaglia e, mentre la persistenza e la pervasività della pandemia si manifestavano con tutta la loro forza, il Governo ha agito nell'esclusivo interesse della salute dei cittadini. Abbiamo imparato che, con enormi sacrifici e la drammatica perdita di vite umane, è necessario agire attraverso azioni rapide e mirate. Con lo stato di emergenza siamo stati in grado di porre in essere azioni fondamentali: sostegno e assistenza ai cittadini, rafforzamento del sistema sanitario, potenziamento delle strutture ospedaliere e superamento delle fasi più acute della crisi. È doveroso ricordare come, grazie al lavoro inestimabile della struttura commissariale e al generale Figliuolo, cui va tutto il nostro ringraziamento, l'Italia, con il 90 per cento di popolazione vaccinata, ha raggiunto uno dei tassi più alti al mondo in quanto ad immunizzazione. Un lavoro eccezionale, sicuramente frutto di azioni sinergiche, che ci ha permesso di superare brillantemente quell'iniziale periodo di intensa ricerca dei vaccini - che credo nessuno di noi, oggi, in quest'Aula, abbia dimenticato -, allora poco disponibili. Il provvedimento in esame, in sostituzione del commissario straordinario, prevede la costituzione di un'unità per il completamento della campagna vaccinale. Resta, infatti, ancora un'elevata percentuale di cittadini non vaccinati: parlo dell'11 per cento degli italiani over 12 e del 46 per cento dei bimbi dai 5 ai 12 anni di età. Una riluttanza che potremmo, molto spesso, ritenere legata alla disinformazione, sebbene, in un'esperienza inedita come quella pandemica, la comunicazione ad opera della scienza abbia rappresentato per i cittadini e per le istituzioni un indispensabile primo passo per comprendere la reale minaccia el virus e i rischi per la salute individuale e collettiva che esso ha comportato.
È importante che la politica continui a fidarsi della scienza e prenda decisioni basate sulle evidenze scientifiche. L'esperienza maturata dal nostro Paese negli ultimi due anni ci testimonia quanto le decisioni assunte siano state sempre mosse da principi di massima precauzione, guardando alla dinamica del virus con attenzione e responsabilità, condizione questa che io ritengo non dovremmo mai abbandonare.
La fine dello stato di emergenza è stata resa possibile grazie a ciò, dandoci pertanto la possibilità di guardare al futuro con rinnovata fiducia ed ottimismo e di inaugurare una nuova fase, pur sempre informata e basata sul principio della prudenza e della responsabilità di ciascuno.
Alcune proposte su come gestire l'attuale fase della pandemia da COVID-19 ci giungono dalla Commissione europea: vigilanza, coordinamento della preparazione e della risposta sanitaria, rafforzamento dei sistemi sanitari e dei sistemi di sorveglianza integrati, esecuzioni di test e sequenziamenti mirati per stimare accuratamente la circolazione delle varianti (e sono stata una delle prime a porre questo problema all'attenzione del nostro Parlamento). Sono tutte azioni che gli Stati membri sono chiamati ad attuare a fronte degli attuali livelli, oggettivamente più bassi, di circolazione dell'infezione. Il coordinamento a livello europeo nella risposta alla pandemia, rivelatosi di fondamentale importanza e straordinarietà, dovrà essere garantito, al fine di ricomprendere l'ulteriore rafforzamento nella nostra preparazione alle crisi future e alla definizione di una “Unione della salute” a protezione della salute pubblica e dei sistemi sociali ed economici che io credo sia ormai irrinunciabile.
Mi avvio alle conclusioni, Presidente. Siamo chiamati a lavorare insieme e in sinergia con un grande senso di responsabilità, senza perdere di vista gli obiettivi che ci siamo prefissati e con la assoluta consapevolezza che la futura rinascita del Paese dipende dalle azioni che oggi siamo chiamati a compiere. Se l'elevato numero di soggetti contagiati non trova riscontro nel corrispettivo dei ricoveri, specie in terapia intensiva, e nei decessi, il merito è dei vaccini. È un dato incontrovertibile testimoniato, da ultimo, dal rapporto dell'Istituto superiore di sanità, come ho ricordato anche in discussione generale, che ha evidenziato come, dall'inizio della campagna di immunizzazione al 31 dicembre 2021, il vaccino ha evitato circa 3 milioni di contagi, 290 mila ospedalizzazioni, 38 mila ricoveri in terapia intensiva e 78 mila decessi: vite risparmiate grazie ai vaccini, numeri che non possono che confermarci quanto questi siano fondamentali per la nostra salute e per il nostro sistema sanitario. La pandemia, sin dal suo arrivo, ha fatto da catalizzatore di nuove tendenze e da opportunità per ripensare i nostri modelli sanitari, economici e sociali. Investire nella preparazione delle prossime crisi sarà in futuro un punto nodale su cui concentrarsi. Per farci trovare preparati rispetto alle prossime emergenze non possiamo prescindere dal sapere biomedico e ricordarci che la politica deve guidare gli sforzi di innovazione laddove questi siano più che necessari.
La scienza e la ricerca rappresentano un assunto irrinunciabile per tutta la società e proprio questa esperienza pandemica ci insegna che la collaborazione tra scienza e politica nella gestione di sfide, quali quella attuale, non deve limitarsi e ridursi ai contesti emergenziali, ma deve instaurarsi un confronto strutturale e duraturo per una diffusione della cultura scientifica che giunga a tutti i livelli.
Dobbiamo, pertanto, rendere più sicure, resistenti e adattabili le nostre organizzazioni, dobbiamo migliorare la condivisione dei dati, i sistemi di allerta, la formazione del personale sanitario, la produzione e la distribuzione di attrezzature mediche, di strumenti e dispositivi di sanità pubblica, di medicinali e vaccini. Per far ciò, come la pandemia ha messo in evidenza, dovremo continuare a percorrere la strada del coordinamento a livello europeo.
Aggiungo che, mai come oggi, sentiamo la necessità di ribadire l'importanza di affrontare insieme, uniti, le sfide che si pongono, siano esse di natura sanitaria, siano esse di natura economica o di difesa dei diritti dei popoli quando sono in gioco la libertà e la democrazia. Ed è per questo che annuncio il voto favorevole del Partito Democratico.