Discussione generale
Data: 
Giovedì, 2 Febbraio, 2023
Nome: 
Toni Ricciardi

A.C. 750-A

Grazie, Presidente. Sottosegretario, onorevoli colleghe e colleghi, “Quando arrivai, verso sera, l'imbarco degli emigranti era già cominciato da un'ora, e il Galileo (…) continuava a insaccar miseria: una processione interminabile di gente che usciva a gruppi dall'edificio dirimpetto (…). Operai, contadini, donne con bambini alla mammella, ragazzetti che avevano ancora attaccata al petto la piastrina di latta dell'asilo infantile (…). Dopo di che, la sfilata degli emigranti ricominciava: visi e vestiti d'ogni parte d'Italia, robusti lavoratori dagli occhi tristi, vecchi cenciosi e sporchi, donne gravide, ragazze allegre, giovanotti brilli, villani in maniche di camicia, ragazzi dietro ragazzi (…)”. Perché ho voluto iniziare con “L'imbarco degli emigranti” che è l'incipit di un'opera meno famosa del De Amicis del 1889, Sull'Oceano? Perché io credo che noi dobbiamo affrontare un tema che non è tanto legato alla tecnicalità del decreto di cui parliamo, ma è legato a una narrazione culturale che si sta facendo. È testimoniato sa, Presidente, da cosa? Dall'affollamento dei banchi della maggioranza. Noi stiamo raccontando al Paese di un'emergenza, di un'urgenza e non c'è un collega dei partiti di maggioranza seduti nei banchi a difendere una priorità di questo Paese . Perché dico questo? Perché ho sentito, stamane, che noi dobbiamo affrontare il tema in una maniera non ideologica e io tenterò di affrontarlo in una maniera non ideologica, cercando di capire perché siamo giunti a tal punto. Ora ve li elenco: “WOP”, “macaronì”, “spaghettifresser”, “cìncali”, e se volete posso continuare all'infinito: questi erano i nomignoli con i quali siamo stati etichettati in giro per il mondo per almeno un paio di secoli. Perché, se qualcuno di voi immagina di avere inventato qualcosa di innovativo, vi segnalo che l'avversione nei confronti dell'altro è storia antica dell'umanità. E vi segnalo che le leggi più restrittive che la storia dell'umanità ha visto porre in essere sono nate per evitare l'invasione di italiane e italiani che attraccavano nel resto del mondo, tant'è che il sistema delle quote nasce per impedire ciò a coloro che possedevano il passaporto rosso e che erano identificati come degli analfabeti cronici, della sottospecie carico residuale; sì, carico residuale. Esistono vignette degli anni Dieci, negli Stati Uniti, in cui noi veniamo etichettati così.

Perché sto facendo tutti questi richiami? Perché io credo che questo Paese, ancora una volta, faccia fatica ad affrontare il tema che è veramente il suo tema identitario. E lo dico ai colleghi della destra che, casomai, distrattamente, stessero ascoltando sui social, mi appello al vostro Palazzo della civiltà italiana: un popolo di santi, di navigatori e di trasmigratori.

Vedete, anche nella fase storica, a un certo punto, si riconobbe che la migrazione sia stato un elemento costitutivo di questa Nazione. Perché sto facendo questo ragionamento? Perché voi state continuando, in questo Paese, a trattare il tema dal punto di vista della percezione; la migrazione è percezione; infatti, se andassimo ad analizzare i discorsi dei colleghi che mi hanno preceduto, noteremmo che ve lo hanno sottolineato, a più riprese, che, in termini assoluti, staremmo parlando di un non problema. Allora, perché accade questo?

E, ancora, il “Piano Marshall per l'Africa”. Colleghe e colleghi, io capisco - lo dico, anche se siamo in una dimensione di cenacolo, Presidente - che bisogna utilizzare la propaganda, ma se leggeste qualche libro di storia sul Piano Marshall sapreste e scoprireste che l'antipasto del Piano Marshall in Italia è stata la strategia di emigrazione di questo Paese. Nei consessi internazionali, a partire dal 1946, si stabilì che l'Italia doveva riaprire le rotte, anzi, era la richiesta forte del Governo italiano dell'epoca: le rotte di emigrazione. Fu messo in piedi il più grande sistema di esportazione di donne e di uomini che la storia occidentale ancora oggi ricordi, furono istituiti centri per l'emigrazione, in una fase storica in cui il Paese doveva ripartire; mentre era ancora in ginocchio a causa della tragedia della guerra, si andò verso quella direzione; dal 1946 al 1955, questo Paese, questa Repubblica, in continuità con l'epoca liberale e con il periodo fascista, siglò decine di accordi di emigrazione per far partire donne e uomini. Io ho la sensazione che noi tutte queste storie le abbiamo dimenticate. E il Piano Marshall si innestò in tale contesto. E, allora, quando si parla di “Piano Marshall” da fare in quei Paesi, si deve avere il coraggio di dire alle italiane e agli italiani cosa significa: significa investimenti, significa apertura di direttrici, significa apertura di canali di migrazione legale che, lo segnalo a tutte e tutti, non esistono in questo Paese, perché la domanda che io vi pongo e che il cittadino la qualunque e la cittadina la qualunque vi porrebbero è: ma, secondo voi, una persona che paga 2.000, 3.000, 4.000 euro un trafficante, se avesse la possibilità di raggiungere questo Paese pagando la stessa cifra allo Stato italiano, lo farebbe o no? Una madre metterebbe a rischio la propria creatura, pagando uno scafista, semplicemente per quale ragione logica? Io vi segnalo che noi siamo il Paese dell'emigrazione clandestina per eccellenza; emigravamo clandestinamente negli Stati Uniti, spalando carbone nelle navi per non pagare il biglietto; emigravamo clandestinamente per andare a scavare carbone in Belgio; emigravamo rischiando la vita; Il cammino della speranza, perché capisco che la lettura costa fatica: guardatevi quel film del 1950, che ci testimonia quello che ancora oggi accade alla frontiera tra Italia e Francia, o, ancora, Pane e cioccolata, decine e decine di migliaia di bambini e bambine che vivevano in clandestinità nella ricca Svizzera semplicemente perché era vietato il ricongiungimento familiare. Noi siamo questo, noi siamo questo Paese. Allora, se non abbiamo memoria della nostra storia e se immaginiamo di derubricare una vicenda umana a mera propaganda non so che Paese siamo diventati.

Dico questo e aggiungo che, a ogni piè sospinto, gli hotspot sono in affanno. Allora, voi dovete avere l'onere di spiegare all'opinione pubblica che fine fanno i 18.000 euro che arrivano per ogni piede che viene poggiato su suolo italiano, che fine fanno, perché vi ricordiamo che avete l'onere e l'onore del Governo. E, allora, un fenomeno non lo si analizza; un fenomeno, se sei al Governo, lo governi. Quindi, noi dobbiamo avere il coraggio e la forza di dire questo.

Ma entriamo nel merito delle questioni, Presidente. Noi, oggi, stiamo parlando di una misura che si regge su tre premesse false, perché sono false.

La prima: viviamo un'emergenza immigrazione. Falso. Falso, gli immigrati, quando possono, evitano addirittura di transitare dall'Italia. Io vi segnalo che noi stiamo discutendo della rotta di transito e di approdo in Italia, la meno trafficata e utilizzata dall'umanità che si sposta, perché lo sapete meglio di noi che il grosso della migrazione che entra in Europa attraversa i Balcani, è una migrazione via terra, e non via mare; eppure continuate a raccontare questo fenomeno come fosse una invasione.

Seconda premessa falsa: si continua a narrare di questo legame simbiotico tra ONG e trafficanti del mare. In questo Paese, ha indagato la magistratura, l'ha fatto più volte, e non è mai stato rilevato nulla; quindi, seconda fake news.

La terza: dichiarare che la cancellazione della capacità operativa delle ONG porti a disincentivare le partenze - i miei colleghi vi hanno dato le cifre, i numeri - è falso, perché, nel momento in cui voi bloccate le navi delle ONG, i migranti continuano ad arrivare. Vi vorrei, infatti, ricordare che la migrazione è come l'acqua e l'acqua con le mani non la si fermerà mai, perché quando le persone scappano, quando le persone hanno la voglia profonda di cambiare la loro esistenza, non le si fermerà mai, come non si sono fermati, per due secoli, milioni di italiane e di italiani che sono partiti per il mondo.

Allora, noi abbiamo l'onere e il dovere di raccontare la verità al Paese. E ci saremmo aspettati un'altra cosa - lo dico, Presidente, tramite lei, al Sottosegretario qui presente, che ringrazio; so che è il suo dovere, ma lo ringrazio a prescindere, non fosse altro perché sta seduto lì da stamattina, a differenza dei suoi colleghi, che non ci sono nemmeno -: se si fa l'opposizione, non si deve solo sottolineare - è facile sparare sulla Croce rossa, mi sia consentito, Presidente –, ma si deve anche proporre. Noi ci saremmo aspettati una cosa, considerato che la misura non parla di diritto all'asilo, allo sbarco, ma di gestione di flussi migratori, no? Ho letto bene? Allora, se ho letto bene, noi ci chiediamo: dove sono finiti i rimpatri assistiti? Quando ne parlate? Quando ci spiegate come immaginate di fare? In secondo luogo, dove sono le politiche per il governo dei flussi migratori? Quando ce le spiegate? Quando ce le relazionate? Quando ce le dimostrate? Come, quando, quanto costano? Quanta gente ci lavora? Perché, Presidente la cosa strana sa qual è?

È che noi, in questo Paese, giustamente dico io, facciamo le vertenze sindacali per qualsiasi minuscolo stabilimento - a ragione, ribadisco io -, che va in crisi, ma nessuno si è posta la domanda di raccontarci in quest'Aula quanta gente lavora, quanti mediatori culturali, quanti psicologi, quanti operatori delle mense, quanta gente lavora e grazie a questo lavoro evita di essere, a propria volta, emigrante. O vi devo rifare la storia anche sulla matrice economica delle migrazioni degli ultimi tre secoli? Non credo.

E ancora, quando - e dico quando, perché da questa mattina si è richiamato il fatto che i temi debbano essere condivisi - vogliamo affrontare il tema della professionalizzazione di questa questione? In Germania, vi è l'Amt für arbeit und migration; la Francia, negli anni Venti, si organizza nel centro di gestione degli immigrati, e potrei continuare all'infinito. Noi siamo l'unico Paese… e non è vero che da noi l'immigrazione è arrivata tardi, anche lì, ne possiamo parlare, vi do la bibliografia se volete. Allora, quando lo affrontiamo in una maniera professionalizzante? È questa la sfida che ha dinanzi il Governo, è questo il tema. O noi veramente immaginiamo che è un fenomeno strutturale e non emergenziale, strutturale, che ci accompagna da tempo e ci accompagnerà in futuro, o immaginiamo veramente di trattarlo ancora nella veste emergenziale della sicurezza? Guardate che la comparazione con qualsiasi altro Paese europeo vi dimostra l'esatto contrario. Non funziona, perché o lo affronti professionalizzando, o non funziona.

E, ultimo punto: quando immaginiamo, in questo Paese, di porre a sistema una modalità di ingresso regolare alle persone che vogliono migrare in questo Paese? Se una persona, legalmente, Presidente, rispettando le leggi, pagando le tasse, pagando l'obolo del permesso per poter entrare, volesse recarsi in questo Paese per cercare lavoro, sa, Presidente, la legge non glielo consente, perché la legge non esiste. E allora dico: invece di attardarci su propaganda inutile, credo che sarebbe questo il caso, il tema, il percorso da seguire.

Ma in realtà il problema, come avrebbe detto Aldo Moro, Presidente, nel congresso del 1970, se non erro a Benevento, io l'ho letto, veramente non ero nemmeno nato all'epoca… Disse: amministrare è difficile, perché difficile è amministrare. E allora, governare è difficile perché difficile è governare. Noi capiamo che la grancassa della propaganda vi ha portato a criminalizzare la miseria, i social sono ancora pieni dei video sul caro benzina, le accise stanno là e la gente è disperata dinanzi alle pompe di benzina. E noi, invece di impiegare il nostro tempo a trovare la soluzione o le soluzioni a quei problemi, siamo qui a discutere nella solitudine di un finto problema. E lo dico a chi ci ascolta al di fuori di qui: sapete quanti sono stati gli sbarchi gestiti dalle ONG nel mese di gennaio? Ventitre. Noi siamo qui per una urgenza. Cinquecentoventisette: 527 persone - donne, uomini e bambini - sono l'emergenza strutturale di questo Paese.

E ancora, ma perché accade questo? Perché, ovviamente, nella narrazione dell'impotenza, io non voglio dire incapacità perché sarei poco rispettoso, ma diciamo dell'impotenza, che forse rischia di esserlo ancora di più, voi tentate semplicemente, come fa di solito la destra in qualsiasi Paese, di trovare il nemico al di fuori di noi, perché il nemico, se è diverso, soprattutto se è anche un po' più scuro di noi, soprattutto se ha anche un credo religioso diverso dal nostro, è più facile da additare, ed è più facile capire che quello è il nemico da battere.

Ma, come diceva la mia collega Bakkali prima, noi qui siamo dinanzi a una questione anche in termini di narrazione. Da quanti anni sentiamo in questo Paese la narrazione “prima gli italiani”? Io vi segnalo, Presidente, non so se lei lo sa, ma io vivo a nord dell'Italia, quindi per me l'Italia è Sud, è Meridione, le parrà strano per la cadenza che ho, ma è così. Se io andassi in Ticino, in Ticino la campagna “prima i nostri” è fatta non nei confronti di 4 africani del meridione d'Italia, ma è fatta nei confronti di coloro che sono esattamente oltre i confini, oltre le frontiere. E perché accade questo, Presidente? Perché, guarda caso, tranne che se stai al Polo Nord, c'è sempre qualcuno che sta più a nord di te, c'è sempre qualcuno che è più disperato di te, c'è sempre qualcuno che è più migrante di te. Vogliamo accantonare le campagne elettorali? Vogliamo accantonare le finte narrazioni? Vogliamo finalmente affrontare i problemi per come vanno affrontati? Allora diciamocelo, ve l'hanno ripetuto tutti: questa misura sarà inapplicabile. Ve l'ha detto l'Europa! E non perché ve l'ha detto l'Europa per come ha sempre fatto, ma perché lo dice l'articolo 11 della Dichiarazione dei diritti universali europei! L'articolo 11, ed è norma! Sentivo anche stamane gli interventi: uniformare alla legislazione italiana. Io vi ricordo, per coloro che hanno fatto l'esame di base di diritto, che esiste la gerarchia delle fonti e che il diritto europeo e il diritto internazionale tecnicamente hanno un peso e una valenza maggiore. Però, Presidente, siamo ancora nella narrazione propagandistica.

Chiudo con una proposta, perché l'opposizione, secondo me, deve fare anche questo. Vogliamo professionalizzare la questione? La vogliamo affrontare? Vogliamo metterci a lavorare, tutte e tutti, l'una a fianco all'altro, per affrontare il tema? Bene, allora io vi elenco dei punti professionalizzanti, anzi, vi sfido ad affrontare la questione così.

Primo: istituiamo una commissione di studio per la riforma dei procedimenti amministrativi in materia di immigrazione. Perché, Presidente, sa che cosa accade? Noi siamo reduci - si spera che sia finita - da un periodo pandemico. Quando c'è stata la pandemia, abbiamo fatto ricorso tutti ad esperti del tema. Se c'è un problema economico, grosso modo si fa il richiamo a degli esperti e a degli economisti. Si parla di immigrazione: non parla mai un esperto, non viene mai chiamato in ballo un esperto. Allora facciamo questo: iniziamo ad affrontare il tema dal punto di vista scientifico.

Secondo, ve lo dicevo prima, citando gli esempi di altri Paesi europei: istituiamo un'Autorità indipendente per l'immigrazione, facciamola indipendente, non facciamola indipendente, facciamola come vogliamo, ma costruiamo un luogo dove tematizzare e affrontare, non solo dal punto di vista della sicurezza, ma economico, sociale e culturale, la questione.

Terzo: interventi di capacity building. Noi abbiamo bisogno, parallelamente all'istituzione di questi luoghi, di rafforzare lo straordinario lavoro che le amministrazioni locali, che i territori, che i volontari, che tutto il mondo che opera attorno alla migrazione, pongono in essere.

E, soprattutto, istituiamo una volta e per sempre la figura del mediatore linguistico culturale. Ero ancora all'università quando furono istituiti i primi corsi di studi in tal senso, e tutte queste sono persone e sono professionalità che ci aiuterebbero, con la mano sinistra, a gestire in una maniera più efficiente, efficace e più umana, se è consentito dirlo in quest'Aula, il tema e, dall'altro, abbiamo anche delle condizioni di esistenza e di permanenza di tante ragazze e tanti ragazzi che sono costretti comunque a partire. Perché poi, e chiudo, Presidente, la coperta si tiene, perché noi da un lato parliamo di coloro che non vogliamo, dall'altro parliamo di coloro che non vogliamo far partire, ma poi, in realtà, non affrontiamo mai in una maniera concreta e professionalizzante la questione.

Perché, come dicevo all'inizio, De Amicis ce lo ricorda: “quando arrivai, verso sera, l'imbarco degli emigranti era cominciato già da un'ora, e il Galileo (…) continuava a insaccar miseria”, l'una dopo l'altra. E allora questa è la priorità che questo Paese ha. Questo Paese ha la priorità di riacquisire per davvero un ruolo centrale geopolitico nello spazio del Mediterraneo; e questo ruolo, caro Presidente, tu lo ritrovi nel momento in cui poni fine all'ingrossamento del più grande cimitero a cielo aperto che è divenuto il Mediterraneo.

Allora dobbiamo ritornare ai fondamentali, ma non ai fondamentali della politica, della scienza o della cultura, ma ai fondamentali dell'umanità.