A.C. 2206
Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi. In primo luogo vorrei rendere omaggio al popolo ucraino: la loro resistenza è un esempio di coraggio e determinazione, che merita il nostro rispetto e la nostra ammirazione. In questi mesi abbiamo assistito a una lotta eroica, che ha visto uomini, donne, giovani e anziani unirsi per difendere la propria Patria e i propri valori. Questa resistenza non è solo una battaglia per la sovranità territoriale, ma un atto di difesa della libertà e della dignità umana.
È nostro dovere, come membri dell'Unione europea, sostenere l'Ucraina non solo con parole ma con azioni concrete e significative. La legge n. 185 del 1990, che regola l'export e l'import delle armi, rappresenta un pilastro della nostra politica estera. Derogare a questa legge è una decisione che deve essere presa con la massima attenzione e responsabilità. La brutalità dell'aggressione russa ci impone di considerare l'adozione di misure straordinarie, ma dobbiamo farlo con la consapevolezza delle implicazioni a lungo termine. La nostra risposta deve essere guidata dalla necessità di garantire la sicurezza dell'Ucraina e della nostra stessa stabilità.
In questi mesi abbiamo visto il potere della solidarietà europea, che spero non si esaurisca con l'emergenza. L'accoglienza dei rifugiati ucraini ha dimostrato che l'Europa può unirsi in momenti di crisi. Questa risposta umanitaria è stata un esempio di come possiamo agire rapidamente e in modo coordinato. La ricostruzione sarà un compito arduo e richiederà un impegno significativo da parte di tutti noi affinché il conflitto non lasci cicatrici permanenti. Un piano di ricostruzione deve includere investimenti in infrastrutture, sanità, educazione e sviluppo economico. Dobbiamo assicurarci che l'Ucraina non sia solo un Paese che si difende ma un Paese che si sviluppa e che cresce all'interno dell'Unione europea.
Inoltre, dobbiamo considerare le implicazioni economiche del conflitto: l'aumento dei prezzi delle materie prime e delle fonti energetiche ha già avuto un impatto significativo sulle economie europee. È fondamentale che i leader europei rispondano a queste sfide con una strategia comune. Dobbiamo evitare che la guerra porti a divisioni interne che possono essere sfruttate da movimenti populisti e antieuropei. La nostra risposta deve essere unitaria e coordinata, affinché possiamo affrontare queste sfide con forza e determinazione. La strategia diplomatica è cruciale: la pace non può essere raggiunta solo attraverso l'uso della forza. È fondamentale che l'Europa giochi un ruolo attivo nei negoziati di pace. Deve esserci, deve unirsi, parlare con una sola voce e adottare una posizione forte e chiara. Solo così potremo garantire che gli interessi ucraini siano rispettati e che la pace futura non sia imposta ma costruita insieme.
Dobbiamo riattivare le organizzazioni internazionali che hanno facilitato il dialogo in passato e lavorare per ristabilire la fiducia tra le parti. La diplomazia non può essere vista come un segno di debolezza ma come una strategia necessaria per costruire un futuro di pace. La comunità internazionale ha il dovere di riattivare i canali diplomatici, non solo per porre fine al conflitto ma per costruire un'architettura di sicurezza sostenibile in Europa. Dobbiamo lavorare per ripristinare le relazioni fra gli Stati e trovare un terreno comune su cui discutere. È fondamentale che l'Unione europea assuma un ruolo di leadership in questo processo, proponendo iniziative diplomatiche che possano coinvolgere non soltanto l'Ucraina e la Russia ma anche altri attori chiave, come gli Stati Uniti, la Cina e le organizzazioni internazionali. Riflettiamo sul significato della sicurezza per un secondo. Dobbiamo esplorare tutte le opzioni per garantire la sicurezza dell'Ucraina. L'ingresso dell'Ucraina nella NATO è una questione complessa, complessissima; pertanto, dobbiamo considerare anche alternative, come l'invio di forze internazionali su basi bilaterali che possono offrire garanzie di sicurezza, senza alterare, però, il delicato equilibrio geopolitico.
Inoltre, dobbiamo affrontare la questione dei diritti umani, perché le atrocità commesse durante questo conflitto non possono essere ignorate. Dobbiamo assicurarci che i responsabili dei crimini di guerra siano perseguiti e che le vittime ricevano giustizia. È fondamentale che l'Unione europea si impegni a sostenere l'Ucraina non solo sul piano militare ed economico ma anche sul piano giuridico. La giustizia e la responsabilità devono essere al centro della nostra risposta. È basilare che i leader europei comprendano l'importanza di un approccio unito, perché solo così possiamo affrontare le sfide attuali e future.
Io mi chiedo: ma come è stato possibile che dopo 1.100 giorni di guerra non ci sia ancora stata un'azione diplomatica autonoma dell'Europa volta a isolare Putin, che conta ancora, purtroppo, un vasto consenso internazionale nonostante l'invasione criminale dell'Ucraina? Come è possibile che dopo oltre 1.100 giorni di guerra non si sia ancora riusciti a cessare il fuoco in quella terra martoriata? Non possiamo permettere che l'Europa diventi un vassallo delle dinamiche geopolitiche globali. È tempo di decidere se vogliamo essere semplici spettatori della storia o protagonisti attivi nel plasmare il nostro destino.
Speriamo, inoltre, che sia l'ultima volta che dobbiamo derogare alla legge n. 185 e che si possa arrivare davvero a una pace giusta. Non ci si è lavorato abbastanza fino ad ora, secondo me, perché in questi mesi molti di voi aspettavano l'arrivo di Trump, che ha fatto passare il messaggio di essere capace in pochi giorni di fare la pace. Magari fosse così! Sarà molto più complesso. Trump non deve essere da solo; al fianco di Trump ci deve essere l'Europa, perché senza l'Europa la pace non si può fare. L'Ucraina ha pagato un prezzo ma anche l'Europa ha pagato un prezzo enorme in termini di stanchezza delle opinioni pubbliche, di prezzi delle materie prime, che sono aumentati, di partiti populisti che hanno fatto della stanchezza della guerra - e in parte anche del filo putinismo - un pezzo della loro cifra politica con cui stanno sfidando i risultati consolidati in alcune aree del continente.
In conclusione, Presidente, il nostro sostegno all'Ucraina deve essere incondizionato e strategico, perché solo così possiamo costruire un'Europa che non solo risponda alle crisi ma che anticipi e prevenga i conflitti, promuovendo la pace e la stabilità per tutti i suoi cittadini. Questa guerra non è solo una questione di confini e di territori, ma è una sfida per il nostro modo di vivere, per i nostri valori, per il futuro delle generazioni a venire. Dobbiamo costruire ponti, sempre mantenendo, però, saldi i nostri principi e valori. La guerra in Ucraina, scatenata dall'aggressione russa, ha messo in discussione le corde più profonde dei valori e dei principi su cui si fonda l'Unione europea: la democrazia, la libertà e il rispetto dei diritti umani. Noi del Partito Democratico non smetteremo mai di chiedere di far tacere le armi e l'aggressione per consentire l'avvio di un negoziato per giungere a una pace giusta, sicura e rispettosa della verità. Lavoriamo insieme senza esitazioni per un futuro di pace, giustizia e prosperità per l'Ucraina e per tutta l'Europa. Noi ci siamo.