A.C. 2164
Grazie, signor Presidente. Buongiorno, signor Ministro, colleghe e colleghi. Siamo di fronte all'ennesimo provvedimento che stiamo affrontando di corsa, di fretta, con urgenza, con l'ennesima, molto probabile, posizione della fiducia. Il Parlamento viene per l'ennesima volta mortificato nei suoi compiti, nei suoi lavori, nei suoi diritti, nei suoi doveri. Questa è una sorta di democrazia sospesa ed è un assaggio molto probabilmente di quello che è il modello accentratore dei poteri che state cercando di perseguire in tutti i modi, con tutte le vostre forze.
Quindi, state ancora utilizzando la decretazione d'urgenza, usata e abusata come sempre. Ma qui l'urgenza, sì, c'è. C'è l'urgenza, ma l'urgenza di contrastare, di combattere la crisi climatica, le diseguaglianze, la crisi di biodiversità. C'è l'urgenza di spingere sulle rinnovabili, veramente; l'urgenza, sì, di fare bene, e non certo la fretta di fare poco e fare male, forse pure peggio di prima.
Prima di commentare il provvedimento così come è stato modificato dal Senato, mi soffermo su un fatto gravissimo. Prima era presente nella bozza, poi è stata eliminata dal decreto-legge pubblicato, poi di nuovo il tentativo di reintrodurla con un emendamento in Senato, poi l'emendamento è stato ritirato: sto parlando della norma che aprirebbe alla presenza dei privati nelle società pubbliche a cui affidare in house il servizio idrico integrato. Le voci che si susseguono adesso dicono che questa norma verrà presentata nella legge di bilancio. Io dico: fermatevi, fermatevi.
L'emendamento proponeva in modo esplicito la possibilità che i capitali privati entrassero nelle società che gestiscono l'acqua pubblica, quindi l'ingresso dei privati dentro società in house a capitale pubblico. Un emendamento del genere buttato lì, senza che ci fosse la possibilità di un confronto aperto, serio, approfondito, con discussioni nel merito sulle conseguenze di questa proposta, magari delle audizioni. Fortunatamente l'opposizione del Partito Democratico in Senato e anche delle altre forze politiche ha per il momento fermato questo attacco ai beni pubblici, ma per quanto?
Le stesse forze di maggioranza, peraltro, sembrano anche in questo ennesimo caso frammentate e divise e sembrano navigare a vista, visto e considerato il balletto su questa proposta. Prima sì, poi no, poi di nuovo sì, poi di nuovo no, ora la minaccia che possa entrare nella manovra finanziaria. Dico io: ma ve lo ricordate il referendum del 2011? Quello che vide una partecipazione straordinaria, massiccia e un voto schiacciante del 95,80 per cento per difendere l'acqua pubblica, per proteggere un bene comune dalle grinfie del profitto. La volontà popolare espressa per mezzo di strumenti democratici ha una qualche valenza per voi? Il fatto che l'acqua sia un bene essenziale, un diritto umano, e come tale non si possa pensare di farci profitto e trattare come una qualsiasi merce è qualcosa che potete accettare? Così come votato e richiesto, peraltro, da milioni di italiani. E voi pensate davvero che privatizzando - nonostante nel resto d'Europa, penso in particolare alla città di Parigi, ma non solo, perché in molte altre città si sta facendo esattamente l'opposto, tutelando l'acqua come bene pubblico - e inserendo un socio privato nelle società in house, queste magicamente risolveranno i problemi che attanagliano il servizio pubblico idrico, prima tra tutti la dispersione delle reti colabrodo? Se pensate questo, vi sbagliate di grosso, non funziona così. E noi faremo una forte opposizione a tutto questo.
Venendo al decreto-legge, dove c'è un po' di tutto: a partire dalle nuove disposizioni per le valutazioni e autorizzazioni ambientali, misure sul fronte della gestione dei rifiuti, bonifiche dei siti contaminati e dissesto idrogeologico. Insomma, di tutto un po' ma nel fare di fretta e con urgenza il rischio, appunto come dicevo all'inizio, è di fare male.
Infatti, come ricorda il WWF nella sua memoria depositata, in questo periodo ci si sarebbe aspettati dal Governo non già un ulteriore decreto-legge di modifica del testo unico ambientale, bensì uno schema di legge delega annunciato dal Ministro dell'Ambiente e della sicurezza energetica nei primi mesi del 2024. Infatti, anche in considerazione della modifica costituzionale degli articoli 9 e 41 della nostra Costituzione e con decreto interministeriale 36 del 25 gennaio 2024 dei Ministri dell'Ambiente e della sicurezza energetica e per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa è stato previsto, appunto, un riordino in materia ambientale. Il decreto ha previsto l'istituzione di una commissione presso il gabinetto del MASE, che si è avvalsa anche di un gruppo di esperti, anche esterni all'amministrazione, che avrebbe dovuto elaborare entro il 30 settembre 2024, uno schema di legge delega e poi, entro il 30 giugno 2025, gli schemi di decreti legislativi. Bene, anche al fine di garantire la partecipazione e il dialogo con i portatori di interesse generale, ci si sarebbe aspettati che, per le finalità di trasparenza e pubblicità dei lavori, la pubblicazione dei lavori di questa commissione da parte dei Ministeri o, quanto meno, una comunicazione di cessazione dei lavori al 30 settembre 2024 sullo schema di legge delega. Invece, nulla di tutto ciò, nulla di tutto ciò e si procede con decretazione d'urgenza, con tempi contingentati e ridotti all'osso, in particolare qui alla Camera, con un testo che è giunto dal Senato 24 ore fa e siamo già qui in Aula a discutere nella nostra discussione generale. Si mette mano al Testo unico ambientale, facendo modifiche che non vanno, a nostro avviso, nella direzione di una sincera tutela dell'ambiente, del clima, della natura, della biodiversità per dotare il Paese di quegli strumenti all'avanguardia e necessari per lottare contro le crisi epocali che stiamo vivendo: la crisi climatica, l'inquinamento dell'aria, la siccità, che morde soprattutto nel Sud del Paese, la crisi di biodiversità e il continuo e inarrestabile consumo di suolo per cercare di limitare i danni che lasceremo alle future generazioni. Infatti, prevale, ancora una volta, la vostra impostazione ideologica, questa sì, puramente ideologica, di pregiudizio nei confronti delle soluzioni che già oggi dimostrano di essere le più efficienti e mature per affrontare la conversione ecologica della nostra società e della nostra economia, in primo luogo le rinnovabili e l'efficienza energetica, e per affrontare l'adattamento ai cambiamenti climatici, in particolare le soluzioni che vedono nella natura la nostra principale alleata e vera protagonista. Fa sorridere, fa sorridere, ad esempio nella relazione introduttiva al disegno di legge, di conversione del decreto legge e cito: come noto, lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile costituisce il principale strumento per conseguire tanto i macro obiettivi della decarbonizzazione quanto, in ordine alla prioritaria sicurezza energetica del Paese, in una situazione di forte instabilità del quadro internazionale. Ed è esattamente così, è esattamente così ma la distanza tra quanto dichiarato e quanto annunciate e quanto poi fate realmente, mettete nero su bianco negli articoli del provvedimento, è abissale. A partire dall'articolo 1, dove si interviene andando a decidere quali sono i progetti che le commissioni tecniche VIA-VAS e PNRR-PNIEC devono considerare prioritarie ai fini delle procedure di valutazione ambientale. Ma qui la prima sorpresa: nonostante alcune modifiche in prodotte al Senato che vanno ad allargare la platea della tipologia di progetti da considerare prioritari ai fini, appunto, della valutazione ambientale, rimangono colpevolmente fuori, ad esempio, alcune tecnologie innovative come gli impianti eolici off shore, il fotovoltaico galleggiante, i progetti di repowering o, ancora, rimangono tagliati fuori quegli impianti fotovoltaici on shore di potenza inferiore ai 50 megawatt quando, secondo le indicazioni degli operatori del settore, come l'Alleanza per il fotovoltaico, gli impianti da 30 megawatt sono considerati grandi. Dunque, secondo la logica di questo provvedimento, avrebbero dovuto essere ricompresi tra quelli per cui dare una corsia preferenziale per il rilascio della VIA. Altrimenti, cosa stiamo discutendo questo provvedimento a fare?
Invece, con mio personale stupore - ma non c'è nulla di cui stupirsi -, e con mia forte perplessità, nelle modifiche introdotte al Senato, vengono aggiunti come prioritari gli impianti di stoccaggio geologico di CCS, di cattura e stoccaggio della CO2, una tecnologia che, francamente, ritengo - come indicato da più esperti del settore - non soltanto inaffidabile, rischiosa, costosa, ma che, di fatto, tiene in vita il modello fossile dal quale, invece, dovremmo affrancarci: l'ennesimo freno alla transizione ecologica ed energetica.
Mi sembra poi che non si faccia nulla su un altro fronte importante per la sburocratizzazione, la semplificazione delle procedure autorizzative e, quindi, il superamento dei colli di bottiglia per la diffusione delle rinnovabili e mi riferisco al ruolo del Ministero della Cultura. Anche in questo provvedimento - così come in quello votato in Commissione pochi giorni fa e che doveva ambire ad essere il nuovo Testo unico per le rinnovabili, anche in quel caso un provvedimento fallimentare, un decreto legislativo totalmente inadeguato e incapace di sbloccare le pratiche impantanate e far correre le rinnovabili nel nostro Paese -, bene, anche in questo provvedimento si finisce per non affrontare uno dei temi che maggiormente bloccano la diffusione delle rinnovabili: intervenire per evitare che i pareri paesaggistici, che il MiC rilascia e che spesso non arrivano e nei tempi, blocchino le procedure o che nelle aree idonee non sia necessaria la valutazione paesaggistica positiva del MiC. Noi proponevamo introdurre una modifica, una modifica che consentisse di ricorrere, in caso di inerzia del MiC, all'istituto del silenzio assenso orizzontale o, ancora, che, in caso di dissenso del MiC (del Ministro della cultura), rispetto al parere favorevole della Commissione PNRR-PNIEC del MASE, fosse possibile deferire la decisione al Consiglio dei Ministri. L'atto adottato dal Consiglio dei Ministri avrebbe, quindi, superato il dissenso del MiC e sostituito il provvedimento di VIA favorevole. L'emendamento mirava a chiarire che, anche nei casi di progetti ricadenti in area idonea, per i quali il MiC si esprime con parere obbligatorio ma non vincolante, l'autorizzazione paesaggistica fosse ricompresa nel provvedimento di VIA adottato e il Ministro della Cultura non potesse esprimersi nuovamente in sede di autorizzazione unica. Insomma, misure concrete per superare gli ostacoli attuali e invece nulla di tutto ciò. Ma, soprattutto, la vostra ipocrisia tocca a livelli altissimi all'articolo 2, che si intitola addirittura “Disposizioni urgenti per coniugare le esigenze di salvaguardia dell'ambiente con le esigenze di sicurezza degli approvvigionamenti”, una presa in giro sfacciata. Anche qui è la stessa relazione che accompagna il provvedimento in cui si legge infatti che con il secondo comma, in linea con gli obiettivi del PNIEC e più in generale con quelli di decarbonizzazione assunti a livello europeo e internazionale, si conferma il divieto previsto dal PiTESAI di rilascio di nuovi titoli minerari a olio sul territorio nazionale e in mare. Tuttavia per salvaguardare il legittimo affidamento degli operatori a cui sono già stati conferiti titoli a olio e o a olio misto a gas e gli investimenti dai medesimi compiuti, i permessi di ricerca rilasciati possono proseguire nelle attività relative, anche ai fini del rilascio delle relative conseguenti concessioni. Ma quali concessioni in linea con gli obiettivi del PNIEC? Ma quali permessi in linea con gli obiettivi di decarbonizzazione? Non siamo già oggi più in linea con questi obiettivi figuriamoci continuando ad estrarre gas fossile dove andremo a finire. Voi confondete la sicurezza energetica che dovrebbe essere intesa come autonomia e autosufficienza energetica, da raggiungere con energie rinnovabili e pulite, con la sicurezza di sfruttare al massimo quel poco di gas presente nel sottosuolo nazionale e lo fate addirittura andando a cambiare la distanza dalle linee di costa in cui sono vietate le attività di ricerca e di estrazione di idrocarburi in mare, per ridurla da 12 a 9 miglia. Lo fate consentendo nuove concessioni di fatto senza alcuna scadenza, perché gli operatori potranno estrarre tutto fino ad esaurimento dei giacimenti, altro che coniugare la tutela degli ecosistemi, altro che riduzione delle emissioni climalteranti. Ma ribadisco, il titolo dell'articolo è “coniugare esigenze di salvaguardia dell'ambiente con la sicurezza degli approvvigionamenti” è veramente da non crederci. Ovviamente abbiamo presentato un emendamento per sopprimere questa modifica ma, come tutti gli emendamenti presentati, è stato bocciato.
Sul fronte della crisi idrica - e mi avvio a concludere - che sta piagando il Paese e vede in questi giorni migliaia di persone, di fatto, private di un diritto umano, l'accesso all'acqua, come sta avvenendo in Sicilia, ci saremmo aspettati dal Governo una proposta di maggiore portata, di visione prospettica, che mettesse in campo soprattutto misure di prevenzione. Prevenzione questa sconosciuta, si cerca con affanno di mettere una pezza a problemi contingenti, si interviene sui sintomi, ma di fatto non si fa nulla sulle cause della crisi idrica. Noi abbiamo presentato emendamenti anche su questo fronte, così come emendamenti per cercare di dotare di sostanza e di corpo e di risorse quello che oggi è una scatola vuota, ovvero il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici.
È un Piano che prevedeva anche l'istituzione di un Osservatorio nazionale, di cui ancora pare non esserci traccia, e abbiamo chiesto appunto di inserire e di dotare delle risorse per fare tutto ciò; ovviamente tutti emendamenti bocciati. Insomma, per concludere, è un provvedimento che non tenta nemmeno di affrontare le grandi questioni del nostro tempo. La transizione energetica ed ecologica rimane un miraggio, un processo inevitabile - certo, sì -, ma faticoso, reso quindi ancora più complicato dal vostro agire miope e arrogante, che ne allunga sempre di più i tempi, non rimuove gli ostacoli, non coglie le opportunità del cambiamento.