A.C. 1780
Signor Presidente, rappresentante del Governo, relatore, colleghe colleghi, approfitto anche della sua presenza, Presidente, per denunciare, per l'ennesima volta, questa che è diventata ormai una prassi, mi si passi l'espressione dura: indecente, cioè che con riguardo ai decreti ci sia una formulazione e un metodo che stanno stravolgendo la Costituzione.
Siamo di fronte a un monocameralismo di fatto alternato: questo decreto è uscito dal Consiglio dei Ministri il 29 gennaio, è stato tenuto dal Senato fino al 13 marzo e ci è stato inviato con una tempistica che ha impedito a questo ramo del Parlamento di poter intervenire. Nessuna colpa nei confronti ovviamente del presidente della Commissione, che oggi è qui anche nella veste di relatore, però francamente, Presidente, continuiamo a denunciare - so che anche lei ha avuto modo di esprimersi - allo stesso modo e con la stessa forza che si sta continuando a perpetrare questo stravolgimento nei fatti e che stiamo scrivendo una Costituzione materiale che è differente da quella che è stata promulgata in quest'Aula il 1° gennaio 1948.
C'è un altro elemento che ci preoccupa, Presidente: non solo c'è un monocameralismo di fatto alternato, ma c'è uno stravolgimento anche del significato stesso del decreto. Ci troviamo di fronte sia ad articoli di legge, ma ancor di più - lo devo dire - a emendamenti che di necessità e urgenza non hanno assolutamente alcun requisito, questo va detto. Decreti come questi - non è il primo e non sarà l'ultimo - appartengono alla categoria - mi si passi l'espressione - degli atti dovuti. Ci sono le elezioni, bisogna dare una serie di indicazioni, trovare le risorse, eccetera; ne abbiamo visti molti di questi provvedimenti, ma è la prima volta, francamente, che si utilizza questo veicolo, che si utilizza la necessità e l'urgenza di avere risorse e di dare alcune regolamentazioni per le attività elettorali, in alcuni casi anche per effettuare gli accorpamenti tra elezioni europee e elezioni amministrative per inserire dei provvedimenti che non hanno né necessità e urgenza e che soprattutto - ci ritornerò - necessiterebbero di una riflessione maggiore perché non possiamo continuamente intervenire in maniera disorganica e disarticolata sul testo unico degli enti locali, sul TUEL. Quindi, da questo punto di vista, vediamo anche in questo provvedimento alcuni aspetti positivi: abbiamo concordato su un emendamento che è stato approvato al Senato sulla necessità di differire l'elezione in 41 province che sarebbero dovute andare al voto secondo la vecchia normativa sostanzialmente nella prima decade di agosto - ed è stato giustamente deciso di posticipare l'election day di secondo grado al 29 settembre - così come - lo dico alla Sottosegretaria Ferro - consideriamo un primo passo nella direzione giusta la sperimentazione del voto per i fuorisede, ancora insufficiente, ancora limitata, che non ricalca certo l'impostazione della Campania, che aveva prodotto un testo di legge a prima firma della collega Madia, dal titolo “Voto dove vivo”, però io credo che sarà importante fare seriamente questa sperimentazione e verificare quindi il prima possibile come e se sarà possibile ampliare la sperimentazione o meglio introdurre il voto a distanza anche agli altri livelli di elezione, alle politiche e alle amministrative. Andiamo però a quella che a noi è sembrata veramente una forzatura che non ha - e continuo a ripeterlo - nessun elemento di urgenza, ossia l'articolo 4, che contiene disposizioni in materia di elezione del sindaco del consiglio comunale. Voglio su questo dire poche cose, ma molto chiare. Questo articolo è stato oggetto di una discussione oggi in Commissione, molto rispettosa io credo delle posizioni, ma le posizioni sono differenti.
La questione del numero dei mandati, per quel che riguarda sia i comuni, sia la regione, non può essere affrontata in questo modo, non può essere affrontata con una modalità in cui, all'interno - lo ripeto - di un decreto Elezioni, necessariamente ancorato alla tempistica delle elezioni europee, sia inserito questo intervento. Infatti, riteniamo che la strada maestra continui a essere quella della riforma complessiva del TUEL che auspichiamo - lo dico ora per allora - possa vedere un confronto serio e sereno tra maggioranza e opposizione, perché stiamo discutendo sulle regole del gioco della democrazia sul primo livello, il più importante nel rapporto con i cittadini, che è il comune, e poi anche, ovviamente, sulle regioni.
Tentare, invece, di scardinare tutto questo, introducendo una modifica radicale e totalizzante della normativa per i comuni sotto i 5.000 abitanti, dove, in luogo dei tre mandati, si passa addirittura al superamento del numero di mandati, consentendo, quindi, a un singolo soggetto, a un singolo sindaco di essere rieletto fintanto che morte non sopraggiunga, credo che rappresenti una forte contraddizione con lo spirito della legge.
Lo ricordo: nel 1993, venne introdotta nell'ordinamento l'elezione diretta, dopo una discussione molto ampia, un'elezione diretta che - dobbiamo averne tutti consapevolezza - non apparteneva alla visione dei nostri costituenti. È stata introdotta. Oggi, dobbiamo fare, seriamente e serenamente, un tagliando alla legge del 1993, verificare le cose positive di quell'esperienza concreta, a cominciare dalla stabilità degli esecutivi, delle giunte e dei sindaci, ma analizzare e riflettere se sia corretto, in questo momento, l'equilibrio tra le giunte e i consigli, tra il sindaco, eletto direttamente, e i consigli comunali, e affrontare la questione del numero dei mandati, in questa logica. Non si può semplicemente dire: due, tre. E, allora, perché non quattro, cinque, sei, sette? A quel punto, ogni numero va bene. Il tema è ricordarsi perché venne introdotto il numero dei mandati. Il numero di mandati venne introdotto proprio per equilibrare, per essere un contrappeso rispetto a una forzatura dell'architettura costituzionale con l'elezione diretta. Non si può mantenere l'elezione diretta o aumentare il numero dei mandati e lasciare il potere di contrappeso inalterato. A nostro giudizio, questo non va bene, bisogna affrontare organicamente una riforma del TUEL, che, ovviamente, passi per i sindaci e anche per un tema più complesso, legato all'autonomia regionale, al numero dei mandati per l'elezione diretta dei presidenti delle regioni.
Siamo stati accusati, in sede di discussione in Commissione, in realtà, di non scegliere, perché, al nostro interno, ci sarebbe una discussione che vede pareri e opinioni differenti. Noi rivendichiamo di essere un partito che discute, che si confronta, ma non accettiamo l'accusa politica, in questa fase, di scappare dalle nostre responsabilità. Per noi viene prima il bene delle istituzioni rispetto alle ambizioni di qualsiasi di noi. Questo è il punto. Il tema è: facciamo un bilancio della legge che ha introdotto l'elezione diretta, affrontiamo il tema dei mandati in questa cornice. Su questo, siamo disponibili al confronto, non siamo disponibili a operazioni - e lo diremo domani, con forza -, a emendamenti costruiti soltanto per provare a giocare nelle contraddizioni.
Può darsi che non sia più buono con i numeri, come una volta, ma, oggi, in Commissione, forse, se avessimo ragionato, come qualcuno ragiona, quando presenta gli emendamenti, non so cosa sarebbe successo su un emendamento, perché la maggioranza si è divisa su un emendamento presentato dalla collega Boschi. Avremmo potuto fare un ragionamento tattico, di breve periodo, creare, mettere, esaltare le contraddizioni, ma siamo rimasti fermi su una posizione istituzionale, di rispetto, innanzitutto, delle istituzioni, perché - lo ripeto - stiamo parlando del cuore della democrazia ed è soprattutto nei comuni che si alimenta uno spirito democratico. Credo che questa sia la riflessione che deve venire prima di tutto.
Credo che dovremmo farlo all'interno di una riforma complessiva, anche della legge elettorale, quando ci arriveremo, se ci arriveremo, perlomeno nelle parti accessorie, nella cosiddetta legislatura di contorno. Non è che tutte le volte, sui decreti Elezioni, dobbiamo discutere sul numero delle sottoscrizioni, in questo caso, introducendo un dimezzamento delle firme, non motivato. Lo abbiamo fatto durante la pandemia, in maniera significativa, a ogni tornata elettorale, ma c'era una motivazione. Ma mi domando: perché - non sono pregiudizialmente contrario - il Governo ha introdotto il dimezzamento delle firme?
E poi decidiamoci una volta per tutte, serenamente, su quali sono i presupposti per l'esonero dalla raccolta delle firme. Anche qui non possiamo cambiare tutte le volte. Oggi, introduciamo una deroga, secondo me giusta, lo dico in coerenza con le cose che ho detto sempre in quest'aula, al fatto che non sia necessario avere due gruppi parlamentari, cioè una alla Camera e uno al Senato, ma è sufficiente averne uno, in uno dei due rami del Parlamento. È giusta questa norma, è giusta, perché, con la riduzione del numero dei parlamentari, costituire un gruppo al Senato è diventata un'impresa, cioè ci vuole un numero di voti e di senatori molto elevato. Ma allora siamo coerenti: modifichiamo anche quella nazionale. Tutte le volte ci rimettiamo a intervenire. Stabiliamo una volta per tutte quale sia il numero giusto, corretto, coerente di firme, superiamo, per esempio, questa benedetta anomalia della Valle d'Aosta, perché è chiaro che viene dimezzato, perché il problema è la Valle d'Aosta. Infatti, quando si dice che occorrono almeno 1.500 firme per ogni regione, questo vale per la Lombardia, che fa quasi 11 milioni di abitanti, e vale per la Valle d'Aosta, che ha 100.000 abitanti! Mettiamola a posto, una volta per tutte e diciamo che sono a eccezione della Valle d'Aosta, con tutto rispetto per gli aostani.
Ho fatto questo esempio, ma anche su queste cose, sono le regole del gioco. Non possono cambiare sulla base di convenienze, perché adesso ci può essere una maggiore convenienza che, a sinistra o a destra dei principali partiti, possano nascere liste di disturbo, per essere chiari. Infatti, il 4 per cento, la soglia di sbarramento sulle europee, è la più alta del nostro ordinamento, è più alta anche di quelle delle politiche e può provocare anche questo.
Crediamo ci siano molte cose che non vanno in questo provvedimento e che, soprattutto, si siano attaccate sopra norme che avrebbero meglio trovato spazio in altri provvedimenti.
L'invito e l'auspicio nei confronti del Governo - ringrazio, in questa sede, la disponibilità al dialogo della Sottosegretaria Ferro in Commissione, cosa non comune - è di aprire un tavolo sulla questione della riforma del TUEL. Vorrei chiarire anche un altro passaggio, perché c'è stata una discussione, anche un po' antipatica, in Commissione: l'ANCI fa benissimo il suo mestiere, porta le istanze dei comuni, dei sindaci, ma rivendico il nostro ruolo di legislatori. L'ANCI va ascoltata, ma si può avere anche, legittimamente, una posizione differente - parlo ovviamente a titolo personale - senza che questo debba suscitare scandalo, senza che questo porti immediatamente a essere indicato come quello che è contro i sindaci.
Il sottoscritto è stato sindaco, è stato consigliere provinciale, arriva da quel mondo, ha grande rispetto per i colleghi che fanno i sindaci ma, per esempio, sul tema dei mandati, sul tema dell'architettura complessiva si possono e si devono avere opinioni differenti.
Il nostro auspicio è che ci possa essere presto un tavolo di confronto, un dibattito pubblico, nei luoghi istituzionali, per arrivare a una riforma del TUEL che possa rendere più efficace e più efficiente il lavoro degli amministratori locali ma che ci possa portare anche ad avere più partecipazione, perché non dimentichiamoci che le ultime elezioni in Abruzzo ci hanno detto ancora che noi abbiamo un problema enorme, noi tutti. A me ha molto colpito - posso confessarlo pubblicamente - il fatto che in quelle elezioni che sono state caricate di un enorme peso politico nazionale e che hanno visto confrontarsi coalizioni che, a livello nazionale, avevano cambiato profondamente la loro natura e le loro figure istituzionali di riferimento - il mondo del 2019 era completamente differente da quello del 2024 e l'offerta politica è cambiata radicalmente, anche nelle persone - circa un abruzzese su due non si è recato al voto. Questo è un tema che porta a riflettere, non possiamo dimenticare che abbiamo questo problema come anche, ad esempio quello del limite dei mandati e della cancellazione dei mandati nei piccoli comuni o la questione di come facilitare il voto a distanza e superare le questioni legate a chi, per questioni di lavoro o di studio, è lontano, come aveva segnalato un bel rapporto nella scorsa legislatura. Noi dobbiamo provare ad affrontare il TUEL in questa doppia prospettiva, cioè migliorando il rapporto tra cittadini e istituzioni, dando maggiore efficacia e capacità di intervento ai comuni, e rafforzando al tempo stesso la partecipazione, facendo ritornare il più possibile le persone ad avere un atteggiamento positivo - poi, la scelta può essere differente - verso la politica.