A.C. 1780
Grazie, signora Presidente. Vorrei iniziare innanzitutto riconoscendo il contributo, che un'eccezione, che la Sottosegretaria Ferro ha voluto dare in questo dibattito perché purtroppo dobbiamo constatare che quasi mai c'è un'interlocuzione e un intervento nel merito da parte dei rappresentanti del Governo, come dobbiamo constatare ancora una volta che, pur essendo al 56° decreto e quindi già a un record, si è voluto, anche in questa vicenda, continuare con un uso improprio e un abuso dei decreti-legge. Continueremo a sottolinearlo e lo sottolineiamo perché non ci rassegniamo - e ci opponiamo con forza - al fatto che le nostre Camere siano ridotte ad un monocameralismo alternato di fatto e che sempre più prevalga una Costituzione materiale impropria rispetto al dettato della nostra Carta costituzionale. Questa dovrebbe essere una preoccupazione comune, ma vedo che invece si persevera nelle forzature e nello stravolgimento di un ordinato esercizio della legislazione. Siamo di fronte a un Esecutivo che continua a centrare i provvedimenti più importanti e significativi, riducendo le Camere a un ruolo di ratifica, mentre vengono assegnati sempre più spesso alle Camere provvedimenti quasi di ordine amministrativo, che potrebbero essere risolti anche senza la necessità dell'approvazione di una legge. Il nostro collega Federico Fornaro ha voluto definire - ed io condivido pienamente, ahimè - questa un'indecenza alla quale non possiamo rassegnarci e alla quale continueremo a contrapporci con tutte le nostre forze. Non bastasse questo, la Commissione bicamerale presieduta dall'onorevole Tabacci in questa legislatura continua a segnalare l'uso improprio e l'abuso dei decreti d'ufficio, anche in modo unitario, ma nella sordità generale di questa maggioranza. Questo decreto avrebbe potuto essere - come è sempre stato - un atto dovuto, nella misura in cui fissava la data delle elezioni e l'accorpamento delle elezioni europee, delle amministrative e delle regionali. Da atto dovuto avete voluto trasformarlo ancora una volta in un atto voluto a fini di parte. Per la prima volta - abbiamo un altro record - a ridosso delle elezioni si è deciso di cambiare le regole del gioco con misure puntuali e incoerenti scollegate da un necessario percorso ordinato di riforma. La prima norma di un corretto e civile confronto istituzionale e politico - ripeto - dovrebbe essere che le regole non si cambiano a partita aperta, ma avete voluto forzare, in particolare su quella che è la legge elettorale che finora ha avuto maggiori riscontri positivi, cioè la legge elettorale dei comuni e degli enti locali. Noi riteniamo che ci siano molte priorità di riforma degli enti locali. Riteniamo che le priorità principali, ahimè, purtroppo continuino a essere quelle di un'effettiva autonomia dei comuni e delle province dal punto di vista delle risorse, dell'autonomia organizzativa e delle funzioni che oggi sono assegnate agli enti locali.
Se vogliamo intervenire davvero sull'astensionismo, che è il fenomeno più preoccupante di questa crisi della democrazia che viviamo, credo che davvero sarebbe il momento di affrontare il tema di una riforma organica degli enti locali, non limitata a interventi puntuali, utilizzati - come in questa vicenda - per interessi di parte e di partito.
Perché ribadiamo che non basta l'elezione diretta se - lo dico anche in base alla mia esperienza decennale di sindaco di Bologna - si viene eletti direttamente, in un calo crescente di autonomia di risorse, di funzioni e di poteri effettivi dei sindaci per rispondere ai problemi evidenziati dai cittadini. Siamo di fronte a un fatto: che le cariche monocratiche, per le quali è prevista l'elezione diretta nel nostro ordinamento, sono state introdotte con il limite dei mandati. La Corte costituzionale - anche qui inascoltata - ci ha ricordato che il limite dei mandati serve a garantire che non ci sia una permanenza di lungo tempo al potere locale per, da questo punto di vista, cercare di garantire l'imparzialità dell'amministrazione. Voi sapete bene che il voto è un voto di opinione e anche un voto di relazione, non crediamo quindi che togliere ogni vincolo al numero dei mandati, per quanto riguarda i comuni sotto i 5.000 abitanti, sia una risposta alla crisi della democrazia, ma credo che sia un modo per aggirare il necessario rinnovamento, il ricambio e favorire la partecipazione dei cittadini. Il numero dei mandati (2 o 3) deve essere uguale in tutti i comuni. Non possiamo accettare - come si sta producendo, ahimè - che ci sia una gerarchia per quanto riguarda le modalità di voto legata al numero degli abitanti, non si è mai visto da questo punto di vista. La legge attuale prevedeva appunto che il numero dei mandati fosse uguale per tutti i comuni; si sta introducendo un provvedimento che, per oltre 5.000 degli 8.000 comuni italiani, introduce una modalità di voto che permette l'elezione a vita e permette di accentuare, rispetto al voto d'opinione, il voto di relazione in un Paese nel quale il voto di scambio e il voto di clientela continuano ad avere un peso notevole. Noi pensiamo che questo andasse affrontato - e lo ripeto: è necessario - con una riforma del testo unico degli enti locali e con adeguati contrappesi rispetto al potere dei consigli comunali e al potere oggi in mano alle giunte e ai sindaci. Si è voluto forzare su questo, si è voluto ricordare che l'ANCI ha assunto una posizione ed io, da questo punto di vista, voglio ribadire una cosa, viste le posizioni di parte della Lega in questa vicenda che oggi viene a termine: nessun sindaco del Partito Democratico chiede di cambiare per se stesso le regole in assenza di un quadro di riforme complessive. A noi interessa soprattutto che, quando si fanno delle riforme, si facciano in modo ordinato e nell'interesse generale del Paese; non ci interessa un'idea di politica e di riformismo che giudichi tatticamente il momento opportuno per manovre di palazzo. Noi non condividiamo la politica di questo Governo e pensiamo che debbano essere gli elettori a mandarvi a casa. Ma non ci prestiamo, in nome di un opportunismo e di un trasformismo che già ha fatto troppi danni in questo Parlamento, a manovre di questo tipo. Noi riteniamo che sarebbe importante assumere l'impegno, come Parlamento, ad andare avanti sulla riforma del testo unico degli enti locali nel confronto con l'ANCI, con la Conferenza Stato-regioni e con tutti gli interessati e sarebbe importante che questo Parlamento assumesse questo impegno comune. Di fronte ai fatti positivi inseriti in questo provvedimento che sono stati richiamati, come il voto ai fuori sede, anche se si tratta di un provvedimento parziale non possiamo che essere soddisfatti perché abbiamo presentato una proposta di legge a prima firma della collega Madia in questo senso e crediamo che questo passo avanti sarebbe potuto essere più incisivo estendendo la possibilità del voto anche ai lavoratori e alle persone in cura fuori sede.
Ci rammarichiamo ancora una volta del fatto che non si sia voluta dare una risposta agli elettori all'estero e riteniamo che questo provvedimento sia l'ennesima occasione di un intervento pasticciato, piegato, ahimè, a fini di parte e che poteva, invece, essere un confronto di merito più produttivo per il nostro Paese.