A.C. 1946
Grazie, Presidente. Eccoci qui ad esprimere il nostro parere sull'ennesima fiducia, la cinquantasettesima, che non sarà l'ultima, ahimè, e su un provvedimento fondamentale per il Paese, nel solco di un metodico svilimento della democrazia parlamentare che caratterizza questo Governo.
Avete chiamato questo provvedimento “Disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale”, ma, di fatto, è un decreto omnibus, un decreto che risponde alle emergenze, ma che non dà risposte strutturali ai bisogni di un comparto che soffre da diverso tempo, perché l'emergenza climatica non è arrivata adesso, la peste suina nemmeno, per citare un paio di eventi emergenziali in corso; emergenze che continuate a rincorrere, anche tardivamente, se penso alla siccità che da mesi tiene nella morsa le regioni del Sud e alla quale provate a dare risposte solo adesso, vista l'inefficacia della gestione commissariale che in 14 mesi non ha prodotto risultati apprezzabili.
Rispetto a questo tema, mi chiedo come riescano a stare tranquilli i colleghi di maggioranza del Sud, con le navi che portano acqua e il piano invasi che non è mai partito, nonostante, appunto, fosse previsto. Gli annunci altisonanti che hanno accompagnato questo decreto non ne coprono la fragile infrastruttura.
A noi fa piacere vedere inserite in questo decreto molte delle richieste che come Partito Democratico abbiamo fatto nel corso di questi anni su diversi provvedimenti. Non siamo interessati alla primogenitura, ma al bene dell'agricoltura, che rimane l'asse portante del nostro Paese.
Ciò che manca in questo provvedimento è la visione, a cui il Paese con le DOP più apprezzate al mondo dovrebbe ambire. Manca una strategia di lungo corso, improntata su provvedimenti sostanziali, strutturali, innovativi e coraggiosi, finalizzati a proteggere la redditività delle imprese e a mantenere alto il nome del made in Italy nel mondo, che si sostiene sull'operosità e sulla sapienza di centinaia di migliaia di piccoli e medi produttori e trasformatori, che non beneficeranno delle ricadute di queste iniziative del Governo.
Si susseguono, infatti, in questo decreto, interventi costruiti sull'onda della cronaca quotidiana e sulle leve del consenso. Non si intravedono azioni di largo respiro in grado di sostenere il settore primario nelle sfide cruciali che lo attendono e che sta già in parte affrontando, senza poter contare su un'azione politica consapevole e illuminata. Parlo degli stravolgimenti provocati dai cambiamenti climatici, le cui conseguenze rimangono irrisolte per tempi biblici e che questo provvedimento non affronta con adeguate misure strutturali. Parlo della peste suina, che continua a imperversare, con il numero di cinghiali in progressivo aumento e un commissario che fatica a trovare soluzioni, se non quella di incaricare l'esercito, e di altri eventi epidemici, invasivi e patogeni, che la globalizzazione e le trasformazioni climatiche verosimilmente ci costringeranno ad affrontare, senza che questo decreto preveda strumenti dedicati e misure preventive.
Parlo di prevenzione, senza dimenticare di segnalare i gravi ritardi che già rallentano la catena degli aiuti alle colture colpite da patogeni o calamità. Parlo della concorrenza selvaggia che stravolge i meccanismi del giusto prezzo e che porta sulle nostre tavole prodotti di qualità, ma dei quali non ci si preoccupa di conoscere le condizioni di lavoro di tutti quei lavoratori che hanno contribuito al prodotto finale, dal momento che è ancora troppo basso il numero delle aziende che aderiscono alle reti di qualità. Non ci si preoccupa dei salari, in calo del 7 per cento rispetto al 2019, secondo gli ultimi dati dell'OCSE. Parlo della micidiale burocrazia che soffoca il made in Italy. Parlo della mancanza di manodopera e di una razionale e umana regolamentazione dei flussi migratori che, superando la Bossi-Fini, offrirebbe alle nostre campagne la forza lavoro di cui necessitano, stroncherebbe il caporalato e restituirebbe dignità ad esistenze disperate, come quella di Satnam Singh.
Il fatto che una tragedia così brutale si sia consumata nell'ambito del lavoro agricolo appare significativo: come se, in certi settori dell'agricoltura italiana, si fossero già consolidate prassi di illegalità e di sfruttamento, alimentate da un sistema che non garantisce né equità ai produttori e ai lavoratori, né giustizia economica e sociale. Il decreto tratta superficialmente questa piaga, facendo riferimento a misure già previste nella legge Martina-Orlando, basate sull'incrocio delle banche dati: la stessa legge sul caporalato che prevedeva anche l'istituzione di un Tavolo del caporalato, convocato a dicembre del 2022. C'è da chiedersi se ci sia la volontà di riconvocarlo: perché - diciamocelo - per molti di voi è molto meglio non porsi il problema, perché il problema, in questo modo, non esiste (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista).
Questo provvedimento non investe sul futuro dell'agricoltura italiana, perché non investe adeguatamente sui giovani e sul ricambio generazionale. Poco o nulla è previsto in termini di esonero dagli obblighi contributivi per gli imprenditori agricoli under 41, per il credito d'imposta per gli investimenti in beni strumentali, agevolazioni fiscali e facilitazioni per l'accesso al credito e al microcredito. Voglio sottolineare, inoltre, come il provvedimento sia gravemente miope sui temi che riguardano la ricerca, l'innovazione e il sostegno alla transizione ecologica nelle campagne. Va, pertanto, stigmatizzata l'arroganza con cui, per l'ennesima volta, il Governo ha rigettato qualsiasi proposta che il Partito Democratico ha avanzato nel merito e non per posa o ideologia, come spesso si vede fare tra la maggioranza. Le nostre proposte emendative erano finalizzate anche a migliorare, in termini di efficacia e di continuità, i provvedimenti legati alle emergenze congiunturali, a partire dagli aiuti per le colture colpite dagli eventi climatici, affrontando anche la siccità, il caporalato, la peste suina e il giusto prezzo.
L'incapacità di ascolto che ha accompagnato l'iter di questo decreto non è solo lesiva della democrazia parlamentare: mettendo a tacere la nostra voce, avete messo a tacere anche le voci di centinaia di agricoltori che operano nei territori a maggiore vocazione agricola del nostro Paese, le cui istanze volevamo rappresentare attraverso le proposte emendative migliorative che avete respinto in maniera unilaterale, sistematica e ideologica.
Per queste ragioni voteremo “no” convintamente a questa fiducia.