Dichiarazione di voto
Data: 
Giovedì, 11 Luglio, 2024
Nome: 
Stefano Vaccari

A.C. 1946

Onorevole Presidente, signor Sottosegretario, colleghe e colleghi, ci ritroviamo ancora qui per l'ennesima posizione di una fiducia ad un decreto, una ogni 11 giorni da quando siete in carica. Ci troviamo per un voto finale su un provvedimento che avrebbe meritato ben altre attenzioni e ben altre procedure di approfondimento e di confronto. Ma ormai il Parlamento è ridotto ad essere la lunga mano del Governo, che ne abusa secondo necessità ed interessi, che spesso mal si conciliano con le necessità e gli interessi del nostro Paese.

Anche al Senato abbiamo provato a migliorare questo provvedimento, ma, come al solito, poche integrazioni e modifiche sono avvenute in stanze diverse da quelle istituzionali, e continuiamo a meravigliarci che anche i colleghi della maggioranza accettino passivamente, di continuo, queste imposizioni dall'alto. Così è successo anche con questo decreto, dove si trova di tutto e di più, che va ben oltre l'emergenza e la circoscrizione dei temi legati al comparto agricolo.

In altri tempi, quello che la Camera sta per votare si sarebbe chiamato collegato agricolo e avrebbe seguito la manovra di bilancio. Oggi invece la anticipa, per l'esigenza del Governo di procedere ad interventi spot che vivranno lo spazio di qualche mese, perché di strutturale non hanno nulla. In questo decreto ci sono questioni che meritano di essere affrontate con misure adeguate, e lo diciamo perché in questi 2 anni basta vedere gli atti parlamentari e le nostre proposte di legge, i nostri emendamenti, i nostri ordini del giorno, con i quali vi abbiamo sollecitato più volte a intervenire sulle stesse questioni, e voi avete girato la testa dall'altra parte.

Forse perché eravate impegnati a legiferare sui premi per i cuochi d'Italia, sostituendovi a Masterchef, ad allargare all'inverosimile gli staff del Ministero dell'Agricoltura, a rimanere in silenzio di fronte al serrato attacco che sta subendo la dieta mediterranea, a svuotare delle risorse necessarie, con un blitz del Ministero dell'Economia, la legge sull'imprenditoria agricola giovanile, dopo che in Commissione era stata raggiunta la massima condivisione, oppure a lasciare al palo le leggi sulla valorizzazione delle donne imprenditrici in agricoltura, o quella sull'agricoltura contadina, solo per ricordare alcune vostre gravi disattenzioni.

Oggi ci presentate un decreto che, tecnicamente, affronta solo la gestione ordinaria dei temi sul tappeto. Ci avete messo sopra un po' di mancette, così potrete continuare a fare propaganda sui territori, finché quei soldi esauriranno la boccata d'ossigeno che le aziende, per un tratto di strada, riceveranno. Poi di nuovo a cercare soluzioni, emergenza dopo emergenza, difficoltà dopo difficoltà, crisi dopo crisi. Così però, badate, non si vuole bene all'agricoltura italiana, così si garantisce solo sopravvivenza. Non è questo ciò che si aspetta il mondo agricolo, che pure plaude - ed è comprensibile - a quelle parti di provvedimento che assegnano risorse dove c'è bisogno.

Ma che altro dovrebbero fare, visto che per loro, dai frutticoltori, ai viticoltori, agli allevatori, ai coltivatori cerealicoli, a chi ha visto distrutta l'azienda da un'inondazione o un raccolto da un cataclisma, quelle risorse aiuteranno almeno per un po'. Non serve intervenire per allungare l'agonia di molte imprese, ma serve ridare loro forza e speranza, perché è dal loro impegno, dalla loro attività, dalle loro produzioni, che dipenderà il futuro delle nostre comunità, interessate a proiettarsi in un mondo diverso, dove sostenibilità, salubrità, equità e giustizia sociale siano cardini di un nuovo modello di sviluppo, anche in agricoltura.

Allora vi sfidiamo sui veri problemi, che naturalmente non affrontate e che, di contro, dovrebbero vederci, invece, impegnati tutti qui, in Parlamento, per trovare soluzioni. Vogliamo parlare della crisi idrica e della siccità? Noi sì, ne vogliamo parlare, anche perché non avete messo in campo nulla, se non commissari nazionali e regionali in regioni martoriate come la Sicilia, nonostante i quali vedremo le grandi navi che porteranno acqua in quelle aree dove non c'è, le autobotti che aiuteranno i terreni agricoli dove le produzioni, in gran parte, andranno perse, mentre, sulle tavole degli italiani, arriverà cibo da altri Paesi con costi impossibili.

Per il Governo siccità e approvvigionamento dell'acqua non sono un problema; a Salvini, Lollobrigida e Fitto non interessa nulla se, quale conseguenza di questa grave situazione in Puglia, in Sicilia, in Basilicata e Abruzzo, le colture di pregio di quelle regioni andranno perdute. Tutto questo contribuisce a spaccare ancora di più il Paese, aumentando le disuguaglianze territoriali in questo settore, come farete con l'autonomia differenziata e come certificato, in questi giorni, dall'ISPRA e dall'Associazione nazionale delle bonifiche italiane, che hanno lanciato l'allarme rosso in molte regioni d'Italia.

È da irresponsabili non prendersi un impegno più concreto per sostenere, con adeguati investimenti che l'emergenza richiede, interventi strutturali delle reti e dei sistemi irrigui. Non bastano i 73 progetti - progetti, non interventi - raccontati all'ANBI dal Ministro Salvini. Senza un'inversione di tendenza su questi temi, sarà emergenza dopo emergenza, dove ci sarà chi perderà tutto e non saprà come ripartire. E voi a fare passerella, come in Emilia-Romagna, indossando gli stivali e promettendo pieni e tempestivi ristori per tutti, salvo poi fuggire dagli impegni, lasciando sole tante famiglie e tanti imprenditori, che chiedono a gran voce di essere accompagnati nella ripartenza.

Invece, con loro avete tagliato la borsa perché, strumentalmente, pensate agli interessi politici legati alle prossime elezioni regionali a novembre. Vogliamo parlare della peste suina? Noi sì, voi solo per annunciare possibili soluzioni o per nominare commissari. Ora siete arrivati ad invocare l'esercito, ma poi non si procede con la riduzione necessaria della popolazione dei cinghiali. Avete aumentato di un mese la caccia al cinghiale, ma questa misura va bene in una logica di ordinarietà; oggi, di fronte a noi, c'è una straordinarietà, da affrontare con piani straordinari, avvalendosi della collaborazione di tutti, delle guardie venatorie, del mondo venatorio, che in più occasioni si è reso disponibile.

Che fine ha fatto il Piano straordinario per la gestione ed il contenimento della fauna selvatica, lasciato cadere nel dimenticatoio, dopo avere emanato un apposito decreto che lo ha annunciato, in pompa magna, nel giugno del 2023? È già passato un anno e ogni giorno le cronache dei giornali sono piene di notizie legate al sovrannumero e alle manifestazioni degli agricoltori che denunciano la gravità della situazione.

Sulla peste suina, peraltro, la strategia commissariale fin qui adottata non è risultata adeguata ad arginare la diffusione della malattia, e si rischia di mettere in ginocchio l'importante comparto delle carni italiane.

Infine, ma non certo per ordine di importanza, le vicende drammatiche di questi ultimi giorni, con l'assassinio - perché di questo si tratta, un assassinio - del giovane indiano Satnam Singh, un ragazzo che, insieme alla moglie, entrambi irregolari, erano aggrappati alla vita, fatta di stenti e di sofferenze

Non è morto accidentalmente, ma è stato ucciso da un sistema che, per 4 euro l'ora, ha sfruttato il suo bisogno di lavoro, senza dare alcuna dignità. Un sistema che ha bisogno di donne e uomini invisibili per far girare l'economia e per fare lavori che spesso gli italiani non vogliono più fare; ridotti a schiavi da caporali senza scrupoli, assoldati da pochi “prenditori” alla ricerca di sempre più ingenti guadagni.

Satnam è stato ucciso anche dall'indifferenza e dall'ipocrisia delle istituzioni, che fanno leggi avanzate di tutela e poi, irresponsabilmente, non le dotano dei mezzi e delle risorse necessarie. Lo abbiamo detto, assieme alle organizzazioni sindacali, nelle 3 manifestazioni svolte a Latina, nelle quali il Governo ha brillato per la sua assenza: il caporalato in agricoltura è un male assoluto (Applausi dei deputati del gruppo, così come lo sfruttamento del lavoro in altri settori da parte di imprenditori voraci e compiacenti.

Servirebbe un colpo d'ala, applicare davvero la legge n. 199 del 2016 e respingere l'assalto dei carnefici. Servirebbe che la buona agricoltura si mettesse alla testa di questa battaglia di civiltà, per isolare e denunciare chi inquina un comparto straordinario e primario, la cui correttezza generale non è mai stata messa in discussione. C'è un interesse collettivo da salvaguardare e c'è la morte di Satnam da riscattare, insieme a tante altre morti che hanno segnato tragicamente le nostre giornate, in altri luoghi di lavoro.

Nelle campagne italiane, come ci ricorda l'Osservatorio Placido Rizzotto, ci sono 230.000 lavoratori senza contratto e senza diritti; di questi, 55.000 sono donne e il 30 per cento non sono migranti extracomunitari, ma cittadini italiani e della UE.

Un bracciante su quattro lavora in nero… 

Grazie, Presidente. Un bracciante su quattro lavora in nero e la paga media di una giornata di oltre 10 ore è di 20 euro. Dati che devono far riflettere tutti, anche le organizzazioni professionali e la cooperazione, perché possono essere tutelati la maggior parte degli imprenditori che lavorano e producono, nel rispetto delle norme e della dignità dei lavoratori e delle lavoratrici. Allora, leggendo questo decreto, ci si chiede come intende concretamente applicare la legge sul caporalato questo Governo. Perché il tema è questo, badate. Le misere paghe a nero servono per tenere bassi i prezzi dei prodotti. Serve cambiare il sistema, serve cancellare la Bossi-Fini e fare una legge che consideri l'immigrazione una risorsa, programmando flussi e rapporti bilaterali. La nostra proposta è stata quella di costruire, con il concorso delle parti sociali, un DURC di congruità, così come è stato fatto in edilizia, cioè uno strumento che mette in relazione il tipo di coltura che viene coltivata con la manodopera necessaria. Ci si deve arrivare, anche in base alle esperienze già maturate con gli indici di coerenza sperimentati nei patti bilaterali.

Ho finito, Presidente. Allora, c'è bisogno di lavoratori formati con paghe dignitose, sicurezze, tutele sanitarie, contrasto al lavoro irregolare, intolleranza verso l'evasione fiscale e tributaria, giusto prezzo per il cibo pulito e di qualità. Questa è la strada maestra che ci aspettavamo fosse presente in questo decreto, ma non è così. I nostri emendamenti che provavano a tracciare questa strada sono stati respinti. Non bastano.

Non bastano più le grida di dolore e le roboanti frasi del giorno dopo. Servono volontà politica, comportamenti e azioni coerenti. Per tutte queste ragioni, voteremo contro questo provvedimento, un provvedimento tardivo, insufficiente a dare le risposte strutturali di cui l'agricoltura italiana ha, invece, bisogno.