A.C. 2420
Grazie, Presidente. Guardi, il primo problema che abbiamo oggi è lì, tra i banchi del Governo. Non ce l'ho, ovviamente, con la Sottosegretaria Frassinetti, ma con chi non c'è. Dov'è l'onorevole Bernini? Perché non c'è l'onorevole Bernini? Guardi, noi siamo di fronte a quello che è un vero e proprio atto di teppismo politico. C'era una riforma in discussione, a prima firma della Ministra, che si è impantanata in Parlamento di fronte alle critiche e alle proteste, e, nottetempo, quella riforma è stata trasformata in un emendamento, infilato in questo provvedimento che non c'entrava nulla, ed è stata così approvata al Senato e oggi si andrà all'approvazione alla Camera.
La Ministra Bernini, sostanzialmente, ha rubato diritti e tutele ai ricercatori precari ed è scappata, nemmeno avendo la dignità di venire qua a difendere la sua riforma. E spiace che su una procedura di questo tipo abbia voluto mettere la firma la senatrice a vita Cattaneo, perché questa è una procedura che ha umiliato il Parlamento, e, forse, quel Parlamento si doveva difenderlo, soprattutto se si svolge quel tipo di funzione.
Cosa stiamo facendo noi qui? Stiamo togliendo diritti e tutele ai ricercatori, smantellando una riforma che non era una riforma del Partito Democratico, del centrosinistra, ma era una riforma che avevamo fatto tutti insieme durante il Governo Draghi, che aveva inserito una modalità nuova, il contratto di ricerca, che non stabilizzava, ma dava semplicemente un po' di tutele e diritti a dei lavoratori, perché questo sono i ricercatori. E, contestualmente all'approvazione di quella riforma, avevamo assunto tutti l'impegno a finanziarla nella successiva legge di bilancio.
Poi il Governo Draghi è caduto ed è arrivato il Governo Meloni. Su quella riforma c'erano le firme di molti di noi. C'era la firma della Lega: ho qui la dichiarazione di voto che fece la Lega in quest'Aula, che diceva: i contratti di ricerca sostituiranno gli assegni di ricerca, per far sì che, dopo il dottorato e prima dell'insegnamento, vi siano giovani talenti che possano investire il 100 per cento del loro tempo nella ricerca. Questo era il testo della dichiarazione di voto non del Partito Democratico, ma della Lega, fatta in quest'Aula ad approvazione dei contratti di ricerca.
C'era la firma, al Senato, della senatrice Gallone, oggi collaboratrice e consigliera della Ministra Bernini. L'onorevole Sasso, relatore di questo provvedimento che smantella la riforma fatta dal Governo Draghi, di quel Governo era Sottosegretario. Onorevole Sasso, tutto bene? Le pare normale? Le sembra una posizione coerente? Guardate, noi siamo di fronte a un fatto abbastanza grave. Mi chiedo cosa sia cambiato rispetto alla passata legislatura. Perché state venendo meno a quegli impegni? Ma, soprattutto, perché usate argomenti così falsi?
È successo anche qui, in quest'Aula. Perché dite che lo fate per i ricercatori? Guardate che in tutto questo c'è una forma di insopportabile paternalismo, perché i ricercatori hanno voce, parlano e stanno parlando da mesi nelle università, nelle piazze, saranno qui fuori oggi pomeriggio. Hanno una voce, hanno dei diritti; hanno il diritto di parlare per sé stessi, senza che senatori a vita, parlamentari, Ministri, rettori parlino al posto loro. E, forse, bisognerebbe avere l'umiltà di ascoltarli, ascoltarli ovunque e ascoltarli sempre, come noi abbiamo voluto fare in Commissione, durante le audizioni.
Ad ascoltarli si capisce cosa noi stiamo facendo qui: stiamo precarizzando il loro lavoro e il loro destino, la loro vita. Una volta che eravamo riusciti a fare un passo avanti, dopo qualche mese torniamo indietro.
E guardate che non lo diciamo noi, lo hanno detto in Commissione quelli che la maggioranza ha chiamato in audizione, che ci hanno spiegato come funzionerà. Ce lo hanno detto così, candidamente: con un contratto di ricerca ci costa x; con quelle risorse, noi possiamo farne tre; tre con le nuove forme previste da questa riforma.
Il problema è che quelle due cose in più sono pagate con la sottrazione di diritti e tutele ai ricercatori; cioè, noi siamo di fronte a un meccanismo perverso per cui si risparmia sulla pelle dei ricercatori. E quel risparmio, quella che l'onorevole Dalla Chiesa ha chiamato flessibilità, è precarietà, che è un'altra cosa. Ce n'è fin troppa di flessibilità in questo mondo e noi siamo di fronte a un ricatto. Si dice: sono poche le risorse e, quindi, dobbiamo per forza fare così.
Ma le risorse non sono poche perché - diciamo - c'è lo Spirito Santo che lo ha deciso, ma perché c'è un sistema malato che molti hanno difeso. Guardate che sono state, dal mio punto di vista, irricevibili le parole dette dalla presidente della Conferenza dei rettori e dal presidente dell'Accademia dei Lincei, che hanno difeso questa riforma. Noi siamo di fronte alla difesa di un sistema feudale, dello schiavismo accademico, di un Medioevo universitario che non ha più senso nel mondo di oggi e che rende il nostro sistema non più competitivo ma meno competitivo. Come si fa a sostenere che siano i diritti e non la mancanza di risorse a penalizzare la ricerca? Il problema è tutto lì. Abbiamo assistito in questi mesi a un dibattito assolutamente sbagliato e fuorviante. Il tema è che noi abbiamo bisogno di una ricerca sana - che quindi non può essere precaria - e abbiamo bisogno di superare un modello sbagliato. E questo si fa solo mantenendo gli impegni, cioè, mettendoci le risorse.
Sono in tanti a dirlo, non solo i ricercatori. Dopo l'uscita della Conferenza dei rettori, un appello fatto da alcuni esponenti del mondo accademico ha raccolto in poche ore migliaia di firme di docenti dell'università, che dicono che questo modello non funziona più, non regge più e che non si può fare ricerca sulla pelle dei ricercatori, non si può tenere in piedi l'università sullo sfruttamento dei ricercatori Vedete, oggi, l'unica cosa buona di questo provvedimento è che cade il velo dell'ipocrisia di questo Governo. È chiaro che per questo Governo il tema della stabilizzazione, anzi, neanche della stabilizzazione, del riconoscere almeno un po' di diritti e tutele ai lavoratori e alle lavoratrici, in questo caso ai ricercatori precari, non è una priorità. Ne avevamo qualche sospetto visto l'atteggiamento su questi temi più in generale, dal salario minimo all'atteggiamento sui referendum.
Ma il tema è che non è vero che non ci sono le risorse. Le risorse ci sarebbero. Semplicemente questo Governo sceglie di metterle altrove. Non sceglie di metterle sul lavoro ma le mette magari sui centri in Albania, magari sul ponte sullo Stretto, su tante altre cose che non servono assolutamente a nulla e che pagano i lavoratori e le lavoratrici di questo Paese. E tutto questo perché voi sareste una destra sociale, attenta a chi sta peggio. Ecco, vedete, noi per questo ovviamente non voteremo la fiducia e non voteremo questo provvedimento, perché per noi questa battaglia va persino al di là della difesa dei ricercatori. Racconta un'idea di Paese alternativa al vostro, a quello che avete in mente voi, in cui, attraverso la cultura, il sapere e la ricerca, si innova e si rafforza un Paese e si costruisce anche un pezzo della sua identità, di cui spesso voi parlate tanto.
Su questi lavoratori non si taglia ma si investe, perché questi lavoratori e queste lavoratrici sono un pezzo del futuro del nostro Paese. E ci si investe e li si libera dai condizionamenti attraverso i diritti e le tutele, perché devono essere liberi: liberi da me, liberi da noi, liberi da voi, liberi dai rettori, liberi da un sistema accademico, perché la ricerca funziona se è libera. Per questo, noi non smetteremo di contrastare queste politiche e saremo sempre a fianco di quelle lavoratrici e di quei lavoratori.