A.C. 2727-A
Grazie Presidente, signor Vice Ministro, all'atto di nascita di questo Governo, come gruppo del Partito Democratico avevamo assunto un impegno: riscrivere i due decreti in materia di sicurezza voluti dall'ex Ministro dell'Interno. Non si trattava di una rivalsa; per noi era innanzitutto la coerenza con la nostra concezione di dignità umana. Arrivo tra un istante al merito ma, prima, credo sia giusto dare a questo confronto il respiro e il contesto che ritengo debba avere e a cui si riferiva poc'anzi l'onorevole Vittoria Baldino. Non mi nascondo la realtà: questa è una materia difficile che, come poche altre, divide quest'Aula. Per noi è legata a un'idea di dignità e a come la democrazia, nella sua concretezza e nel divenire delle cose, debba farsene carico. Tutto ciò pone al legislatore una ricerca costante di un punto di equilibrio destinato a regolare una gerarchia delle libertà e dei diritti e così dei doveri. D'altra parte, non è un caso che proprio su questo piano si scatenino differenze sino dentro al cuore delle istituzioni e della rappresentanza e che una mediazione alta sia sovente complicata se non addirittura impossibile.
Parlo di altre materie: ad esempio del diritto a una libertà di scelta sulla propria esistenza da condurre e concludere sempre in una condizione di dignità; o del diritto a vivere nel rispetto degli altri la propria identità di genere, il proprio orientamento sessuale; ma penso anche al diritto di ciascuno a una giustizia fondata sulla garanzia o a quello imprevisto, che ci è piombato addosso, della salute, da non contrabbandare mai con il ricatto di interesse e di un reddito. D'altronde, la nostra stessa Europa, in questi giorni, trova un terreno di scontro sul rispetto irrinunciabile dello stato di diritto come giusto vincolo per l'erogazione del Recovery Fund. Ecco, lo stesso tema della sicurezza coinvolge quell'equilibrio, nel senso di dover fissare il limite, dove fissare i confini di un Paese a difesa di un ordine condiviso. Vi è chi, come accaduto sino a ieri sull'altra sponda dell'Atlantico, quel confine vuole stabilire sotto forma di un chilometrico muro col Messico e chi, come farà la nuova amministrazione, colloca quel limite nella sfera responsabile della democrazia e della convivenza che sola essa è in grado di generare. Dunque è nella storia che abbiamo alle spalle, almeno dall'irrompere della modernità figlia dell'Illuminismo, che i campi politici si sono sempre misurati sull'interpretazione e sulle regole del delicato equilibrio tra diritti.
Mi scuso se, in apertura, ho rubato un minuto ma era per dire che oggi noi di questo ci stiamo occupando. In questo senso la nostra scelta tiene certamente conto delle osservazioni del Capo dello Stato e delle osservazioni della Corte Costituzionale ma nasce da una profonda convinzione di principio e di merito. E quindi, non per caso, come gruppo del Partito Democratico, assieme a voci diverse e autorevoli della maggioranza, abbiamo depositato anche emendamenti migliorativi rispetto al testo del Governo. Ma lasciatemi dire che, al di là delle diversità profonde che si sono manifestate nelle lunghe, lunghissime ore del lavoro della Commissione, abbiamo esaminato e votato - lo diceva la relatrice - quasi mille emendamenti, sempre nello spirito di ascoltarsi. Su questo desidero ringraziare il Vice Ministro Matteo Mauri, i relatori, il collega Miceli per lo stile e la conduzione di un confronto serio che, voglio sperare, comunque abbia potuto essere di arricchimento per ognuno di noi; e ringraziare, a nome del mio gruppo, anche gli Uffici e i funzionari che hanno voluto seguire i nostri lavori. Vedete, colleghe e colleghi, non penso che la distinzione dentro quest'Aula passi tra il bene, confinato da un lato, e il male, schiacciato sull'altro. No! Io porto rispetto, a differenza di molte colleghe e colleghi! Ma con la stessa sincerità rivendico l'obbligo, l'obbligo della politica, e in questo caso della politica del mio campo, di offrire una gerarchia, un ordine nella sfera dei diritti. E allora per me, per noi, per questa nostra parte, in cima a quella scala troverete il diritto primario e il più irriducibile: il diritto alla vita, il rispetto sacro dei diritti umani in ogni scenario, momento e contesto, come scritto da personalità, anche recentemente, del Comitato per il diritto al soccorso in mare. Spataro, Zagrebelsky, Paola Gaeta, Ferrajoli, Manconi: in tanti hanno rammentato come quel grido antico “un uomo in mare” - io potrei dire “una donna in mare” - abbia attraversato gli oceani e i secoli ma trovando sempre qualcuno pronto ad ascoltarlo! Se oggi lo ricordo a me stessa è perché una legge, ogni legge porta sempre dentro di sé, oltre alla concretezza delle regole, un messaggio di respiro culturale e simbolico.
Ma è appunto quella la ragione che impedisce a chicchessia di rovesciare un valore esattamente nel suo opposto, la traduzione che non è lecito trasformare le ONG impegnate nella salvezza di donne, uomini, bambini che stanno annegando nei colpevoli di quelle tragedie, perché in quel modo si capovolge il senso stesso del diritto e delle sue regole. Da qui uno dei nostri emendamenti teso a ristabilire un ordine, un ordine di dignità: le ONG che rispettino le norme di diritto internazionale non possono essere perseguibili penalmente.
Con il nuovo testo si pone rimedio allo strappo consumato sul fronte dell'accoglienza. Nei fatti lo si fa ripristinando un permesso di soggiorno denominato “di protezione speciale”: potrà essere concesso per seri motivi di carattere umanitario o nel rispetto di obblighi internazionali dello Stato italiano; si tratta di permessi convertibili in un permesso per motivi di lavoro.
Ancora: il decreto rafforza il principio di non respingimento o rimpatrio verso uno Stato dove i diritti umani vengano violati in forma sistemica e dove le condizioni ambientali, lo voglio ribadire, le condizioni ambientali e climatiche non consentano una sussistenza. Lo stesso divieto estende i casi di protezione speciale ai soggetti più vulnerabili, con un'attenzione allargata all'appartenenza di genere e di orientamento sessuale.
Viene rafforzato il divieto di espulsione, ridotto il tempo per l'ottenimento della cittadinanza e tolto il tetto attuale al “decreto flussi”. Si inserisce l'obbligo per i prefetti di sentire i sindaci prima di aprire nuovi centri di accoglienza e - punto che io sottolineo come un traguardo di civiltà - si prosegue nell'azione di tutela e integrazione dei minori stranieri non accompagnati, con una legge - lo voglio dire alle colleghe e ai colleghi delle opposizioni - che è diventata un riferimento per l'intera Europa, e tante altre cose, dal nostro punto di vista, buone.
Allora, signor Presidente, io so che la cornice è incompiuta: resta aperta la battaglia in Europa per una piena revisione degli Accordi di Dublino. Altri passi vanno compiuti: penso allo ius culturae, norma che riguarda migliaia di bambini nati in Italia e in attesa di una cittadinanza meritata; penso al superamento della “legge Bossi-Fini” e del reato di clandestinità, all'allargamento immediato dei corridoi umanitari, come chiesto da più parti e, ancora, alla regolarizzazione delle badanti e dei giovani braccianti sfruttati nelle nostre campagne e di quei lavoratori che ci richiedono gli stessi imprenditori, al nord come al sud.
Vedete, ho accennato a questi obiettivi, perché la strategia perseguita con i precedenti decreti delle destre e i muri hanno prodotto nelle cose un nuovo, enorme esercito di irregolarità, di irregolari e di fantasmi e, credetemi, nel dirlo, non vi è da parte nostra alcuna indulgenza verso qualsiasi forma di illegalità. Del resto, chi siede in questi banchi non accetta lezioni di storia da alcuno su come si contrasta l'illegalità e su come si contrasta il terrorismo. Per ciascuno di noi la lotta contro scafisti, trafficanti, mercati di esseri umani è un imperativo morale, prima ancora che politico. Di una cosa, però, siamo convinti: che quella lotta sarà più efficace, se all'azione repressiva, noi sapremo accompagnare un'alleanza con le donne e uomini in fuga da disperazioni e alla ricerca di una speranza, come decenni fa fecero milioni - milioni - di nostri connazionali in tutto il mondo. Fatemi solo aggiungere, per finire, che questa alleanza è importante anche per prevenire l'ingresso in Italia e in Europa di criminali e terroristi.
Nessuno di noi ha rimosso il transito da Lampedusa del giovane killer autore dell'ultimo attentato di Nizza o di altri violenti, ma è anche allo scopo di isolare e individuare profili eversivi e criminali che bisogna spezzare la catena delle collusioni e dei mercanti di corpi. Questo lo si fa solo con la legalità e, poi, con processi di integrazione, nel rispetto delle regole costituzionali del nostro Paese. Per questo, tramite lei, Presidente, mi rivolgo ai banchi delle opposizioni: in Commissione, per ore e ore, ci avete accusato di non tenere conto degli interessi degli italiani, preferendo elargire privilegi - li avete chiamati “privilegi” - a chi arriva qui senza una cultura e valori che sarebbero, a priori, secondo voi, del tutto incompatibili con i nostri. Avete accusato, a prescindere da ogni selezione, cooperative, associazioni, laiche e cattoliche, di sfruttare un'emergenza umanitaria allo scopo di alimentare quella che alcuni di voi, in Commissione, a più riprese, hanno definito una mangiatoia; così hanno definito il lavoro di associazioni e cooperative, laiche e cattoliche, del nostro Paese.
No, colleghe e colleghi, la realtà è diversa e sarebbe importante, qui dentro e fuori di qui, se avessimo la capacità, ascoltandoci, di cogliere le ragioni che vivono nelle parole dell'altro, dell'altra. Vedete, chi vi parla è una donna, una donna che, come tante in quest'Aula, ha dedicato la sua passione politica a difesa della libertà di ogni donna e del rispetto di ogni donna. E, allora, potete pensare che io, come ogni donna, non veda quali violenze si consumano contro le donne nei campi di detenzione libici? Che quelli o altri possano essere considerati Paesi, come la Libia, forse, porti sicuri? Ritenete che non siamo coscienti noi dello sfruttamento della prostituzione che avviene anche in Italia o di quale trauma sia la mutilazione genitale femminile? Tutto questo non solo lo sappiamo, ma è motivo quotidiano di una lotta, di un impegno per affermare i diritti umani globali, come la frontiera dove attestare la nostra identità, ma non di una parte, l'identità di un Paese che guarda in avanti, l'identità della civiltà. Diritti indivisibili, perché ci si può occupare di lavoro, di pensioni, di scuola senza rimuovere la dignità di altre e di altri, senza contrapporre bisogno a bisogno, povertà a povertà, ma cercando di unire, di cooperare, anche guardando ai mutamenti geopolitici e costruendo un piano per l'Africa. Semplicemente c'è chi, come noi, accetta la fatica di governare per davvero l'epopea della migrazione; c'è chi ha una visione del mondo dove l'affermazione dei diritti è la condizione per ottenere il rispetto dei doveri, dei principi dell'Europa del dialogo, dell'Europa delle regole. Anni fa, a me lo aveva insegnato il cardinale Martini, che diceva: non ci sarà mai una casa dei doveri dove non alberghi prima una casa dei diritti; c'è chi si rassegna ad altro, a una predicazione illusoria di nemici e di paure. Lo ricordo, perché ho letto oggi, su un importante quotidiano, le parole del capo della Lega, che preannuncia la volontà di affossare questo provvedimento. Io credo di poterlo dire a nome del mio gruppo, a nome della maggioranza, a nome del Governo: non ci riuscirà ad affossare questo decreto, non ci riuscirà (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia Viva). Ma chiedo come questa dichiarazione dell'ex Ministro dell'interno, questa dichiarazione, scusate, fra virgolette, di guerra, possa conciliarsi con i valori liberali evocati da altre e altri nelle file del centrodestra. Non è questo un quesito che riguarda noi della maggioranza, è un quesito che riguarda questa Aula, con le sue differenze, nel suo insieme.
Signor Presidente, signor Vice Ministro, scusate, signor sottosegretario, sto concludendo. Stiamo tutti qui vivendo settimane e mesi di angoscia e di dolore. Abbiamo scoperto che una pandemia è questo, quello che leggevamo sugli altri Paesi lo scopriamo noi.
La pandemia è questo: una prova difficile, che impone a tutti, Governi, istituzioni, l'intera nostra comunità, di ritrovare le ragioni profonde della vicinanza e della solidarietà. Voglio credere - e lo dico pensando anche, in questo momento, alla mia città, Milano, e alla mia regione, così segnate - che possa essere la scelta di un altro modo di vivere la responsabilità, la nostra responsabilità. Spesso sentiamo ripetere che nulla tornerà uguale a prima, io lo vorrei, perché in quel prima, purtroppo, vi sono anche le ragioni che hanno reso il pianeta fragile, con le sue diseguaglianze; ma in quel pianeta più fragile, con le sue diseguaglianze, hanno reso più fragile ognuna e ognuno di noi. Però, vedete, quella responsabilità deve anche farci riconoscere il volto di una giovane donna, che pochi giorni fa ha visto la sua creatura ingoiata dal mare: si chiamava Josef, aveva sei mesi, veniva dalla Guinea; a sei mesi non sei colpevole di nulla, se non della miseria. Noi dobbiamo sempre domandarci, ovunque siamo seduti, chi quella miseria ha permesso e non ha saputo rimuovere. Ecco, è anche per tutto questo che vogliamo approvare questo decreto, che per noi non è un atto formale, è qualcosa di più, perché sappiamo che governare i grandi mutamenti è complicatissimo, è un impegno, è semplicemente - e a me non sembra poco - una speranza per il dopo: la possibilità, e io vorrei chiamarla diritto, di credere che un principio di umanità e di giustizia possano e potranno attraversare il mondo nuovo delle ragazze e dei ragazzi di oggi.