A.C. 2088-A
Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, onorevole colleghe, è l'ottavo decreto a tema immigrazione che questo Governo emana in due anni. Abbiamo avuto 17 diversi interventi normativi sul tema dell'immigrazione, e oggi siamo all'ultimo capitolo di questa frenetica storia di produzione normativa, un record senza precedenti, e io credo, appunto, che non sia un caso che l'ultimo capitolo stia venendo scritto in fretta e furia proprio in queste settimane in cui assistiamo, un pezzo alla volta, al clamoroso fallimento della cinica operazione Albania.
Se questo decreto flussi, infatti, inizialmente doveva limitarsi - come ormai è abitudine - alla sola riforma della logora programmazione dei flussi di ingresso al lavoro, ormai è chiaro che è diventato molto altro; è diventato molto altro con un ulteriore atto estremo della prassi triste di svilimento del Parlamento a cui ci avete abituati, per cui un intero decreto (il decreto Paesi sicuri) è confluito all'interno di questo decreto, per cui anche tante norme sono state inserite all'ultimo con degli emendamenti e dei subemendamenti da parte del Governo e da parte della relatrice, che hanno profondamente cambiato l'omogeneità e il senso complessivo del provvedimento e che, ovviamente, hanno bypassato - come veniva correttamente detto prima - il doveroso controllo del Presidente della Repubblica e, talvolta, anche il passaggio in audizione.
Voglio inizialmente limitarmi, anche con spirito costruttivo, al tema effettivo di questo decreto, gli ingressi per lavoro: incalzato dalla realtà economica di un Paese con crescente carenza di manodopera, qualificata e non, il Governo interviene con alcuni piccoli miglioramenti, che non toccano però purtroppo un quadro generale, che resta gravemente inadeguato. Ci sono alcune occasioni limitate in cui, in questo decreto, la forza della realtà sfonda quello che finora avevamo conosciuto come un muro di ideologica chiusura: viene annunciata, ad esempio, la volontà - è stata ribadita anche dalla Sottosegretaria - di superare il famigerato sistema dei click day, con cui i datori di lavoro possono presentare le richieste di nulla osta al lavoro. Certo, è un primo passo debole verso superamento del click day e già con la vecchia normativa flussi era possibile aprire più di una finestra temporale, il che è sicuramente positivo. Anche questa novità della precompilazione è limitata, con scadenza il 30 novembre, e già al momento vediamo che le richieste di precompilazione sono poche, probabilmente anche perché sono normate da regole non chiare e demagogiche. Su questo mi sento di dirvi continuiamo, colleghi, continuiamo perché andare verso il superamento dei click day e una continuità nella possibilità di presentazione delle domande nel corso dell'anno, senza irrazionali cesure temporali, è sicuramente la direzione in cui andare.
Poi c'è l'ingresso, nel 2025, al di fuori delle quote, di 10.000 persone da impiegare nel settore di assistenza familiare o sociosanitaria a favore di disabili o degli anziani. Anche qui, un'altra volta, è la realtà di un Paese con una demografia che cambia e che aumenta molto le sue necessità e i suoi bisogni di cura che sbatte contro quella che, fino a qualche anno fa, era la retorica irremovibile dei porti chiusi, del blocco navale e di tutte le amenità con cui avete vinto le elezioni, cose che non possono in alcun modo coincidere con la realtà della complessità dei fenomeni migratori e della loro gestione e di questo fa piacere che si cominci, almeno in parte con misure provvisorie, estemporanee e comunque limitate, a prendere atto.
La terza novità su cui cerco di essere costruttiva è l'introduzione di una nuova tipologia di permesso di soggiorno per gli stranieri vittime di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, da rilasciare alle vittime. C'è un limite grande: questo permesso potrà essere fruito solo da colui che contribuisca utilmente all'emersione dei fatti e all'individuazione dei responsabili; è un'impostazione che, a mio parere, è assai discutibile, in quanto molti lavoratori sfruttati, pur collaborando alle indagini, potrebbero non apportare contributi significativi e restare irragionevolmente esclusi e perché comunque una persona che sta in una situazione grave di sfruttamento difficilmente, talvolta, ha i mezzi per contribuire a denunciarla e farla emergere, altrimenti non si troverebbe in una situazione di ricatto. Questi modestissimi passi nella giusta direzione non intaccano, purtroppo, il punto di fondo che, nel tempo, ha portato a una profonda discrepanza tra il sistema legale di ingresso e quello reale. C'è un elefante nella stanza ed è l'assenza di un meccanismo che consenta l'effettivo incontro in Italia tra domanda e offerta di lavoro da parte dei cittadini stranieri. Nessun datore di lavoro italiano o straniero, che non sia parente del futuro lavoratore o che non ne abbia una diretta conoscenza, può ragionevolmente vincolarsi a una persona che non ha mai conosciuto e che non ha mai potuto mettere alla prova. Lo sappiamo tutti, la gran parte dei lavoratori stranieri che vengono assunti tramite il decreto Flussi si trova già in Italia e non nei Paesi di origine: lavorano in nero, in condizioni più o meno gravi di sfruttamento, con lo stesso datore di lavoro che fingerà di chiamarli dall'estero oppure con altri datori di lavoro. Questo realizza certamente un'emersione del lavoro nero, ma difficilmente possiamo dire che corrisponda a gestire correttamente i flussi migratori, come il nome del decreto, ogni anno, sembra voler suggerire. Questa irrazionalità dell'attuale meccanismo di disciplina degli ingressi degli stranieri extra UE per motivi di lavoro è la prima ragione che produce ciò che il Governo vorrebbe contrastare con queste nuove norme, cioè il fenomeno della compravendita di un finto contratto di lavoro da parte di uno straniero che, in mancanza di strade legali accessibili, con questa strategia cerca di venire in Italia, evitando le pericolosissime rotte della morte. Dispiace dirlo, ma le misure messe in atto anche questa volta sono dei palliativi e non spengono questa fucina di irregolarità.
Non penso che sia utile aggrapparci in continuazione, anno dopo anno - sono, ormai, quasi due anni e mezzo di Governo -, al fatto di dire “voi cosa avete fatto prima, chi governava”: dobbiamo porci il problema così come è al momento attuale. Dovremmo cambiare paradigma e prevedere, ad esempio, soluzioni diverse. Immagino che una potrebbe essere la possibilità di ingresso nel nostro Paese per ricerca di lavoro, magari. Questo, a differenza delle misure di cui discutiamo oggi, creerebbe attivamente regolarità. Creare regolarità vuol dire creare sicurezza, e questo è sicuramente un interesse che appartiene ad entrambe le parti che, dialetticamente, si scontrano in quest'Aula.
Dunque, se siamo d'accordo almeno su questo, colleghi, dovreste riconoscere che in questo decreto Flussi, ad un passo avanti fatto, se ne sommano tre o quattro fatti indietro. Ben frullate nel testo, come dicevo prima, ci sono, come siamo abituati a veder fare, le numerose modifiche inserite all'ultimo dalla maggioranza in Commissione. Tutte modifiche volte, in un modo o nell'altro, a mettere toppe sui buchi normativi creati dalla propaganda di Governo con l'operazione Albania oppure a comprimere sempre di più l'esercizio del diritto d'asilo, compromettendo per tante e tanti la possibilità di regolarizzarsi e, dunque, di creare, per noi e per loro, sempre maggiore sicurezza.
Una modifica su tutte, forse la più becera, sicuramente la più triste, si trovava in un emendamento della Lega, uno degli ultimi votati in Commissione tra gli accantonati, forse a testimonianza del fatto che anche alcune e alcuni di questa maggioranza sentivano un certo disagio nel votare questa norma. Si cambia in senso restrittivo il ricongiungimento familiare. Per i titolari di permessi di soggiorno non rilasciati in seguito al riconoscimento della protezione internazionale si introduce un requisito di 2 anni di soggiorno legale interrotto per ricongiungersi con i coniugi, con i figli maggiorenni oppure con i genitori a carico; anche i requisiti abitativi diventano più rigidi, includendo verifiche specifiche sulla condizione degli alloggi. Insomma, ostacoli burocratici che rischiano attivamente di frantumare le famiglie, sommando difficoltà su difficoltà, laddove, invece, si dovrebbe, probabilmente, aiutare per regolarizzare e per stabilizzare.
Il principio di unità familiare è riconosciuto a livello internazionale e nazionale e dovrebbe essere proprio questa maggioranza a farsene carico e a tenere più di ogni altra cosa alla famiglia, difendendola ad ogni costo. Spiace, invece, vedere e constatare come questo principio si applichi in maniera selettiva solo a una categoria di persone, mentre per qualche altra categoria di persone vada, invece, ostacolato. In Commissione, nonostante si respirasse un'aria di pesantezza, per cui era evidente che almeno un pezzo della maggioranza era profondamente a disagio nel votare questa cosa, purtroppo non è volata una mosca.
Evidentemnte si è preferito bypassare sopra il principio di unità familiare in nome dell'unità della maggioranza. Spero che ne sia valsa la pena. Voglio che sia chiaro e che risuoni anche in quest'Aula che creare delle barriere, che siano fisiche o burocratiche, non previene la volontà e il bisogno delle persone di migrare, o per sopravvivere, o per ricongiungersi ai propri familiari. L'andare verso la propria famiglia è una delle forze che traina le persone attraverso il mare, attraverso le difficoltà, attraverso viaggi estenuanti. Non sarà il vostro ostacolo burocratico a limitare questo fenomeno. Il vostro ostacolo burocratico, così come qualsiasi barriera, non farà altro che rendere questi viaggi più pericolosi. E voglio che sia chiaro che, nel momento in cui voi intervenite sui ricongiungimenti familiari, andate ad aumentare questo pericolo per le donne, i bambini e gli anziani che dovrebbero viaggiare per ricongiungersi al padre, che, potenzialmente, lavora in Italia. Queste sono le persone che esponete al pericolo, rendendo più complessi i ricongiungimenti familiari. Lo sa Forza Italia, lo sanno tutte le forze di maggioranza e mi sorprende veramente che nessun parlamentare di destra, nella libertà della sua coscienza, sia riuscito a votare contro questa cosa, che era una marchetta concessa alla Lega in Commissione.
Sempre in tema di asilo, ci sono altre norme che sono preoccupanti, perché si continuano ad aumentare i casi in cui si può ricorrere a procedure accelerate. Si stabilisce che chi presenta domanda di protezione ad oltre 90 giorni dal suo ingresso, senza giustificato motivo, sarà sottoposto a un esame accelerato della domanda e, quindi, con una tendenziale esclusione dal sistema di accoglienza. Questo meccanismo, che si applicherà anche in caso di domande reiterate, rischia di negare protezione a persone che, per ragioni spesso non dipendenti dalla loro volontà, non riescono a rispettare queste tempistiche. Ancora ostacoli e ancora precarietà, che si vanno ad aggiungere a situazioni già difficili. Significa creare attivamente irregolarità. Ma non era il contrario del vostro obiettivo, colleghe e colleghi?
Ma forse la cosa più assurda di tutte, la più priva di senso almeno, lo dico per me che vengo dal Veneto, è il voler riformare il sistema di accoglienza, riservandolo prioritariamente ai migranti soccorsi in mare. Quindi vengono esclusi tutti coloro che, magari, attraversano rotte altrettanto pericolose via terra, oppure quelli che giungono in Italia attraverso mezzi di fortuna. Una misura discriminatoria, che ignora deliberatamente la molteplicità delle storie di migrazione, le sofferenze delle persone migranti, e che riduce l'accoglienza a un privilegio per pochi: una prova deliberata e manifesta dell'abissale ignoranza di questa maggioranza sul che cosa voglia dire per una persona migrare e di come avvengano le migrazioni. Mi chiedo, sinceramente, se le regioni del nord-est, amministrate dal centrodestra, che si trovano alle porte della rotta balcanica, siano d'accordo con questo provvedimento. Mi chiedo se lo siano i comuni, alle cui porte queste persone - che intraprenderanno il viaggio a prescindere da quello che voi fate – busseranno, e che si troveranno in gravissima difficoltà, visti anche tutti i tagli alle risorse sull'accoglienza gestita dai comuni fatti con questa legge di bilancio, ma anche con i provvedimenti scorsi. State gettando potenzialmente nel caos le città di tutto il nord-est e non si capisce in quale modo questa cosa dovrebbe provocare sicurezza o corrispondere alla gestione di un fenomeno.
Quindi, con una mano si limita l'accoglienza a chi viene salvato in mare e con l'altra si continua - perché ormai sembra essere uno sport nazionale - con la criminalizzazione della solidarietà. Le norme proposte confermano quello che è un vero e proprio fastidio, neanche più celato, del Governo per chi soccorre e anche sorveglia il mar Mediterraneo. C'è l'ennesimo inasprimento delle sanzioni amministrative e dei fermi per le imbarcazioni ONG, c'è la stretta sul soccorso aereo, l'estensione della responsabilità solidale anche agli armatori e ai proprietari, ma c'è anche la secretazione delle informazioni relative all'equipaggiamento fornito a Stati terzi per il controllo delle frontiere e dei flussi migratori. Si punta a classificare e a rendere inaccessibili alla società civile e ai cittadini le informazioni e i contratti relativi alla fornitura dei mezzi per il controllo delle frontiere in Paesi come la Tunisia e la Libia, dove le autorità responsabili del pattugliamento purtroppo - e lo sappiamo dalla cronaca - sono state riconosciute responsabili di gravissime violenze, torture e abusi.
Sono anni che la società civile denuncia gravi illeciti su questo fronte, in cui purtroppo alcune responsabilità sono anche dell'Unione europea e sono anche dell'Italia, e l'accesso alle informazioni, che già era fortemente limitato, è stato fondamentale per ricostruire le corrette catene di responsabilità. È un diritto dei cittadini italiani avere accesso trasparente a queste informazioni. Altrimenti come può l'opinione pubblica, come può il Parlamento esercitare il dovuto controllo su operazioni così delicate?
Secretare questo tipo di informazioni non è solo grave, ma equivale, a mio modesto parere, a costruire un sistema di impunità in un Mediterraneo che continua a essere teatro di morte, senza che questa diventi la preoccupazione primaria di nessuno, purtroppo, all'interno di questo Governo.
Altre cose all'interno di questo decreto: si amplia la composizione delle commissioni territoriali e della commissione nazionale, con funzionari amministrativi di dubbia preparazione specifica…
Presidente, sì, se può richiamare, io mi fermo, tanto non ho fretta.
Dicevo, si amplia la composizione delle commissioni territoriali e della commissione nazionale, con funzionari amministrativi di cui è legittimo dubitare la preparazione specifica. Il diritto dell'immigrazione è una materia difficile, colleghi. Anche qui si è arrivato a sostenere, su più fronti, che è un qualcosa su cui ci si può preparare tranquillamente da un giorno all'altro.
Quindi, tanto sulle commissioni quanto sulle corti d'appello mi sembra che qua manchi un po' di senso di realtà sulla complessità e la necessità di specificità di preparazione di chi si occupa di queste materie.
Questo cambiamento della composizione delle commissioni territoriali potrebbe, credo, compromettere la qualità delle decisioni in materia di riconoscimento della protezione internazionale e aumentare il rischio di errori e violazioni dei diritti umani. Una gestione superficiale di questi provvedimenti rischia, in ultima battuta, di ledere il diritto fondamentale alla protezione.
Da non sottovalutare anche l'introduzione di una disciplina per l'ispezione dei dispositivi elettronici dei migranti a fini identificativi. Sebbene, per carità, si escluda la corrispondenza, il rischio di violazione della privacy è evidente. Questa misura potrebbe configurarsi come una compressione sproporzionata dei diritti fondamentali, in un contesto in cui le garanzie di trasparenza e tutela dei dati personali non sono purtroppo sempre assicurate.
Infine - è eclatante in questo senso -, il trasferimento della competenza per la convalida dei trattenimenti dei richiedenti asilo dalle sezioni specializzate dei tribunali alle corti d'appello. I rischi di ingolfamento e di stravolgimento del sistema di garanzie ci sono tutti e sono stati denunciati, a gran voce, da più attori, compresi 26 presidenti proprio delle corti d'appello. Le sezioni specializzate, non a caso, erano state istituite proprio per creare una competenza specifica in materia di immigrazione e protezione internazionale e le corti d'appello, già sovraccariche, si troverebbero a gestire procedimenti urgenti senza avere la necessaria specializzazione. Si rischiano complessità procedurali che rischiano di allungare i tempi di decisione e di limitare l'eccessivo accesso alla giustizia.
Noi in Commissione l'abbiamo chiesto ripetutamente ai colleghi di maggioranza. Perché questa cosa? Esiste un motivo reale, dato dai fatti, che non sia frutto di arbitrio? Perché spostare competenze da giudici specializzati a corti generaliste? Perché rischiare di rallentare ulteriormente un sistema già in affanno? L'unica risposta che abbiamo avuto è stato un desolante silenzio, che ha caratterizzato tutto l'esame in Commissione del provvedimento da parte della maggioranza.
Allora, io penso che vada chiarito forte e chiaro, qui in Aula, che questa misura, che è arrivata puntualissima dopo il secondo flop Albania, sembra proprio rispondere più a logiche di controllo che a reali esigenze di efficienza giudiziaria e appare a tutti gli effetti un tentativo di aggirare le garanzie giurisdizionali per salvare un'operazione di propaganda indegna e costosissima, per cui il Governo forse dovrebbe solo limitarsi a chiedere scusa agli italiani che hanno pagato e a quelle venti persone che hanno subito un inutile deportazione in Albania per poi venire puntualmente trasferite in Italia. C'è solo un modo, io credo, per aggirare - nel modo in cui attivamente tuttora tentate di fare - le sentenze europee e il diritto internazionale: questo modo è uscire dall'Unione europea.
Se siete pronti ad affrontare la conseguenza immediata della vostra propaganda politica, allora possiamo parlare di quello: almeno lo faremo con l'onestà e la trasparenza che dobbiamo agli elettori e ai cittadini italiani. Se invece pensate di poter piegare il diritto internazionale ed europeo ai vostri comodi politici, ci troverete sempre dall'altra parte e per me sarà sempre una medaglia ricevere attacchi perché ho difeso il diritto comunitario e i diritti umani nel pieno rispetto della legge internazionale. Insomma, l'avete chiamata “lotta alla clandestinità”, l'avete chiamata “difesa dei confini”: era uno spreco di un miliardo di euro per portare una ventina di disgraziati in Albania. Avete detto che sarebbe stato un modello di gestione dell'immigrazione dei flussi: evidentemente non lo è. Ostinarsi in questo senso è mentire al popolo italiano e io spero che ci sia consapevolezza di questo. Ma se vogliamo - e penso che dobbiamo sforzarci di farlo, anche con opinioni così diverse - parlare davvero della gestione reale dei flussi e se vogliamo ragionare sulla legittima esigenza di sicurezza dei cittadini italiani e sul loro sacrosanto diritto di vedere i loro contributi investiti bene, allora, colleghi, noi ci siamo.
Studiamo insieme un meccanismo che sia sempre accessibile di emersione su base individuale, a fronte della disponibilità di assunzione da parte di un datore di lavoro o di un effettivo radicamento nel territorio delle persone straniere, senza dover ricorrere ogni anno a misure straordinarie. Studiamo un meccanismo che funzioni e che consenta il rispetto dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici di origine straniera e delle esigenze del mondo produttivo, nonché delle famiglie.
Superiamo la normativa odierna che non è solo irrazionale ma è anche intrinsecamente criminogena, in quanto strutturalmente basata su artifizi, su illegalità e su finzioni alle quale chiunque voglia entrare in Italia per lavoro non può sottrarsi, perché su questa base strutturale di illegalità ogni degenerazione è possibile e ci sono dei casi che parlano da soli: penso, primo tra tutti, al caso di a Satnam Singh. Regolarizziamo, perché “regolarità” vuol dire “sicurezza”. Facciamoci carico della sfida dell'immigrazione e finiamola, una volta per tutte, con leggi che, votate a colpi di fiducia, scaraventano ai margini migliaia di persone che poi restano a vivere in strada, senza un modo di sopravvivere o uno scopo da perseguire.
Dietro ogni articolo e dietro ogni emendamento approvato, ci sono storie, volti e vite che meritano il nostro rispetto e con questo decreto, purtroppo, si consente solo il minimo indispensabile di ingressi regolari, ma non servirà a nulla, se parallelamente continuate a infoltire la giungla che separa una persona straniera da una sistematica possibilità di regolarizzarsi. Abbiamo visto, in questi anni, che usare l'immigrazione come terreno di propaganda può avere conseguenze drammatiche sulla vita di migliaia di persone e sulla coesione sociale nel nostro Paese.
Io credo che continuare a non comprenderlo non sia più sostenibile e spero veramente che, in questo senso, possano esserci dei ravvedimenti.