Discussione generale
Data: 
Lunedì, 16 Gennaio, 2023
Nome: 
Simona Bonafè

A.C. 698-A

Grazie, Presidente. Come ha ben illustrato la collega Bergamini, questo è un decreto molto semplice, un decreto di 2 articoli, un decreto che prevede il prolungamento delle operazioni di votazione delle consultazioni elettorali previste nel 2023 e lo estende alla giornata di lunedì, dalle ore 7 fino alle ore 15, con la nobile finalità di allargare la maggior partecipazione possibile dei cittadini alle consultazioni elettorali, per andare incontro al contrasto del fenomeno dell'astensionismo. È vero che la normativa vigente oggi prevede le votazioni in una sola giornata. Come ha già spiegato la collega, è una decisione che era stata presa nel 2014, peraltro in legge di stabilità, come forma di risparmio della spesa per le consultazioni elettorali. Riducendo ad un giorno, l'obiettivo era infatti quello di andare incontro alle richieste di risparmio di spesa. È altrettanto vero che, sia nel 2020 che nel 2021, in piena emergenza pandemica, era già stata prevista la possibilità di allungare la giornata di votazioni anche al lunedì, come succedeva in passato, e questo poi alla fine pare abbia avuto, comunque, un riflesso positivo in termini di partecipazione. Allora noi capiamo che, chiaramente, in questo caso sia necessaria la decretazione d'urgenza, anche perché abbiamo delle elezioni regionali fissate fra qualche settimana, sia in Lazio che in Lombardia, e che, secondo le leggi vigenti, sia nel Lazio che in Lombardia, sono proprio queste regioni che indicano con proprio decreto presidenziale la data delle loro elezioni, ma non indicano invece la durata dell'apertura dei seggi, che viene demandata a questo decreto, il quale la estende a tutto il 2023.

Devo dire che, se noi da una parte capiamo e condividiamo questa necessità di allungare i tempi per garantire la maggiore partecipazione, chiediamo altresì che però si faccia grande attenzione al tema delle scuole, cioè alla necessità di ripristinare e di garantire il ritorno in classe il prima possibile dei nostri ragazzi, a cui ricordo che già negli anni della pandemia abbiamo sottratto importanti ore di scuola, e quindi ore di educazione. Quindi, dicevo, bene allungare i tempi, ma è anche bene dirsi che non è solo allungando i tempi ed estendendo le operazioni di voto anche alla giornata del lunedì che noi aggrediamo l'odioso fenomeno dell'astensionismo.

Per fare questo dobbiamo guardarci nel profondo e dobbiamo anche evidentemente riflettere sugli strumenti stessi del voto. C'è un fenomeno che ancora non abbiamo avuto il coraggio di affrontare fino in fondo, che è il fenomeno, per esempio, dei fuori sede in Italia. Non stiamo parlando di un fenomeno che riguarda poche centinaia di persone; riguarda il 10 per cento della popolazione con diritto di voto nel nostro Paese. Sono i cosiddetti fuori sede. Noi sappiamo che il voto è un diritto, ma è anche un dovere. La domanda che ci dobbiamo fare è: benissimo, ma se non è possibile spostarsi per mille motivi - ora non entro nel merito dei motivi -, allora perché non prevedere oggi di votare anche dove si vive?

Perché, se è impossibile spostarsi il giorno del voto, anche se allungato a un giorno in più, è chiaro che poi si rinuncia a votare e si va ad aumentare quel numero di persone che per l'appunto non vota. E quindi è un'ulteriore crescita di questo dato dell'astensionismo, che ormai - dobbiamo anche questo dircelo con molta chiarezza - è il primo partito nel nostro Paese e devo dire, ahimè, non solo nel nostro Paese, ma in tutte le democrazie mature. Nel nostro Paese fa particolarmente male, perché il nostro è un Paese che da sempre è quello che registra i tassi di partecipazione al voto più alti o comunque dati alti rispetto al resto d'Europa. Però, tornando al fenomeno dei fuori sede, noi, per esempio, come Partito Democratico abbiamo presentato una proposta di legge nella passata legislatura, era stato anche iniziato l'iter, ma l'abbiamo ripresentata in questa legislatura, una proposta di legge a prima firma della collega Maria Anna Madia, perché noi pensiamo che vada data la possibilità di votare anche nelle città dove si ha il domicilio, o meglio, dove si vive, e non solo in quelle dove si ha la residenza.

Anche perché voglio riportare all'attenzione dei colleghi un paradosso. Se noi viviamo in una città italiana in cui non abbiamo la residenza, siamo costretti a raggiungere il nostro luogo di residenza, facendoci carico dei costi economici e di tempo per esercitare quello che dovrebbe essere un diritto; se, invece, viviamo all'estero, non abbiamo questo tipo di problema perché all'estero si può tranquillamente votare senza difficoltà nel luogo in cui siamo. Allora, siccome c'è un articolo della Costituzione, che è l'articolo 48, che stabilisce che il voto è libero ed uguale, dovremmo garantire queste condizioni di libertà e uguaglianza del voto. Anche perché, lo dicevo prima, l'obbligo di spostamento per i fuori sede che non riescono a spostarsi è fra le principali cause del cosiddetto astensionismo involontario, cioè di chi vorrebbe votare, ma si trova impossibilitato a votare.

Chiaramente questo decreto, anche se aumenta di un giorno la possibilità di recarsi alle urne, non risolve questo problema, che invece è un problema che noi dobbiamo necessariamente aggredire. C'è questo astensionismo involontario. C'è un astensionismo, poi, che è ben più problematico, che è l'astensionismo invece di chi scientemente non va più a votare, perché sfiduciato, perché insoddisfatto, ed è anche questo un fenomeno molto preoccupante, che chiaramente questo decreto non risolve, non affronta. È, in particolar modo, l'astensionismo di chi vive nel disagio economico e sociale.

Ci sono studi molto interessanti che mettono proprio in correlazione diretta lo status economico e sociale di una persona con la partecipazione al voto, ed è un fenomeno che ci deve far riflettere perché in parte sono persone che hanno trovato, magari anche in passato, delle risposte nelle forze politiche più populiste, che però sappiamo bene che promettono e poi, quando arrivano al Governo, non mantengono, in parte poi sono anche persone che non hanno trovato in nessuna proposta politica la possibilità di avere un futuro migliore, di avere una vita migliore. Noi pensiamo che a quelle persone si debba guardare. È chiaro, non è questo il decreto con il quale si deve guardare al mondo del disagio e della sofferenza, però ci sono state anche nelle settimane recenti occasioni per mettere mano alle situazioni di difficoltà dei nostri cittadini. Anche perché qui stiamo parlando di una modalità per rafforzare la democrazia, e la democrazia che vive di disuguaglianze rischia poi di implodere.

Ecco perché in legge di bilancio noi avevamo chiesto risposte concrete, vere, oggettive per chi non ce la fa ad arrivare alla fine del mese. Penso a maggiori soldi in busta paga per affrontare il caro energia e l'inflazione, ma penso anche a tutta la retorica che si è fatta sulle pensioni minime, che poi alla fine, al di là delle promesse elettorali - anche queste sono un sintomo di una democrazia che funziona male quando poi non vengono realizzate - ha visto mettere mano solo relativamente e poco alle pensioni minime. Come non ricordare, poi, la grande battaglia di equità, che noi continueremo a portare avanti, lo abbiamo fatto in legge di bilancio e lo continueremo a fare, che è quella su Opzione Donna. Dicevo che non possiamo sottovalutare questo astensionismo perché, laddove è involontario, è un tema, ma, laddove è un astensionismo generato dall'incapacità di avere davanti delle offerte che migliorino la propria vita, rischia di diventare un sintomo, e un sintomo anche molto profondo, di una democrazia malata.

Allora non posso non ricordare le parole del Presidente del Parlamento europeo, del compianto David Sassoli, di quando ancora ero al Parlamento europeo, che in tempi non sospetti diceva che noi della democrazia dobbiamo prenderci cura e la democrazia troppe volte la diamo per scontata. Sarebbe un errore da parte mia non sottolineare, invece, come, anche a partire da questo decreto, sia necessario riflettere sullo stato di salute della nostra democrazia e appunto non darla mai per scontata. È evidente che oggi la democrazia è sotto attacco: lo è dall'interno quando noi vediamo fenomeni come quello dell'astensionismo allargarsi a dismisura, ma lo è anche dall'esterno. Non sfugge a nessuno, insomma, che l'attacco della Russia all'Ucraina è un ulteriore segnale della crisi che la democrazia sta vivendo.

L'Ucraina è stata attaccata, quell'Ucraina che guarda all'Europa, che guarda ai nostri valori di libertà, che guarda ai nostri valori di democrazia. Noi capiamo che con questo decreto si voleva andare a dare un piccolo segnale. Pensiamo che di segnali ne vadano dati altri e ci auguriamo che ci sia presto l'occasione per andare ad affrontare anche quei nodi più strutturali a cui facevo riferimento, che hanno a che fare con le condizioni di uguaglianza, con le condizioni sociali dei nostri cittadini, che sarebbero un forte deterrente per ridurre l'astensionismo, e quindi per facilitare la partecipazione al voto.