A.C. 1551
Grazie, Presidente. Mi consentirà, prima di entrare nel merito del provvedimento, di spendere due parole preoccupate per lo stato di salute della nostra democrazia e del nostro povero Parlamento. La preoccupazione per quello che sta succedendo non è poca e, mi creda, non è nemmeno un fatto strumentale. Questa è probabilmente la quarantesima fiducia posta da questo Governo, in meno di un anno. Da quando siete al Governo, le Camere hanno, di fatto, smesso di funzionare, non legiferano più, perché a compiere l'importante atto del legislativo pensa il Consiglio dei ministri. Non ho portato un conto preciso, ma, più o meno, penso che, dal vostro insediamento a oggi, siamo arrivati alla conversione di quasi 50 decreti-legge, un record assoluto che, come è stato detto più volte, non ha precedenti nella storia della Repubblica, e la cosa è tanto più curiosa se ci ricordiamo le invettive che, in particolare da parte del Presidente Meloni, sono arrivate, in questi anni, ai vari Governi, accusati di un uso improprio della stessa tecnica. Evidentemente, vinte le elezioni, questo ha scardinato completamente le convinzioni sul ruolo del Parlamento e sulla importanza di un adeguato coinvolgimento dello stesso nelle decisioni che si assumono nell'interesse del Paese.
Quello che è successo al Senato la scorsa settimana e che sta succedendo in questa Camera in questi giorni, ciò che è successo stamattina rende questo decreto probabilmente il punto più basso di questo Governo, secondo solo - ma a livello proprio di costume - alla decisione di una buona parte della maggioranza di prendersi un giorno di ferie nel momento del voto del DEF, lo scorso aprile. Dopo 15 giorni di scambi di tarantelle fra Governo e maggioranza, di litigi fra Lega e Fratelli d'Italia, emendamenti presentati e poi ritirati, questo provvedimento è arrivato in Aula al Senato senza risolvere assolutamente nulla dei problemi sollevati nelle Commissioni referenti. Guardi, persino il Presidente la Russa - e questo la dice lunga - si è detto sconcertato per i modi utilizzati dal Governo, per il modo con cui il Governo ha trattato il Parlamento. Però, queste polemiche, come sempre, durano veramente il tempo della di un sospiro; si chiede scusa, si giura che non si farà mai più e si riesce a tornare a casa in tempo per il week-end. Quello che poi è successo stamattina in questa Camera, nella Commissione di cui faccio parte è persino peggio: è stata una cavalcata delle valchirie di votazioni sugli emendamenti, senza alcuna discussione e devo dire che, onestamente, il passaggio di stamattina mi è sembrato del tutto ridondante, è stato veramente fatto credo per onore di firma e forse anche per onore di remunerazione, ma credo davvero un punto molto umiliante per l'attività dei parlamentari, credo anche per quelli della maggioranza onestamente, che ormai sono ridotti a dei semplici passacarte di un Governo che evidentemente trova le Camere un mero orpello.
Questo modo di fare, però, vi garantirà una cosa: non vi serve, infatti, una riforma costituzionale per cambiare la Costituzione, né maggioranze qualificate e nemmeno un referendum. La Costituzione la state smontando pezzo per pezzo con questa prassi, calpestando ogni singola prerogativa del Parlamento, e questo è un atteggiamento inaccettabile - ripeto - non solo nei confronti dei parlamentari dell'opposizione ma soprattutto nei confronti dei colleghi della maggioranza.
Venendo ai contenuti, signor Presidente, il decreto è sostanzialmente una “lenzuolata” di buoni propositi. Molte delle promesse contenute in questo decreto erano le stesse con le quali il Governo Meloni ha fatto la campagna elettorale. Avete confermato una clamorosa retromarcia sul superbonus, su cui negli ultimi 12 mesi abbiamo visto una cascata di parole rinnegate, atteggiamenti assolutamente pilateschi che consegnano, però, come eredità sfortunatamente un disastro annunciato di natura socioeconomica quando fra qualche mese, come sappiamo tutti, colleghi, circa 30.000 cantieri si fermeranno e con essi migliaia di imprese falliranno, salteranno in aria decine di migliaia di posti di lavoro e tante famiglie, ahimè, non avranno uno stipendio su cui contare. Per non parlare, poi, dei crediti incagliati, che è un altro tema di fronte al quale avete dimostrato, senza lasciare spazio a dubbi, purtroppo, tutta la vostra inconcludenza e impreparazione.
Dall'efficientamento energetico al caro bollette la storia non cambia. Sulla stessa falsariga del decreto Energia della scorsa settimana, anche qui vi siete - devo dire - limitati al compitino, prorogando una piccola parte delle misure del Governo Draghi. Peccato, però, che per ogni euro dato ve ne siete presi indietro tre. Dal primo trimestre 2024 scompaiono 100 milioni di euro per il contrasto al caro bollette, un terzo di quanto mettete per gli ultimi tre mesi di quest'anno. Abbiamo chiesto un intervento per le tariffe di luce e gas dei cittadini svantaggiati e vi siete, come sempre, voltati dall'altra parte. Abbiamo proposto un bonus di 200 euro per aiutare le famiglie per il caro carburante e ne state mettendo meno di 80, che - lo ricordo a chi ha prima tessuto le lodi di questo provvedimento - dovranno servire per carburanti, mezzi pubblici e spese alimentari (tutto insieme, insomma).
La stessa cosa vale per gli aiuti all'agricoltura e al mondo della pesca: assolutamente nulla. Poi, c'è un'altra non decisione del Governo Meloni, un altro punto molto importante per il portafoglio dei cittadini, davanti a cui avete rinunciato a fare una scelta, cioè la fine del mercato tutelato, che ormai è imminente. Anche su questo abbiamo proposto degli emendamenti, che sono stati seccamente respinti, e anche su questo sentiamo, da parte della maggioranza e di questo Governo, indicazioni opposte a giorni alterni. La proroga - e questo spero sia chiaro a tutti - non vuol dire buttare la palla in avanti, ma consente, in questa fase storica così complessa e così difficile, di avere una transizione ordinata di un processo molto complicato e che può portare ulteriori costi per le famiglie italiane. Anche qui invece di prendere le decisioni avete preso tempo, lasciando nell'incertezza operatori e consumatori.
Sul tema della casa vi siete mossi sulla stessa linea. Persino su una tematica su cui abbiamo sentito promettere qualunque cosa da questo Governo ci troviamo con un pugno di mosche in mano. Salvo la positiva proroga delle agevolazioni per il mutuo prima casa under 36, il resto è la desertificazione delle politiche dell'abitare in favore delle fasce più povere della popolazione italiana. Eppure, anche in questo caso le nostre proposte non erano sorrette da una logica propagandistica. Abbiamo chiesto essenzialmente due cose: in primo luogo, che fosse incrementato, con risorse credibili ed esistenti, il fondo affitti. Trecento milioni di euro ci sembrano veramente il minimo sindacale per garantire un contributo reale ai tantissimi italiani che fanno sempre più fatica a dare a sé e alle proprie famiglie un tetto sopra la testa. In secondo luogo, abbiamo chiesto un aumento di 50 milioni di euro del Fondo per gli inquilini morosi incolpevoli, coperto, peraltro, con le maggiori entrate di cui lo Stato sta beneficiando per effetto della benzina e del diesel alle stelle.
Una proposta di senso compiuto che davvero tende la mano a chi da solo non ce la fa. Invece, avete preferito tenervi quelle maggiori entrate e quando si è trattato di spendere - questo, sì, lo avete fatto in maniera encomiabile - avete deciso di stanziare quasi mezzo milione di euro per rafforzare il gruppo di lavoro di una nota Ministra.
Poi c'è un'altra questione, signor Presidente, che viene toccata dal provvedimento in senso peggiorativo. Il riferimento è agli enti locali, ai comuni che sono davvero - mi sembra in maniera inspiegabile - oggetto di vessazione continua da parte di questo Governo, che sono diventati un bancomat dello Stato per finanziare magari il prossimo condono o un'altra sanatoria. Non bastavano i 200 milioni di spending review orizzontale che avete messo in manovra. Con questo decreto, infatti, continuate a ingolfare i comuni di compiti e incombenze, senza dare un euro in più per occuparsene e, anzi, scaricando sugli enti tutti gli oneri che ne derivano.
Io, però, vi chiedo: questa pervicacia dove vi porterà? È la stessa che, tanto per intenderci, ha portato il Governo a scaricare i ritardi nelle valutazioni sul PNRR proprio sui comuni. Sono mesi che l'ANCI ci avverte che la situazione di bilancio degli enti locali è disastrosa e con questo provvedimento, nonostante gli allarmi di ANCI, non siete riusciti a mettere una pezza a situazioni che stanno per diventare irreversibili. Questo è incredibile nella misura in cui credo che sia un dato scontato che sostenere i comuni vuol dire proteggere i cittadini, proteggere le comunità, difendere i presidi di prima linea, i servizi fondamentali per le persone e per le famiglie, difendere quelle comunità, quelle tantissime comunità, che sono rappresentate dai tanti sindaci, per esempio, di un importante azionista di questo Governo che è la Lega. Purtroppo, abbiamo capito che proprio non c'è sensibilità alcuna rispetto alle questioni di cui abbiamo parlato e, come al solito, ci troveremo a pagarne a breve le conseguenze.
Infine, signor Presidente, oltre al sesto rinvio, l'ennesimo sulla riorganizzazione dell'AIFA, e al totale disinteresse per le aree alluvionate, vorrei soffermarmi brevemente su una questione che riguarda il Paese - riguarda me in particolare, come pugliese, ma riguarda il Paese -, cioè la vicenda dell'ex Ilva. L'articolo 15 del decreto torna ad occuparsi per l'ennesima volta delle acciaierie di Taranto. Potrei fare un lungo elenco degli errori fatti finora da questo Governo nella gestione di Ilva e soprattutto delle responsabilità di questo Governo nell'aver affossato il più grande progetto di decarbonizzazione siderurgica d'Europa, però ce lo risparmiamo anche perché onestamente la folla di quest'Aula dimostra che questa cosa interessa davvero a pochi, quasi a nessuno, e anche perché, essendo ormai il dossier nelle mani del Ministro Fitto, ci aspettiamo, come tutti i dossier che sono finiti nelle mani del Ministro Fitto, che anche quello dell'Ilva diventi un ennesimo cantiere abbandonato. L'intervento che vi siete concessi in questo decreto è limitato ma molto esplicativo, perché si tratta solo di una proroga per consentire all'amministrazione straordinaria la vendita dei propri beni. Questo perché forse vi siete resi conto - e devo dire meglio tardi che mai - che non riuscite a rispettare i termini che vi eravate dati oppure che, a fronte degli ultimi segretissimi e sconosciuti accordi tra il Ministro Fitto e Mittal, vi serviva un po' più di tempo per non arrivare ad alcuna soluzione utile per Taranto e per le acciaierie. Nel frattempo, però, questo significa rinviare ancora una volta il pagamento dei creditori, mettere in ginocchio quel poco di indotto che è rimasto, tenere sospesa nel vuoto una fabbrica che produce al minimo del suo potenziale ma continua a inquinare, mettere 5.000 dipendenti, fra diretto e indotto, in cassa integrazione chissà ancora per quanto tempo e soprattutto significa lasciare una comunità, come quella tarantina, nell'incertezza rispetto al futuro.
Guardi, io faccio un breve riferimento a quello che diceva la collega Matera a proposito del tecnopolo per ricordare - e probabilmente il Governo non se n'è accorto - che, mentre ci si affannava a finanziare il tecnopolo di Taranto, la regione Puglia, insieme al Bambino Gesù e al CNR, il tecnopolo l'ha già fatto dal 2017, mettendo sul tecnopolo pugliese, che fa esattamente le stesse cose che fa Taranto, fino al momento circa 85 milioni di euro di bilancio autonomo della regione Puglia. Quindi, ci saremmo aspettati, così come avevamo chiesto, che ci fosse una confluenza, ma siccome bisogna distinguersi a tutti i costi, avete fatto questa mancetta per Taranto che, probabilmente, nella vostra intenzione, serviva a nascondere l'obbrobrio sull'Ilva.
Insomma, signor Presidente, a quanto pare, oggi, verrà messa l'ennesima fiducia e domani, per l'ennesima volta, questo Parlamento approverà un decreto inutile, che mortifica la buona politica sotto ogni punto di vista. Onestamente - devo dire - nemmeno nei nostri peggiori incubi potevamo immaginare a quale livello avreste portato il Parlamento quando avete iniziato a governare.