A.C. 2308-A
Signor Presidente, si fa fatica a parlare su un provvedimento così sgangherato, inadeguato e approssimativo. Nei giorni in cui il mondo guarda con emozione alla città di Roma e alla scomparsa dell'uomo che in questi anni, più di tutti, ci ha chiamato a fare i conti con il cuore della ragione per cui vale la pena vivere un'esistenza piena - la fraternità tra i popoli come antidoto all'individualismo nazionalista, claustrofobico e pericoloso; la solidarietà come argine agli spiriti animali del mercato, all'idea di un capitalismo predatorio che propugna uno sviluppo infinito in un mondo finito, che divora risorse naturali e scarica tutto sul destino dei senza voce, dei dannati della terra; la pace come scelta politica e non come resa alla logica del riarmo, che rischia di farci scivolare in una guerra mondiale a pezzi; la pietas umana contrapposta all'orrore di una retorica securitaria, che mette in manette i sogni di chi scappa da fame, conflitti, cambiamenti climatici - condividiamo la scelta del Governo del lutto nazionale.
La Repubblica deve mettersi all'altezza del dolore diffuso di milioni di credenti e non credenti. Ma lutto, signor Presidente, non può essere sospensione della dialettica democratica, congelamento del doveroso esercizio della memoria. Il richiamo alla sobrietà del Ministro Musumeci sulle celebrazioni del 25 aprile, oltre a essere un contributo significativo alla stupidità e all'ignoranza nel senso più letterale del termine, suona anche un po' ipocrita; la sobrietà richiesta da un Governo tra le cui fila militano Ministri che facevano ristrutturare la propria villa al mare alle società di cui erano amministratori delegati, che sostenevano esami di laurea in università private il sabato, la domenica e due volte al giorno, che fermavano i treni in ritardo per scendere anzitempo infischiandosene dei cittadini inferociti. Ministro Musumeci, ma di che sobrietà sta parlando?
Se guardiamo questo decreto, tenderei ad escludere che la parola sobrietà si concili con l'aumento vertiginoso degli uffici di collaborazione diretta dei Ministeri (in parole povere, gli staff): più 15 milioni in due anni e mezzo rispetto al Governo Draghi; più un milione e 200.000 euro al Ministero della Salute, dove si ammette il fallimento sull'abbattimento delle liste d'attesa ma si aumentano i collaboratori; più 2 milioni per Lollobrigida, magari per spiegarci che i poveri mangiano meglio dei ricchi; più un milione e 200.000 euro per Sangiuliano prima e Giuli poi, a testimonianza che con la cultura si mangia, soprattutto se sei amico di un Ministro; un milione e 600.000 euro per Urso e mezzo milione per Calderone (a proposito, finalmente qualcuno troverà il tempo per spiegarci che fine ha fatto l'emendamento promesso nel decreto PA a regione, sindacati e ai lavoratori della Perla sugli ammortizzatori sociali); infine 3,8 milioni per Palazzo Chigi e un regalino a Giorgetti per farsi un Consiglio superiore dell'economia e delle finanze di nomina diretta.
Insomma, la parola sobrietà si scontra con i numeri di un clientelismo di Stato che delinea un'idea della PA come luogo da occupare e non da riformare. Zangrillo parla di merito mattina, mezzogiorno e sera, ma vuole mettere nelle mani dei dirigenti la possibilità di promuovere o meno i dipendenti.
Le carriere non si costruiscono così, merito e fedeltà non sono sinonimi! Entro il 2030 un milione di persone andrà in pensione ma non esiste un piano organico e coerente di assunzioni. Non c'è una spinta sui salari, tant'è che si firma un contratto che spacca il sindacato e riconosce solo un terzo dell'inflazione perduta, programmando così la riduzione del potere d'acquisto di chi lavora. Si congela il tetto del 20 per cento sulle graduatorie degli idonei non vincitori di concorso per solo due anni, tetto che lei, signor Ministro, aveva messo un anno fa.
Vede, le contraddizioni sono enormi. Lei è lo stesso che, con il favore delle tenebre, è venuto a spiegarci che chi è idoneo in realtà è bocciato, insultando i sacrifici di migliaia di ragazze e di ragazzi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista) a cui lei dovrebbe dare una chance per rinnovare lo Stato e salvare il welfare. D'altra parte, non sfugge a nessuno che la stessa soluzione trovata per il salario accessorio in regioni e comuni è largamente insufficiente. Scarica in basso il peso del trattamento economico integrativo, perché non c'è nessun soldo in più.
Si chiede agli enti locali di scegliere tra un'assunzione ulteriore e un po' più di soldi in busta paga per evitare l'abbandono dal lavoro pubblico. Un'ingiustizia! Come quell'assenza di risposte, ancora una volta nei confronti di decine di migliaia di precari, a partire da quelli della giustizia, a cui viene data una pacca sulle spalle e si dice: ne riparliamo la prossima volta. Si deve all'iniziativa del Partito Democratico la stabilizzazione dei lavoratori lirico-sinfonici e 20 milioni di euro ulteriori per l'edilizia scolastica, per sottolineare il valore e l'istruzione pubblica. Per il resto, il vuoto cosmico accompagnato da una gestione dei tempi di esame del decreto a dir poco scandalosa. Mentre trasformate il Governo in un poltronificio, liquidate il Parlamento come un votificio. Ve lo impediremo.
L'Italia è un grande Paese. Le risorse materiali e intellettuali vanno valorizzate e retribuite adeguatamente, non mortificate. L'OCSE ci dice che i nostri salari sono i più bassi del G20; il lavoro non è mai stato così precario e frammentato; la produzione industriale è in calo da 23 mesi. Non basta una gita alla Casa Bianca, in cui abbiamo regalato un altro pezzo della nostra sovranità energetica a Trump, per riscattare l'impressione diffusa di un Paese degradato ad una colonia servile. Noi non lo impediremmo se vi lasciassimo agire liberamente. Volete la mano libera. Lo impediremo con le forze della ragione di chi soffre, lavora, lotta per un avvenire migliore.