Grazie, Presidente. Tre rapidi punti, il primo è questo: un “decreto Ministeri” è il biglietto da visita con cui un nuovo Esecutivo modifica la sua struttura, perché corrisponde alla sua strategia; questo accade regolarmente ogni volta. In questo caso specifico, però, si risponde anche alla strategia che abbiamo votato qui la settimana scorsa del PNRR e, in particolar modo, lo sono la creazione del Ministero per la Transizione ecologica e la nuova figura del Ministro per la Transizione, diciamo in generale, alla vita digitale, che tanto ci assorbe. Quindi, vi sono delle ragioni di fondo che ci spingono a votare a favore di questo testo. Secondo punto, ulteriori chiarimenti sono venuti dall'esame in Commissione: il ruolo del MiTE sulla produzione di energia, sulle infrastrutture relative agli idrocarburi, le competenze del CIPESS ed è stato introdotto il parere parlamentare sul Piano della transizione, che è una cosa molto importante per l'istituzione parlamentare.
Terzo e ultimo punto, un punto delicato e su cui gli interventi dell'opposizione hanno degli elementi di ragione. Cerco di spiegarlo nella maniera meno tecnica possibile: l'organizzazione interna dei Ministeri è regolata dalla legge n. 400 del 1988 con una procedura che è obiettivamente barocca. Per evitare questa procedura barocca, dal 2012 si ricorre a uno strumento di semplificazione, un po' violenta, che sono i DPCM in deroga. Questi DPCM in deroga, che sono riprodotti anche in questo testo, hanno il merito di semplificare drasticamente e di rendere molto flessibile l'organizzazione dei Ministeri, però questa tecnica salta il Parlamento, perché, nella procedura della legge n. 400, per quanto barocca, c'è il parere delle Commissioni parlamentari. Allora, fermo restando che, in questo caso, non si poteva fare diversamente, perché era giusto adeguare i Ministeri, se dal 2012 ad oggi siamo costretti a derogare, inventiamoci una terza via, che consenta di non essere barocchi come nella legge n. 400, ma di non saltare il parere delle Commissioni parlamentari. Tutto si può e si deve semplificare, nulla deve sfuggire al Parlamento, vale per i DPCM tradizionali, vale per i DPCM in deroga, vale per le deliberazioni del Consiglio dei Ministri introdotte nel decreto n. 44, che è all'esame del Senato. Il Governo deve, comunque, garantire che qualsiasi testo passi in Parlamento, perché il Parlamento contribuisce ad un equilibrio complessivo e può, talora, correggere degli errori. Perché non è infallibile il Parlamento, non è infallibile il Governo, è nel gioco tra le istituzioni che si migliorano i testi.