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Presidente, grazie. Mi sento davvero convocato da questo intervento e dal tempo che posso impiegare per le mie parole e vorrei fare sì che l'Aula, ancorché vuota, comunque rappresenta con i suoi geni invisibili l'anima della volontà popolare, la Costituzione anche della nostra democrazia. Allora, rivolgendomi all'Aula, ancorché vuota, credo che questo decreto ci aiuti a concepire la ragione per la quale legalità è una questione e legittimità è una questione ancora più importante.
Norberto Bobbio ha insegnato a generazioni di studenti che all'insegna delle procedure funzionali si può anche stabilire che Cristo è morto a 82 anni; si può anche stabilire, per esempio, che in caso di una pandemia i bambini o gli anziani hanno meno diritti di essere vaccinati di coloro i quali sono nell'età della forza produttiva, ma sarebbe soltanto legalità procedural-funzionale, nulla avrebbe a che fare con la legittimità, che evoca il rispetto della vita, dei diritti fondamentali della vita, che è la ragione per la quale nasce il diritto, il diritto giusto.
Io vengo da una regione che ha dato i natali a Capograssi, che è stato giudice della Corte costituzionale solo per un giorno perché i suoi studi lo affaticarono a tal punto che morì il giorno dopo. Non ci voleva andare e spiegava che diritto giusto evoca gius di giuramento. Bisognerebbe giurare su ciò che assume la forma e la sostanza del diritto giusto, che promuove la vita e i diritti fondamentali.
Le tre grandi scuole di pensiero, in Italia e in Europa, si chiamano così quando si occupano di diritto. C'è il giusnaturalismo dei cattolici, che ritiene che il diritto giusto viene assunto dalla natura. C'è il diritto positivo dei laici e illuministi, che ritiene che le assemblee legislative debbano produrre diritto giusto, alla condizione, però, che si rispettino i diritti fondamentali. Poi c'è quella che si chiama l'esperienza giuridica dei comunitari. Paolo Grossi, Presidente della Corte costituzionale, ritiene che il diritto non può non tenere conto dell'esperienza della vita reale delle comunità. Per le tre scuole di pensiero quello che abbiamo messo in campo tipograficamente è il contrario del diritto giusto.
Civiltà Cattolica, alla fine dell'Ottocento, diceva che davanti al diritto non giusto c'è il diritto di reagire, di resistere. Anche Montesquieu spiega che davanti al diritto non giusto c'è il diritto di reagire e di resistere. Montesquieu, ma anche San Tommaso d'Aquino spiega che davanti a ciò che non è giusto occorre affermare il diritto di reagire. Non è giusto qualificare come reato la resistenza passiva. Non è giusto perché mai accaduto, e, quando accade, accade solo per generare panpenalismo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico-Italia Democratica e Progressista), che, al massimo, può essere una maschera, ma non è il dotarsi ad opera del sistema di meccanismi di funzionamento.
Una maschera, una maschera che consente di adempiere all'obbligo della comunicazione politica. C'è un grande filosofo, che a me piace molto, Remo Bodei, che dice che c'è la cosa che si distingue dall'oggetto, la cosa è l'oggetto che appartiene. Noi abbiamo la sensazione che assume la forma della cosa quello di collocare a ogni piè sospinto pena, sanzione, diritto punitivo, ma non ce la fa il sistema a riempirsi di diritto punitivo e poi di funzionare, perché anche gli operatori di giustizia dicono che non funziona così.
Non è vero che la norma si perfezioni circondandola di sanzioni inapplicabili, perché avremo un diritto da desuetudine che non riuscirà a mettersi in funzione. Allora fermiamoci, fermatevi, riflettete sulla gravità. Noi stiamo assistendo alla rottura dell'ordinamento quando lo Stato, addirittura, insedia luoghi, in nome dello Stato, che sospendono i diritti. I centri di permanenza per il rimpatrio sono luoghi dove si affondano i diritti della persona, dove scompaiono, dove addirittura c'è il buco nero dell'esistenza della persona.
Ecco perché c'è ragione di mettere in discussione, c'è ragione di raccogliere il non senso di questa iniziativa. Cari colleghi, mi rivolgo anche all'Aula semideserta, non è vero che finisce oggi. Sull'assurdità di questo prodotto dobbiamo continuare a far capire che così noi assisteremo alla deficienza dello Stato, al venire meno dello Stato, assisteremo ad una difficoltà dell'ordinamento anche quando avrà bisogno del cosiddetto Stato minimo e cercare di fare rispettare le procedure che ha concepito. Noi volevamo che su questa materia si realizzasse l'intero del dibattito parlamentare.
Si è organizzato un archibugio, adesso è nato un prodotto, vedrete voi quale sarà l'inefficacia, l'inefficienza, l'improduttività, il niente, altro che la cosa! Con l'idea di offrire sempre cose, di fare in modo che sia comunicabile la cosa del vostro prodotto, arriverete all'esatto contrario. Fermatevi, tornateci sopra, fate in modo che anche un ripensamento qualifichi il senso della vostra poca responsabilità.