A.C. 2355
Grazie, Presidente. “Corre l'anno 2030 e mi ritrovo che di anni quasi ne ho cinquanta il mio pizzetto è grigio, e di capelli sono senza e Giorgia è ancora il primo presidente donna. Il cielo quasi non si vede più, si esce con la maschera antigas, sull'autobus c'è la business class e per entrare in chiesa ci vuole il pass (…). Siamo nell'anno 2030, loro controllano televisione e radio, c'è un comitato di censura audio, valutano, decidono quello che sì, quello che no (…). Corre l'anno 2030, l'Italia ha venduto il Colosseo alla Francia, Venezia affonda. 2030 e un giorno sì e uno sì, scoppia una bomba, 2030 e stiamo senza aria, ma odio ce ne abbiamo in abbondanza. Prima divisero Nord e Sud, poi città e città, e, pensa, adesso ognuno è chiuso nella propria stanza, l'intolleranza danza (…). Questo è l'anno 2030, qui chi pensa è in minoranza, ma non ha importanza, non serve più. 2030 l'indifferenza è una virtù, i cyber-nazi fanno uno show in TV (…). E io sono fuorilegge, in quanto di questo parlo, in quanto penso a quando questo potevamo anche fermarlo, adesso è tardi”. Così cantavano, nel 1996, gli Articolo 31 e mi sono permessa di cambiare giusto qualche parola del testo per adattarlo all'oggi. Un futuro distopico, orribile, ma nemmeno troppo distante da quello che stiamo vivendo davvero in questo momento. Un momento storico come questo, con i massacri, un genocidio, guerra dei dazi, leggi che attaccano alcune comunità di persone e i loro diritti, cose che succedono nel mondo e che riverberano anche nel nostro Paese. Una spirale incomprensibile di feroci azioni che nascono dall'odio e dalla paura.
E il decreto Sicurezza si aggiunge a questa lista. La storia della rana bollita viene spesso usata per raccontare il pericolo del riscaldamento del pianeta: la temperatura sale lentamente, il pianeta si scalda sempre di più e, senza nemmeno accorgercene, finiamo stecchiti come la rana nella pentola. Ma questa storia si presta a descrivere piuttosto bene anche quello che può accadere quando da democrazia liberale ci si trasforma in democratura. Al posto della temperatura che sale, mettiamo i diritti che scendono, che si comprimono e che vengono lentamente cancellati. La libertà di dissentire, di manifestare, di protestare, viene a poco a poco soffocata, si creano nuovi reati, si aumentano le pene, si puniscono con il carcere anche le azioni di disobbedienza civile.
È ciò che sta facendo questo Governo con questo decreto Sicurezza, ma, in realtà, con un progetto politico che era già iniziato all'inizio di questa legislatura, con il provvedimento, famoso ormai, per arginare l'emergenza nazionale dei rave party, pericolosissimi.
Da lì è iniziato un lento, ma inesorabile declino nella qualità della democrazia del Paese, per arrivare ad oggi, all'introduzione di colpo di ben 14 nuovi reati per mezzo di un decreto-legge, e mai si era vista una così vasta modifica del codice penale per mezzo della decretazione d'urgenza. Una lunga serie di aggravanti e, dunque, pene più severe in nome di una falsa sicurezza. Sicurezza che questo Governo invoca per giustificare gli interventi che falcidiano libertà e diritti, come il reato di blocco stradale, che diventa penale e punisce, dunque, con il carcere chi protesta in modo pacifico, con il proprio corpo. Penso agli ecoattivisti per il clima o ai lavoratori, a cui questo Governo, di fatto, sta dicendo: state zitti, non disturbate, il modello di sviluppo inquinante, distruttivo, emissivo e diseguale, noi lo portiamo avanti, a noi sta bene così, a noi piace così e, se osate intralciare i lavori, ad esempio, delle infrastrutture del Paese, come il ponte sullo Stretto, l'Alta velocità, se protestate, vi spetta il carcere, addirittura fino a 20 anni. O, ancora, la misura del Daspo urbano, che può scattare con una semplice denuncia, per arrivare alla norma oscena che, di fatto, manderà dietro le sbarre donne incinte e neomamme, accanendosi così sui bambini, sui minori, altro che difesa dell'interesse superiore del bambino.
E poi un capolavoro di pura demagogia, di ideologia, di propaganda: azzerate un comparto, quello della canapa, made in Italy. Per la vostra ottusità, migliaia di agricoltori e di imprese, dall'oggi al domani, saranno senza lavoro, tutto per portare avanti la vostra crociata basata su fake news e sui pregiudizi. Davvero complimenti.
Ma gli Articolo 31 si sbagliavano. No, non è tardi, non ancora. Fuori di qui c'è una marea di persone che non ci sta e si farà sentire pacificamente, democraticamente, strenuamente, e noi con loro, sono sicura, a partire dal voto sul referendum l'8 e il 9.