A.C. 2355
Grazie, signora Presidente. Con questa dichiarazione, intendo esprimere il mio voto contrario su questo decreto-legge frutto di una gestione istituzionale che definire scorretta sarebbe riduttivo.
Questo provvedimento rappresenta uno strappo gravissimo alle regole democratiche e costituzionali. Come ricordato in un appello, sottoscritto da oltre 230 tra studiosi e docenti di diritto costituzionale, ci troviamo di fronte ad una forzatura che non ha precedenti nella sua gravità. Un decreto-legge utilizzato per bypassare deliberatamente il confronto parlamentare su un disegno di legge che, già in fase avanzata di discussione, era approdato prima alla Camera e poi al Senato. È un uso distorto dello strumento dell'urgenza, che priva il Parlamento delle sue prerogative e svuota di senso il dibattito democratico.
Non si tratta solo di una questione di metodo, ma anche di merito. Il contenuto di questo decreto produce una pericolosa torsione autoritaria, che incide, in modo diretto e sproporzionato, sulle libertà e sui diritti fondamentali garantiti dalla nostra Costituzione. Voglio elencare solo alcuni dei punti più critici: vengono introdotte nuove fattispecie di reato e aggravanti in modo vago e indeterminato, in palese contrasto con i principi di legalità e tassatività; si colpiscono forme di dissenso civile, partecipazione democratica, equiparando la resistenza passiva alla violenza fisica; si autorizza l'uso delle armi da parte delle Forze dell'ordine, anche fuori servizio, alterando pericolosamente l'equilibrio tra autorità e garanzie; si applicano misure, come il Daspo urbano, ai cittadini non ancora giudicati colpevoli, violando il principio di presunzione di innocenza.
Si tratta, dunque, di un impianto normativo che ridefinisce, in modo surrettizio, il rapporto tra Stato e cittadini, fondato non più sulla tutela dei diritti, ma sulla logica del controllo e dell'eccezione permanente. Difendere la Costituzione, oggi più che mai, significa respingere questa deriva, significa affermare con forza che la sicurezza non può essere usata come alibi per comprimere i diritti, né tantomeno per fare propaganda a spese delle garanzie costituzionali.
A questo, si aggiunge un attacco ideologico insensato ad un intero settore produttivo, quello della canapa industriale. Con questo decreto, il Governo sceglie di criminalizzare un comparto che ha investito, innovato, contribuito alla crescita economica del Paese.
Con l'entrata in vigore delle nuove disposizioni, oltre 3.000 imprese, 23.000 lavoratori, per un miliardo di euro di fatturato annuo, diventano da domani fuori legge. Un settore, che, come vi dicevo, vale quasi un miliardo di euro, viene spazzato via senza un confronto, senza un periodo di transizione, senza alcuna valutazione seria né delle conseguenze economiche né della coerenza con il diritto europeo.
Il Governo non ha previsto alcuna proroga, nessuna finestra di adeguamento, nessuna distinzione chiara tra usi leciti e illeciti. È un atto punitivo e irresponsabile che mette a rischio occupazioni, investimenti e credibilità internazionale.
Peraltro, un provvedimento contrastato fortemente dalle organizzazioni di categoria degli agricoltori, ma rimasto inascoltato.
Per questo, esprimiamo un voto contrario per senso di responsabilità, per rispetto della Costituzione, per non essere complici di una deriva autoritaria che non ha giustificazioni né sul piano democratico né su quello economico. Chiediamo l'apertura immediata di un confronto serio, trasparente, per costruire regole giuste e non distruggere interi settori a colpi di decreti.
Serve visione, serve ascolto, serve rispetto del Parlamento per la legalità, per il futuro del nostro Paese. Non servono al Paese ideologia e propaganda.